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I Migliori Giochi

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martedì 28 febbraio 2012

SSX (PS3, X360): RECENSIONE





A pochi giorni dall'uscita, siamo tornati a calcare le innevate piste di SSX per tastare con mano l'avanzamento dei lavori e constatare se questo inverno stranamente caldo non è andato ad influenzare lo sviluppo di questo frenetico titolo di snowboarding.
Dopo aver perso il suffisso Deadly Descents durante lo sviluppo, il titolo EA Sports si propone in una nuova veste per rinverdire il genere, riportando le folli corse a bordo di snowboard sulle nostre console. Per chi non avesse familiarità con la serie sappia che in SSX tutto quello che dovremo fare sarà scegliere uno tra i diversi personaggi presenti, ognuno caratterizzato da differenti statistiche modificabili tramite nuovi vestiti ed accessori, imbracciare una tavola e lanciarsi per uno degli oltre 153 eventi offerti dagli sviluppatori. Tutto semplice? Per nulla, dato che le piste saranno semplicemente ispirate ad alcune delle più celebri catene montuose del globo (Alpi, Himalaya, etc...) e proporranno alcuni dei più folli ed intricati tracciati mai proposti in un videogioco. La serie infatti non si è mai distinta per la riproposizione simulativa della disciplina, quanto per il divertimento e la spettacolarità dei suoi trick, dei salti e delle situazioni al limite del normale.
Nonostante l'introduzione di un motore fisico all'avanguardia per la gestione delle collisioni e della neve, tutto è studiato per regalare maggior senso di sfida e velocità. Il gameplay è infatti incentrato sulla capacità del giocatore di prendere velocità per effettuare il salto più alto, in modo tale da avere maggior tempo per concatenare il maggior numero di trick ed evoluzioni, magari grindando su uno dei tanti elementi sparsi per le piste o superando un crepaccio aprendo la propria wingsuit. Maggiore sarà la combo e maggiore sarà il punteggio accumulato, che si tradurrà nel caricamento della barra "TRICKY" al termine del quale si attiverà automaticamente una sorta di power up grazie al quale accumulare maggior punteggio e scendere a velocità ancora più sostenuta.

Rider Net
Dopo un paio di discese utili per padroneggiare la tavola e il suo sistema di evoluzioni, basato sull'utilizzo dell'analogico sinistro per muovere il corpo e quello destro per gestire i movimenti sulla tavola e i vari grab, i giocatori inizieranno a sentirsi a proprio agio. Il sistema di controllo è stato preso in prestito da tutti gli altri sportivi Electronic Arts ma può facilmente essere rimpiazzato dal classico utilizzo dei bottoni frontali, esattamente come i vecchi Tony Hawk insegnavano. Conoscere le piste, scoprirne tutti i segreti, i tracciati più redditizi ed imparare tutte le evoluzioni possibili sarà il compito che dovremo imparare durante la modalità carriera, in modo tale da approdare preparati in quella Exploreo Global Events. Dietro questi nomi si celano gli sforzi dello sviluppatore di integrare il lato sociale e competitivo nel titolo, similmente a quanto la serie Need for Speed ha fatto dal capitolo Hot Pursuitgrazie all'Autolog.
Tutti coloro che hanno la possibilità di giocare costantemente connessi alla rete saranno puntualmente aggiornati sui risultati, gli obiettivi sbloccati ed i record dei propri amici, in modo da incentivare la competizione o la condivisione di trucchi, ghost e materiale. In questo modo potremo decidere se continuare liberamente la nostra partita o provare a battere il più recente risultato del vostro vicino di casa. Rider Net, questo il nome del servizio, sorpasserà anche il concetto di stanze o lobby per organizzare le partite. Ogni evento sarà infatti istanziato e gareggeremo contro i migliori tempi dei nostri amici. In questo modo tutti i problemi di disconnessione, lag o comportamento scorretto verranno superati, arrivando ad avere una modalità ricca, avvincente, ed apparentemente senza gravi problematiche.
Dal punto di vista tecnico siamo contenti di aver constatato dei passi in avanti nella solidità del motore grafico, con un frame rate fluido ed un buon livello di dettagli delle piste e degli atleti, Vi è ancora qualche problema nelle compenetrazioni tra gli oggetti o fenomeni di Pop up, ma nulla di realmente impattante. Dal punto di vista dell'offerta ludica non ci dovrebbero essere lamentele di sorta, visto che gli oltre 150 eventi diversi garantiranno una discreta varietà: si andrà dalle classiche discese nelle quali fermare il cronometro su tempi bassi, a gare nelle quali sarà importante registrare il punteggio più alto, passando per folli discese inseguiti da calamità naturali o gare notturne, nelle quali occorrerà invece arrivare tutti interi alla fine del percorso.
Dal punto di vista sonoro è prevista una scaletta fatta di successi piuttosto ritmati ed aggressivi, molto adatti a sottolineare le peripezie del gioco, mentre i vari campionamenti sembrano rientrare maggiormente nella media del genere, ma solo un più approfondito test potrà sollevare qualsiasi dubbio in merito.

grafica :8,7
gameplay: 8,8
presentazione: 8,5

VOTO GLOBALE 8,7

lunedì 13 febbraio 2012

Uncharted Golden Abyss: Recensione


Il lancio europeo di Playstation Vita si avvicina molto velocemente. Il 22 febbraio vedremo i negozi invasi dalla nuova portatile Sony, accompagnata da una sequela di titoli di lancio quanto mai invidiabile. Tra tutti, quello che dovrebbe trascinare le vendite della console e farne conoscere tutte le potenzialità sia tecniche che di gioco, dovrebbe essere proprio lo spin off della serie Uncharted. Abbiamo avuto modo di testare a fondo la versione import del titolo per capire cosa dovremo aspettarci dalle nuove avventure di Nathan Drake.

La dura vita del cacciatore di tesori...
Esaurita la trilogia con il capitolo uscito su PS3 lo scorso novembre, Sony ha deciso di puntare nuovamente sull’esploratore per il lancio del suo nuovo handheld. Con Naughty Dog impegnata sul recentemente annunciato The last of Us, il progetto è stato interamente sviluppato da ragazzi di Bend Studio - autori, per chi ha un po' di primavere videoludiche alle spalle per ricordarselo, della serieSyphon Filter -.
La nuova avventura di Nathan si stacca quasi completamente da quello che abbiamo avuto modo di vedere su PS3, introducendo nuovi personaggi e una trama originale, condividendo unicamente le meccaniche di gioco che hanno reso famoso questo action adventure in terza persona.
Nei panni dell'ormai famoso esploratore, ci troveremo all’interno della vastissima giungla del centro America sulle tracce del popolo Quvira e delle famose “Sette Città d’oro”. A commissionare questo lavoro a Nathan, è tale Dante anch’egli avventuriero e ricercatore di tesori archeologici. Come da tradizione della serie, ben presto la trama si intreccerà in maniera molto più consistente con l’introduzione di Marisa Chase, giovane donzella alla ricerca dello scomparso nonno (e che si scoprirà essere anch’egli alla ricerca dell’oro delle sette città) e di un borioso e violento generale a capo di un movimento di ribellione, alla ricerca di fondi “illeciti” per finanziare la sua rivolta armata.
L'esperienza di gioco, ci ha restituito un feeling che, nonostante il passaggio sulla console portatile di Sony, sembra essere rimasto assolutamente intatto e convincete, fatto di un' amalgama ottima tra avventura, mistero, storia e azione. Ovviamente, come era lecito aspettarsi, gli sviluppatori sono dovuti scendere a qualche compromesso in termini di colpi di scena e situazioni in pieno stile Hollywodiano, non tanto per i limiti della console, quanto, immaginiamo, per l’inesperienza che ancora sussiste in termine di conoscenza e sviluppo su un hardware molto giovane.
Ci troviamo di fronte quindi ad un titolo che strizza palesemente l’occhio più alla efficace linearità del primo capitolo, che alla spericolata epopea di situazioni al limite del secondo e del terzo, ma questo non mina assolutamente l’ottima fattura dell’esperienza videoludica.
Non mancheranno nemmeno i famosi collezionabili, da sempre tratto distintivo della serie, con una evoluzione dei semplici tesori per sfruttare pienamente le nuove funzioni di PS Vita. Avremo, ad esempio, la possibilità di racimolare reperti archeologici che, essendo tali, una volta scovati, dovranno essere minuziosamente puliti per essere riportati alla gloria di un tempo. Il tutto avverrà semplicemente agitando il dito sul touchscreen della console. In altre situazioni, utilizzando la medesima tecnica, dovremo utilizzare la carta carbone per recuperare vitali informazioni, oppure, ricomporre dei fogli antichi risistemando i pezzi ruotandoli e spostandoli utilizzando il touch posteriore, come se stessimo componendo un puzzle. Infine, non manca neppure la possibilità di sfruttare il sensore di movimento della console utile per fotografare elementi sensibili e incrementare così il numero di collezionabili. Insomma, tutto si può dire su questo titolo, tranne il fatto che gli sviluppatori non abbiamo cercato di rendere il più varia e originale possibile la collezione di quelli che in fondo sono pur sempre elementi secondari rispetto all’esperienza di gioco principale.
Detto questo, parlando in termini puramente numerici, la storia principale, composta da trentatré capitoli, si completerà in circa 13/14 ore. Longevità che aumenta se si vorranno recuperare tutti i tesori e scovare tutti i segreti - cosa quasi impossibile durante la prima run -.

Un Nathan estremamente tattile!
La scelta di un azione molto classica, riconducibile alla prima avventura di Drake e composta da un sapiente mix di azione, platforming e sezioni puzzle, è stata fatta perché si è dimostrata essere la via migliore per esprimere al meglio quello che PS Vita è in grado di offrire. Le fasi di arrampicata libera in cui Nathan eccelle, ad esempio, oltre che con il metodo classico, potranno essere eseguite semplicemente tracciando con il dito sullo schermo il percorso che Nathan deve intraprendere passando da una sporgenza all’altra. Questa scelta risulta non solo molto intuitiva, ma poco invasiva grazie soprattutto alla presenza del metodo di controllo classico che quindi non viene sostituito, ma semplicemente affiancato a quello tattile. Come prevedibile, a beneficiare maggiormente di queste novità in termini di comandi sono le sezioni puzzle la cui soluzione sarà rintracciabile esclusivamente utilizzando le nuovissime feature della portatile Sony. Questa scelta, anche se inizialmente può spiazzare, sulla distanza si è rivelata assolutamente efficace ed immersiva aiutando il giocatore a mettersi in maniera ancor più consistente nei panni di Nathan e dei suoi compagni di viaggio.
Anche i famosi e bistrattati Quick Time Events, sembrano ricevere nuova linfa vitale sulla console di casa Sony grazie alla totale implementazione del touch screen. Ogni situazione sia ambientale che di combattimento, vedrà un utilizzo discretamente massiccio di questi comandi, azionabili semplicemente dipingendo sullo schermo delle forme o schiacciando determinati punti particolari.
L’unica funzione che ci ha fatto storcere un po' il naso è stata quella relegata al tilt sensor della console, con il quale potremo zoomare e mirare con il fucile da cecchino durante le frequenti sparatorie di cui è costellato il titolo. In queste situazioni caotiche abbiamo trovato eccessivamente macchinosa tutta l’operazione, facendoci preferire un approccio più classico fatto con gli stick analogici, sicuramente più immediato ed efficace.
In generale quindi possiamo affermare che ci troviamo di fronte ad un Uncharted volutamente rivoluzionario in termini di comandi e movimenti. Scelta dal duplice risvolto, a nostro modo di vedere, sia per staccare quasi completamente questa avventura dalla serie principale e fargli intraprendere un percorso praticamente indipendente, che per far prendere confidenza ai giocatori con tutte le nuove possibilità offerte da PS Vita in termini di gameplay e mappatura dei comandi.

Tecnicamente maestosto
Uno degli aspetti sicuramente più attesi da parte dei fan del titolo è sicuramente quello tecnico.Uncharted: Golden abyss è infatti il titolo scelto da Sony, neanche troppo velatamente, per dimostrare le potenzialità grafiche della console. Dopo una prova esaustiva, possiamo tranquillamente affermare che l’obiettivo è stato sicuramente centrato.
Fin dalle prime battute di gioco la bellezza del comparto visivo del titolo riesce a conquistare gli occhi del giocatore che, seppur con i dovuti compromessi, avrà quasi la sensazione di trovarsi di fronte ad unaPS3. Merito sopratutto di una scelta a livello di ambientazioni estremamente efficace a coreografica e una modellazione dei personaggi decisamente dettagliata. La giungla sudamericana è stata perfettamente riprodotta per quel che riguarda la vegetazione fatta di alberi rigogliosi e centenari e conformazioni rocciose imponenti in cui scorrono fiumiciattoli che sfociano in maestose cascate. Il tutto condito da elementi riempitivi e utili per il level design, come le rovine. Anche la varietà dell’ambiente, per quanto abbastanza inferiore rispetto alle controparti casalinghe, riesce ad essere efficace con modifiche sul tema 'giungla' che coinvolgono città antiche e sezioni sotterranee. Come accennavamo prima, i personaggi sono discretamente realizzati con una maggiore e ovvia concentrazione da parte degli sviluppatori sul modello di Nathan, dotato di animazioni sia dei movimenti che facciali, che non hanno nulla da inviare alle versioni PS3. Ovviamente, come sottolineato in apertura di paragrafo, ad essere pignoli e rigorosi qualche compromesso è pienamente visibile come sfondi e orizzonti palesemente statici, o la realizzazione dei personaggi secondari un pò troppo sottotono rispetto a quella di Drake, passando per la visualizzazione in bassa definizione della maggior parte degli elementi particellari come, ad esempio, il fuoco e relativi zampilli. Ma sarebbe veramente essere fin troppo severi con un titolo che rimane pur sempre un prodotto da lancio, i quali difetti non inficiano minimamente l’altissima qualità dell’affresco videoludico che gli sviluppatori sono riusciti a creare.
Sotto l’aspetto audio, potremo ascoltare le classiche tracce a cui la serie ci ha abituato, orchestrate in maniera perfetta e totalmente attinenti a quello che avviene su schermo. Pur essendo in versione giapponese, il titolo disponeva della lingua inglese con un doppiaggio dei personaggi di alto livello. Ad ogni modo, i commenti riguardanti il comparto audio li rimandiamo alla nostra prova su strada della versione Europea che, come già annunciato, disporrà di una completa localizzazione in lingua italiana.

Tiriamo le somme
Dopo questa approfondita analisi sul titolo, dare un giudizio complessivo non è comunque semplice. Il motivo è presto detto: essendo un titolo di lancio trovargli dei termini di paragone risulta estremamente difficile. Bisogna quindi affidarci alle sensazioni estremamente positive che questa lunghissima full immersion nell’ultima avventura di Nathan ci ha lasciato. Prima di tutto siamo di fronte ad un hardware che una volta esplorato ed addomesticato dagli sviluppatori sarà sicuramente in grado di offrire titoli con un dettaglio grafico elevatissimo. In secondo luogo, e sicuramente più importante del primo, il titolo diverte e si lascia giocare tranquillamente. Lo spirito della serie madre è stato perfettamente ricreato in versione portatile, arricchendolo in termini di giocabilità, con tutte quelle chicche di cui vi abbiamo parlato minuziosamente all’interno della nostra recensione. Resta il fatto che questo Uncharted: The Golden Abyss è un gioco imprescindibile per chiunque si avvicini a PS Vita. Indipendentemente dal fatto che siate o meno fan del personaggio. Vi assicuriamo che non ve ne pentirete.


storia: 8,8
design: 8,2
gameplay: 8,5
presentazione: 9,5

VOTO GLOBALE: 8,6


mercoledì 8 febbraio 2012

The Darkness II: Recensione!






Uscito nel 2007, The Dakness destò pareri contrastanti tra pubblico e critica, dividendo coloro che videro nell'approccio libero agli sparatutto in prima persona una ventata d'aria fresca e coloro che invece lo trovarono mancante sotto il profilo del gameplay, per via di meccaniche di gioco mal bilanciate, una trama diluita e un multiplayer sotto molti aspetti problematico. Nonostante questo furono molti a cadere vittime del fascino della Tenebra e del suo portatore Jackie Estacado, tormentato ragazzo italo-americano che al suo ventunesimo compleanno scopre di avere poteri fuori dall'ordinario.
Il primo episodio era un titolo piuttosto ambizioso e 2K e Top Cow , non convinti pienamente dei risultati ottenuti, hanno fatto passare diversi anni prima di ufficializzare un seguito, poi affidato ai ragazzi di Digital Extremes. A circa un anno di distanza dalla prima presentazione The Darkness II giunge finalmente nei negozi, carico di rabbia, sangue e piombo.

Ricatto
Sono passati circa due anni dalla fine del primo episodio e Jackie ha imparato a tenere sotto controllo la Tenebra. Non è stato semplice, così come non è semplice tenere lontano il ricordo di Jenny, la sua amica, compagna, il suo unico amore, persa tragicamente nel corso del precedente capitolo. Nonostante questo la vita va avanti. La Famiglia -notate bene la F maiuscola- ha bisogno di lui e a Jackie non rimane che gettarsi a capofitto nelle belle donne, nell'alcool e negli affari. Tutto sembra scorrere normalmente nella sua vita, fino a quando una sera la Fratellanza decide di dichiarargli guerra per impossessarsi del potere della Tenebra. Questo sarà l'incipit di un biglietto di sola andata per l'inferno, un viaggio carico di momenti forti e violenti, sicuramente non adatti ad un pubblico giovane, seppur non privo di struggenti picchi romantici, nei quali Jackie è torturato dal ricordo di Jenny. 
Una storia intensa, adulta, ben scritta e con bel finale doppio, che ha un solo difetto, finisce troppo presto.

Noir
A differenza del primo episodio The Darkness II è strutturato in modo più lineare e cerca di trarre alcuni insegnamenti dagli sparatutto più blasonati: ecco dunque arrivare alcuni spettacolari momenti scriptati, fatti di esplosioni e oggetti che volano, oltre che di fasi sui binari, necessarie per spezzare l'azione. Questo perchè, nelle circa sei ore necessarie per portare a termine il gioco, faremo ben poco oltre a massacrare un quantitativo industriale di adepti della Fratellanza, grazie ad una letale unione tra poteri demoniaci e la naturale predisposizione per le armi di Estacado. Per chi non lo sapesse infatti, Jackie è un efferato killer, capace di impugnare con estrema efficacia anche due bocche da fuoco contemporaneamente. Come se non bastasse, la Tenebra si manifesta alle sue spalle sottoforma di due tremendi tentacoli, il sinistro, Grabby, capace di afferrare qualsiasi cosa, mentre il destro, Slashy, di tagliare avversari e oggetti molto resistenti. Grazie alla combinazione di tutte queste capacità diventeremo praticamente inarrestabili: Grabby potrà fare a pezzi praticamente qualsiasi porta o barriera ostacoli il nostro cammino, mentre Slashy sarà fondamentale per avere la meglio dei nemici più coriacei o per distruggere le luci. La presenza di forti fonti di luminosità è infatti l'unico punto debole della Tenebra: in presenza di lampioni, torce e quant'altro, questa possente entità si rifugerà all'interno del corpo di Jackie, facendolo tornare un normale essere umano. Se durante le prime ore di gioco ci sarà richiesto semplicemente di distruggere qualche saltuario lampione, con l'inasprirsi del conflitto con la Fratellanza, saremo in seguito costretti a rivedere le nostre strategie, per via di un avversari muniti di potenti proiettori o di trappole disseminate per i livelli che si accenderanno in vostra presenza. In questi frangenti dovrete essere sufficientemente abili con le armi per distruggere la fonte di luce velocemente o ripararvi in un cono d'ombra in attesa del momento di agire. In due occasioni invece prenderete il controllo del Darkling, simpatica creatura nata dall'oscurità che vi accompagnerà lungo tutta l'avventura, talvolta portandovi armi e munizioni, altre volte indicandovi la strada da seguire o distraendo i nemici più pericolosi. Nelle occasioni in cui prenderete il controllo del Darkling sperimenterete un gameplay un po' più stealth (vista l'incapacità della creatura di utilizzare armi da fuoco), indispensabile per avvicinarsi alle fonti di luce e disattivarle in modo da permettere a Jackie di scatenare i poteri della Tenebra. Oltre a questi frangenti un po' differenti e due sezioni sui binari, The Darkness II non offrirà grossi stravolgimenti di ritmo e situazioni, se non alcuni momenti, principalmente ambientati all'interno del vostro attico, nei quali potrete approfondire leggermente la trama ed i personaggi. In queste fasi Digital Extremes prova a strizzare l'occhio ai fan del primo capitolo, dando loro qualche momento per esplorare la magione, scovare qualche artefatto nascosto o provare un breve minigioco. In questi attimi di apparente calma la trama viene portata avanti con maggiore calma e si ricollega con la modalità vendetta, una cooperativa a quattro giocatori.

Gioco online
Una delle maggiori novità di The Darkness II è infatti l'abbandono delle poco riuscite meccaniche competitive a favore di una cooperativa a quattro giocatori. Essendo il portatore della tenebra uno e uno solo, impersoneremo quattro oscuri personaggi, Inugami, Shoshanna, Jimmy Wilson e J.P. DuMond, anche loro in possesso di parte dei poteri posseduti da Jackie. Ognuno di essi sembra possedere infatti solo alcuni dei possibili potenziamenti ottenibili da Estacado: Inugami utilizzarà lo sciame, Shoshanna potrà incanalare il potere della Tenebra all'interno della sua arma, Jimmy controllerà un Darkling, mentre J.P. potrà scatenare un potente vortice oscuro, uno dei poteri avanzati sbloccabili dal protagonista.
Ognuno di questi sicari, ai comandi di Johnny Powell, sarà caratterizzato da un'arma specifica, a meno di voler imbracciare le classiche bocche da fuoco disseminate per i livelli. Inugami tradisce le proprie origini brandendo una potente katana, dal raggio molto corto, ma capace di abbattere qualsiasi nemico. Shoshanna, in linea con i suoi poteri, predilige armi da fuoco a lungo raggio, mentre il colossale Jimmy usa un'enorme ascia per fare letteralmente a brandelli i diversi nemici. J.P., essendo un esperto di arti mistiche, utilizza un lungo bastone grazie al quale può incanalare il potere oscuro e sollevare i nemici da terra.
Nonostante funzioni bene, la modalità vendetta, essendo perlopiù ambientata nelle medesime location della modalità storia, non riesce nel tentativo di dare maggior spessore all'offerta ludica di The Darkness II, e di rimpolpare il monte ore necessario per completare tutto il pacchetto.

Graphic novel
Questo elemento è particolarmente importante per capire se l'ultima fatica Digital Extremes è meritevole della vostra attenzione, dato che sotto tutti gli altri profili, The Darkness II è una delle esperienze più avvincenti da noi sperimentate da alcuni mesi a questa parte. Il comparto grafico, forte dell'Evolution Engine, motore proprietario dello sviluppatore, è notevole: l'evoluzione del classico Cel Shading messo in campo dai grafici è davvero splendido e sembra l'ideale per dare vita a delle tavole a fumetti. I colori pastello, molto accesi e dai forti contrasti, dipingono una New York affascinante ed oscura, capace di offrire momenti di forte intimità e altri estremamente sanguinosi e d'impatto. Un lavoro talmente certosino che è un peccato che mostri solo una manciata di ambientazioni diverse: avremmo voluto uno sforzo creativo maggiore. Anche il design dei nemici è molto buono, peccato per la loro varietà, non proprio eccelsa. Dal punto di vista sonoro sottolineiamo le buone musiche che affiancano un doppiaggio inglese di assoluto livello, col celebre Mike Patton a interpretare la Tenebra. In qualsiasi momento sarà possibile saltare dall'audio originale a quello italiano, anch'esso di discreta fattura.
Quanto ai controlli, The Darkness II è divertente e viscerale. Forse come shooter puro manca di precisione, ma il cuore dell'esperienza risiede nel combinare un devastante dual wielding con i poteri dell'oscurità, in modo da creare un vortice di morte e distruzione davvero spettacolare. Il livello di difficoltà non è molto elevato, ma il new game plus promette di mettere alla prova i possessori della tenebra più arcigni. Divertenti gli achievements, che strizzano l'occhio ad alcuni dei più belli sbloccati in passato (Romantico), e vi spingeranno ad essere Jackie e ad agire come avrebbe fatto lui, senza fretta di gettarsi nell'ennesimo massacro.






Voto Globale: 8,5

martedì 7 febbraio 2012

Kingdoms of Amalur Reckoning. Recensione!





Fino a qualche tempo fa si diceva che l’epoca degli RPG era finita e che il genere, nella sua accezione migliore, era rimasto legato indissolubilmente alla Playstation 2, macchina sulla quale -questo è certo- si sono visti girare molti dei migliori Giochi di Ruolo di sempre. Ultimamente questa dicieria è stata largamente smentita, grazie soprattutto ad alcune produzioni di livello come Fallout, Mass Effect, Dragon Age, Skyrim e Xenoblade, che hanno fatto ri-scoprire, se così possiamo dire, l’amore per le avventure durevoli, dove immergersi totalmente e seguire passo passo la crescita del proprio alter ego.
Sull’onda dell’entusiasmo di un 2011 particolarmente ricco da questo punto di vista, il 2012 comincia proprio all’insegna del Role Playing Game. Kingdoms of Amalur, in un certo senso, è infatti la risposta di Electronic Arts (che prova oramai a dominare ogni settore dell’industria) allo strapotere che in questo momento detiene Skyrim. Con alle spalle personaggi del calibro di Ken Rolston e Todd McFarlane, la produzione 38 Studios e Big Huge Games promette faville. La demo giocabile, tuttavia, non ha convinto la gran parte degli scaricanti, e siamo dunque qui oggi per verificare -con un codice completo- se veramente si tratti di un’occasione mancata.
Il titolo, in arrivo su Xbox 360, Playstation 3 e PC, sarà disponibile a partire dal 10 Febbraio.

Come in ogni avventura fantasy che si rispetti anche in Kingdoms of Amalur inizieremo, dopo aver scelto la razza alla quale appartenere (tra quattro) ed i lineamenti somatici (tramite un editor piuttosto conciso), da perfetti sconosciuti. Anzi, ancora meglio: da cadaveri. Scopriremo, dopo esser stati gettati in un fantomatico "Pozzo delle anime", di essere i primi ad beneficiato della resurrezione per la quale lo stesso è stato progettato. Un breve incontro con Fomorous Hugues -il suo creatore- ci metterà di fronte ad una spiazzante serie di interrogativi, la cui risposta dovrà attendere almeno la rocambolesca fuga, che lascerà indietro il malcapitato. Dalle parole di Agarth (il Tessitore che tenterà di leggere il nostro Fato) ed Aryel (misteriosa Guerriera a conoscenza del nostro passato), apprenderemo di poter diventare pedine fondamentali in una decennale battaglia, che sta vedendo gli esseri umani soccombere ai piedi dei Tuatha, una razza oscura guidata da una malvagia divinità (Gavendor) il cui scopo ultimo è semplicemente l'annienamento di ogni forma vivente.
Comprenderemo, dalle criptiche parole del Tessitore (una sorta di chiromante), di essere l’unica creatura il cui Destino non è ancora stato scritto: i soli in grado di plasmare a piacimento la propria sorte e, così facendo, salvare il Regno di Amalur dall’oscurità. Grosse responsabilità da portare avanti all'interno di un intreccio narrativo che coinvolgerà un'infinità di possibili alleati (Mercenari, Ladri, Itineranti...), con gilde sparse in tutto il continente e membri appartenenti alle razze più disparate: dagli immortali Fae (gli Elfi di Amalur) ai meno fieri ma altrettanto abili Gnomi, esperti nelle arti alchemiche e nella forgiatura.
Un viaggio ricco di sfaccettature che ingrana con il passare delle ore, mostrandosi inizialmente fumoso e poco intrigante. Le primissime ore, a dispetto di un buon piglio recitativo dei personaggi, non riescono ad intrigare come Skyrim, ad esempio; la colpa va equamente divisa tra unanarrazione troppo frammentata dall'esorbitante quantitativo d'incarichi secondari in cui "inciamperemo", e la mancanza di un'efficace contestualizzazione della linea principale, che si protrae per l’intera avventura. Nel capolavoro Bethesda si sente continuamente parlare del Dovahkiin, dei Draghi e della rivalità fratricida tra Imperiali e Manto della Tempesta; qui, invece, tutto tace, lasciando trasparire una certa "sconnessione" tra un villaggio e l'altro, tra una subquest e l'altra. Come se il nostro fosse un incarico riservato soltanto all’avatar ed ai comprimari con cui verremo a contatto tra un’incarico e l’altro nella linea narrativa principale. Con il passare delle ore, benché quest’aspetto rimanga immutato, la trama evolve verso situazioni che ricordano da vicinoIl Signore degli Anelli (anche qui c’è un oscuro signore che crea una stirpe immortale per distruggere e dominare gli altri esseri viventi, ad esempio), e conferiscono alla vicenda solidità ed un aspetto decisamente interessante.
Un'atmosfera complessivamente meno coinvolgente non impedisce comunque di rimanere assuefatti da una struttura di quest che ricorda molto quella del quinto capitolo di The Elder Scrolls, con la suddivisione in principali, secondarie, coalizioni (gilde) e favori per i cittadini, e che ci porta sin dai primi istanti a girovagare per l'immenso mondo di gioco.
E il territorio, come in ogni GdR che si rispetti, farà la sua parte, presentandosi suddiviso in cinque macro-regioni, caratterizzate da elementi architettonici e naturalistici unici, che faranno la gioia di ogni estimatore d'ambientazioni open-world. Fiumi, foreste, strade, laghi, monti e grotte caratterizzeranno un mondo dalle tonalità prettamente fantasy, che ricorda molto da vicino il carattere stilistico e cromatico di World of Warcraft, allontanandosi dunque dalle velleità medievaleggianti di Skyrim.

Riguardo al gameplay dobbiamo anzitutto dire che Kingdoms of Amalur riprende sostanzialmente la struttura ruolistica osservata in Skyrim (e radicata nel genere già da molti anni), edulcorandola e rendendola appetibile ad ogni palato. 
Si parte dall’esplorazione “pura” (il girovagare), che, pur inserita in un’ampia mappa geografica, risulta vincolata da una viabilità prestabilita (simile, per certi versi, a quanto proposto nel recente Dungeon Siege 3), con spazi di manovra delimitati ai dintorni e sconfinanti -al massimo- in qualche galeotta nuotata nel laghetto di turno. Una progressione, dunque, piuttosto inquadrata, capace sì di non farci perdere troppo spesso il filo della narrazione ma anche di scontentare più di qualche aficionado del role playing, esaltato dagli spazi aperti e dalla libertà totale. In questo disegno “semplificato” s’inserisce anche un sistema diaiuti grafici che assiste costantemente il giocatore nella sua “caccia al tesoro”. Ogni baule, ogni oggetto, ogni pianta dalla quale estrarre reagenti alchemici, il loot dai cadaveri e, in generale, qualsiasi elementi interattivo in game, verrà evidenziato da un comodo alone luminoso che, anche a distanza di metri, non ci permetterà di mancare un’item. Ad essere segnalati, in questo caso sulla mini-mappa che ci accompagnerà costantemente, addirittura i nemici, gli altari delle divinità (in grado di conferire benedizioni temporanee) ed ogni quest giver presente in città e villagi in cui ci addentreremo nel corso dell’avventura; senza dimenticare, ovviamente, gli obiettivi delle missioni primarie e secondarie. Queste dinamiche vanno chiaramente a banalizzare la concezione RPG così pienamente solida nell'ultimo Elder Scrolls, eliminando totalmente la fase di ricerca delle informazioni e limitando gli incarichi (per quanto molto spesso ben strutturati) ad un vagare da punto a punto eliminando i nemici presenti. Ed aggiungiamo la facoltà di correre senza mai stancarsi, di poter portare con se sin dal principio fino a settanta oggetti (armi comprese) e la mancata integrazione nell’attività umana del ciclio giorno-notte, presente solamente in termini scenici.
A mettere un pizzico di pepe in tale frangente ci pensano le attività secondarie (alchimia, forgiatura e incantamento) assieme alle sfide offerte, di tanto in tanto, dalla presenza di bauli da scassinare ed urne da disincantare. Se quest’ultimissimo caso rappresenta una vera e propria novità (veicolata da un mini-game piuttosto comune nel quale azzeccare la tempistica di pressione di un tasto), gli altri sembrano quasi ripresi alla lettera dall’ultima fatica Bethesda. Lo scasso, velleità grafiche a parte, è rimasto immutato, mentre alchima e forgiatura vedono qualche lieve differenza, in particolare nella quantità di componenti per la creazione di nuovo equipaggiamento. Serviranno, infatti, piuttosto che i materiali grezzi, le parti fisiche di un oggetto: nel caso di una spada, ad esempio, l’elsa, l’impugnatura, la lama e via discorrendo. Diverso, per certi aspetti, anche l’Incantamento, limitato ad armi ed armature con uno slot apposito per inserire le gemme, ottenibili mediante la fusione di particolari cristalli reperibili in natura.
Kingdoms of Amalur, a differenza di Skyrim (al quale, per forza di cose, verrà costantemente paragonato) presenta, non dovendo scendere a patti con uno stile sommariamente “realistico”, una dotazione bellica decisamente più ampia, che comprende bastoni, spade, martelli, spadoni e pugnali ma anche lame circolari (chakram) ed altri fantasiosi oggetti, utili a veicolare unsistema di combattimento molto vario. Ed è in particolare in questo senso che la creatura 38 Studios brilla, mettendo alla luce le caratteristiche di un cobat system interamente votato all’accessibilità. Grazie alla possibilità di variare attacchi melee, parate e schivate, attacchi a lungo raggio e magie con la semplice pressione di pochi tasti (o con l’aggiunta dei grilletti come modificatori per difesa ed incantesimi), il battle system di Kingdoms of Amalur risulta davvero dinamico ed entusiasmante (per quanto ben poco strategico). Alle moltissime combinazioni di attacchi base e speciali, ottenuti tramite variazioni nelle tempistiche di pressione e quant’altro, s’aggiungerà poi il Destino Finale, una spettacolare Finisher da utilizzare nelle situazioni più pericolose per eliminare con facilità gli avversari e raddoppiare l’esperienza. Riempiendo una speciale barra otterremo la facoltà di sprigionare i nostri “nuovi” poteri, assorbendo il destino dei nemici in un pirotecnico e violento Quick Time Event.
Il guadagno in EXP verrà accumulato nella più classica delle barre, sorpassato il limite della quale potremo salire di livello. L’aspetto della crescita -come molti altri- è stato semplificato, dividendo il tutto in due schermate. Nella prima sceglieremo quale talento, tra Alchimia, Forgiatura, Persuasione e molti altri, sviluppare; nella seconda saremo chiamati a distribuire tre punti abilità nelle tre componenti di base del nostro beniamino: Forza, Magia e Destrezza. La vera novità, nonché l’aspetto clou di Kingdoms of Amalur, saranno, in seguito, le Carte del Fato che sbloccheremo a seconda della distribuzione di cui sopra. In rappresentanza delle “classi” (se così le possiamo chiamare), tali carte ci daranno la facoltà di creare numerosissimi ibridi molto interessanti; selezionati i quali ci vedremo attribuire -di volta in volta- diversi bonus di classe. Queste ampie possibilità di personalizzazione vanno dunque a contrastare il generale appiattimento della struttura ruolistica e ad aumentare esponenzialmente la rigiocabilità. Poche saranno infine, proprio per questo motivo, la chance di creare due personaggi identici, e molti -di conseguenza- i termini di confronto tra due giocatori.
Tirando le somme quello di Kingdoms of Amalur è certamente un impianto di gioco funzionale, incentrato su un sistema di combattimento che riesce a rapire per dinamismo ed eccentricità, ma che configura quella di 38 Studios più come una produzione action supportata da fondamenta ruolistiche di troppo antica concezione, troppo conservative per non sembrare un po' troppo stantie.

Graficamente Kingdoms of Amalur: Reckoning mostra un buon lavoro di recupero dal punto di vista artistico, atto a caratterizzare il mondo di gioco secondo la concezione degli art designer coinvolti. Visuali mozzafiato e fantastici panorami sottendono ad una modellazione poligonale di buon livello, caratterizzata da uno stile più vicino alla caricatura che alla pedissequa ricerca del realismo, ricordando ancora molto spesso (per non dire quasi sempre) gli stilemi di World of Warcraft. Le visuali risplendono grazie ad un ciclo giorno notte che mette in luce soprattutto la vivace palette di colori, adattissima ad una produzione spiccatamente fantasy come questa, dove qualche texture non perfetta si perdona volentieri, alla luce di atmosfere sognanti e scorci indimenticabili. Considerando i nomi coinvolti nel progetto (Todd McFarlane su tutti), tuttavia, non possiamo non ammettere di essere rimasti per certi versi delusi dalla mancata spinta sull’acceleratore, soprattutto nella fase creativa. I tratti distintivi delle opere McFarlane ci sono, ma, come detto, ogni scorcio ricorda sin troppo da vicino la creatura Blizzard, mancando dunque di un’identità propria che avrebbe certamente giovato. Scelte del genere, a nostro modo d’intendere, non vanno per nulla lodate, dato che denotano una mancanza d’intraprendenza (paura di diventare “troppo di nicchia”?) per quello che, invece, era un prodotto perfetto per rischiare con qualche scelta ben più azzardata.
Ritornando coi piedi per terra dobbiamo comunque lodare il lavoro svolto per animare i modelli, sopratutto durante cut-scene (realizzate con il motore di gioco) e combattimenti. Sono state infatti utilizzate tecniche dimotion capture che hanno permesso, grazie al supporto di controfigure reali, di rendere al meglio ogni movimento.
Non da meno il comparto audio, che recuperà dal "Signore degli Anelli" l'epicità della soundtrack, affiancandovi un doppiaggio inglese di alto livello.


Storia: 8,0
Grafica: 8,5
Gameplay: 8,3
Presentazione: 7,5

VOTO GLOBALE: 8,2

lunedì 6 febbraio 2012

Catherine: Recensione !


Gli appassionati videoludici lamentano da qualche tempo una scarsa varietà nell'offerta ludica di questa generazione di console. C'è chi dice "troppi sparatutto", altri invece si lamentano di storie tutte uguali con personaggi (preferibilmente calvi) stereotipati all'inverosimile, senza contare la folta schiera di chi sostiene che le software house giapponesi abbiano esaurito la loro vena creativa. Su tutto questo si erge Catherine, una ventata d'aria fresca nell'universo del videogame che non prevede sparatorie, soldati, navi da guerra o scimmiottamenti di altri brand famosi. Semplicemente diverso da quanto visto fino ad ora, il titolo sviluppato da Atlus ci racconta una storia divertente, a tratti grottesca, che parla delle debolezze umane e le mette a confronto le une con le altre.

Katherine, la prima moglie
Se stai sognando di cadere devi svegliarti subito, altrimenti morirai nella vita reale. Questa è la frase del momento nella città dove vive Vincent, trentuno anni, fidanzato con Katherine, una giovane donna in carriera decisa e capace, ansiosa di capire se l'uomo di cui è innamorata ha serie intenzioni coniugali. Vincent vive da solo in un piccolo appartamento, ha da poco cambiato lavoro e non ne vuole sapere di matrimonio e figli, preferisce passare le serate al suo bar preferito in compagnia degli amici di sempre e un buon bicchiere d'alcool. E' proprio durante una sera come queste che appare Catherine, bionda, giovane, sensuale, il tipo di donna per cui Vincent perderebbe immediatamente la testa. E così accade, dando vita a tutta una serie di situazioni sempre più assurde che porteranno il protagonista a riflettere intimamente sulla sua vita, cosa è più importante per lui e soprattutto chi scegliere tra le due ragazze. In realtà il gioco non traccia una separazione netta tra "giusto" e "sbagliato", anzi, lascia all'utente la completa libertà di scegliere il percorso a lui più sentimentalmente vicino, il finale che otterrete (tra gli otto disponibili) sarà dunque plasmato sulle vostre scelte durante tutto l'arco narrativo e in particolare nel finale, poco prima della resa dei conti. La storia di Vincent è una "scalata" verso la maturità, l'età adulta, verso una scelta di vita che non è né giusta né sbagliata, ma personale e per questo insindacabile. Il nostro eroe è un personaggio completo, è re della scena sempre e comunque, tutti gli attori secondari si relazionano con lui facendo scoprire al pubblico un tassello della sua personalità ogni volta diverso. Dunque il cast è per così dire "Vincent-centrico", mentre gli amici dello Stray Sheep Bar e le due ragazze sono un gustoso contorno che gode di una buona caratterizzazione estetica e caratteriale.Catherine, sotto questo punto di vista, è un titolo in cui storia e personaggi sono bene amalgamati e soprattutto coerenti con il loro ruolo, non ci sono plot hole o trovate discutibili, tutto funziona e lo spettatore non può che goderne.

Climb or die
Dopo aver esaminato la storia, passiamo al cuore del gameplay: le sessioni notturne durante le quali Vincent ha degli strani incubi dove è costretto ad arrampicarsi in cima ad un'altissima costruzione fino a raggiungere un piccolo piazzale per riposarsi. Essenzialmente Catherine potrebbe essere definito unpuzzle game, lo scopo del gioco è sfruttare i cubi presenti lungo il percorso per creare una via adatta a raggiungere l'uscita. I blocchi possono essere spinti in avanti, indietro, verso destra e sinistra; si può spingere un'intera fila di blocchi non importa quanti essi siano, inoltre Vincent potrà arrampicarsi su di essi solo uno alla volta. La principale caratteristica di questi cubi è la loro capacità di rimanere sospesi nel vuoto se collegati tra loro anche su un singolo lato. In questo modo è possibile creare delle scale fatte di blocchi e addirittura piattaforme; imparare a sfruttare questo principio è alla base del gameplay, ad esso infatti si collegano naturalmente tutta una serie di tecniche avanzate che Vincent imparerà nel corso del gioco trovandosi di fronte a sfide man mano sempre più lunghe e complesse. D'altra parte esistono diverse tipologie di blocchi: quelli scuri non possono essere spostati in alcun modo, quelli marroni sono pesanti da muovere, facendovi perdere tempo prezioso, i blocchi di ghiaccio vi faranno scivolare nel vuoto, quelli in rovina si distruggeranno dopo tre passaggi, gli esplosivi scoppieranno rendendo fragili i blocchi nelle vicinanze e distruggendo quelli già precari, i cubi trappola si attiveranno non appena toccati scatenando dei mortali aculei, quelli mostro si possono spostare da soli, i blocchi a sorpresa possono trasformarsi in uno qualsiasi tra quelli appena descritti. A complicare le cose si aggiungono altri due elementi: le pecore e il tempo. Le prime non sono altro che uomini come Vincent, ognuno di loro vede infatti l'altro come una pecora. All'inizio basterà scontrarsi con le altre pecore per farle cadere al piano inferiore, ma dalla seconda parte di gioco in poi gli avversari diventeranno più grossi e letali costituendo un ulteriore minaccia. Il tempo è un fattore fondamentale in ogni livello poiché i blocchi sotto di voi non rimarranno lì in eterno, bensì crolleranno lasciando solo il vuoto alle vostre spalle; inoltre, negli stage speciali quando affronterete dei boss, questi vi inseguiranno senza sosta fino al traguardo mettendo a dura prova i vostri nervi. Un piccolo aiuto è dato da alcuni oggetti ottenibili lungo il percorso o in vendita dalla pecora mercante nelle aree di sosta in cambio delle monete enigma ottenute durante la scalata. I cuscini mistici servono per aumentare il numero dei "continua" disponibili, la bibbia invece distruggerà tutti i nemici nei paraggi, potrete rinvenire anche dei piccoli blocchi utilizzabili al momento giusto per creare un cubo extra essenziale per proseguire, oppure far vostro uno speciale energy drink che per un breve lasso di tempo vi permetterà di scalare due blocchi alla volta, inoltre potreste trovare una campanella in grado di rendere tutti i blocchi dei cubi normali, utile quando siete bloccati da blocchi scuri o semi distrutti. Per limitare l'utilizzo di questi oggetti il vostro inventario ne ospiterà solo una alla volta e nel caso in cui otteniate un item senza aver usato il precedente questo verrà automaticamente sostituito senza poterlo usare. Un ultimo aiuto è offerto dal tasto select che vi permetterà di cancellare le ultime nove azioni compiute, ottimo se per errore avete spostato un blocco nella direzione sbagliata per la pura fretta di scappare. Catherine si presenta dunque come un puzzle game complesso e interessante, dove la pratica e l'istinto contano moltissimo e imparare tutte le tecniche diventa essenziale per proseguire la scalata. Il suo punto di forza è senza dubbio la completa libertà nell'affrontare i livelli di gioco: proprio come le scelte "morali" all'interno della storia, starà a voi decidere come salire. Non esiste un solo metodo funzionante, bensì molteplici, anche guardando i video di altri giocatori vi renderete conto come il gameplay sia libero da percorsi pre-impostati. A tratti potrebbe risultare frustrante, tuttavia Catherine offre i classici tre livelli di difficoltà con la possibilità di cambiarlo durante il giorno.

Eravamo quattro amici allo Stray Sheep Bar
Prima dei suoi incubi notturni, Vincent si ritrova con i suoi amici più intimi allo Stray Sheep Bar. Questo è l'unico frangente in cui il protagonista è libero di muoversi. All'interno del locale si possono svolgere diverse attività, ad esempio potrete giocare a Rapunzel, una versione arcade del gameplay notturno dove però avrete solo tre vite, un numero prestabilito di mosse e la possibilità di cancellare solo nove volte un passo falso: una sfida nella sfida. Esplorando il bar troviamo un juke-box dove cambiare la musica di sottofondo con temi di altri importanti giochi Atlus (Persona, Nocturne, Digital Devil Saga e altri), in bagno potrete sciacquarvi la faccia ed avere visioni sul prossimo incubo oppure controllare le foto piccanti inviatevi da Catherine. L'aspetto più importante riguarda l'interazione con gli altri personaggi: ascoltare le loro storie, capirne i problemi e aiutarli a superarli; inoltre molti avventori del locale saranno i compagni di scalate durante le sessioni notturne. Un oggetto di vitale importanza è il vostro cellulare attraverso il quale potrete salvare i progressi, ricevere e inviare e-mail e accedere ai livelli già superati per migliorare il proprio punteggio e ottenere una valutazione migliore. Vincent inoltre è un amante degli alcolici, per questo motivo potrete ordinare del sakè, whisky, birra o un cocktail, durante la bevuta il nostro eroe rifletterà su quando sta accadendo e alla fine del bicchiere il gioco vi fornirà delle simpatiche informazioni riguardanti la bevanda appena consumata. Il livello alcolico nel sangue farà sì che Vincent cammini in maniera stramba all'interno del bar ma dall'altra parte vi renderà più veloci durante la scalata notturna. Lo Stray Sheep Bar non offre comunque molto altro da fare, appare come una struttura limitata per quanto interessante e, a parte Rapunzel (un gioco nel gioco) si passa immediatamente alle fasi notturne in un meccanismo che assomiglia a quello visto in Persona 3 e 4 con la sola differenza che quest'ultimi, per la loro natura di giochi di ruolo, danno molta più libertà di scelta al giocatore.

La più bella del reame
Decidere chi sia più attraente tra Catherine e Katherine è un arduo compito che lasciamo a voi lettori, d'altra parte la scelta del cel shading appare davvero azzeccata poiché offre uno spettacolo visivo godibile senza mettere sul lastrico una software house come Atlus. Eccellente il lavoro dello Studio 4°C che ha curato le scene anime style con cura e perizia, peccato siano piuttosto brevi. Le animazioni facciali dei protagonisti sono buone anche se abbiamo notato qualche imperfezione nei momenti più intensi, come se i personaggi non potessero stupirsi o impaurirsi oltre un certo livello emozionale (Vincent escluso). Se proprio dovessimo trovare un difetto al comparto tecnico potremmo citare i caricamenti, in generale piuttosto lunghi, a volte superando i venti secondi. Ottimo il doppiaggio americano, la localizzazione dei sottotitoli in italiano e il lip-synch, le musiche sono state affidata al maestro Shoji Meguro che anche questa volta riesce ad esaltare il pubblico con un alcuni brani davvero azzeccati anche se la qualità generale non raggiunge le altissime vette delle produzioni precedenti. Abbiamo invece riscontrato qualche problema col sistema di controllo, un difetto emerso anche nel precedente articolo sulla demo giapponese. In sostanza l'estrema sensibilità dei comandi a volte induce il giocatore a commettere un errore come spingere un blocco sbagliato o cadere da un'altezza considerevole. Un particolare che doveva godere di una cura certosina visto il gameplay del gioco, basato anche sulla componente temporale che spinge l'utente a pensare e agire in fretta. Dal punto di vista della longevità, il titolo raggiunge tranquillamente le quindici ore, inoltre la presenza di otto finali differenti e l'indicatore dell'ordine e del caos mosso dalle vostre risposte nel gioco, sono un ottimo incentivo a finire il titolo più di una volta. Se questo non dovesse bastarvi, sappiate che oltre alla modalità storia (Golden Playhouse) ne esistono altre due chiamate Babel e Colosseum. La prima è collegata direttamente ai risultati ottenuti nello story mode poiché per sbloccare gli stage speciali dovrete ottenere un numero sempre crescente di trofei d'oro. La sua caratteristica principale risiede nel fatto che i livelli saranno ogni volta diversi e potrete affrontarli in cooperativa locale con un amico che impersonerà Katherine. La seconda invece è una modalità competitiva, sempre a due giocatori off line, nella quale vince chi arriverà per primo in cima o chi rimane in vita. Gli stage sono gli stessi della modalità storia. Le funzionalità online del gioco si limitano alle classiche leaderboard e ai sondaggi sulle risposte che hanno dato gli altri giocatori nei confessionali posti nelle aree di sosta.

VOTO: 8,7