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I Migliori Giochi

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sabato 29 ottobre 2011

MASS EFFECT 3: in ANTEPRIMA !!







Non lo nascondiamo, il terzo capitolo della saga di Mass Effect è uno dei giochi più attesi dalla redazione, fremente di conoscere la fine della trilogia del capitano Shepard e della sua squadra. Il lavoroBioware è riuscito, nell’arco di due soli capitoli, a conquistare milioni di utenti grazie all’eccezionale universo creato, dove razze aliene originali e ben caratterizzate si scontrano per il controllo dello spazio conosciuto. Un gioco di ruolo dalle forti tinte action (i detrattori potrebbero dire che è un action con una spruzzata di GDR), che punta tutto sul carisma dei protagonisti e su di una sceneggiatura intrigante, che fa leva sulle scelte morali del giocatore per costruire dialoghi dinamici e cinematografici.
Stupisce dunque come EA e Bioware al recente showcase di Londra, abbiano confermato e presentato la modalità cooperativa che accompagnerà Mass Effect 3 nei negozi.

Pregiudizi?
Capita raramente di trovarsi di fronte ad un prodotto così alieno come la cooperativa di Mass Effect 3. Non vogliamo chiudere immediatamente la porta in faccia a questa iniziativa, solo domandarci il motivo per il quale due società che ormai da anni stanno lavorando in sinergia, senza quasi sbagliare un colpo, vogliano indirizzare soldi, risorse e preziosissimo spazio su DVD e Blu-ray per un qualcosa che si fonda su di uno degli aspetti sicuramente meno brillanti della serie: la fase shooting. Nonostante dovrebbe nascondere un progetto decisamente più ambizioso dietro, con tutta una parte di gestione e dominio di varie zone della galassia, quella che ci è stata mostrata è una versione piuttosto preliminare di una declinazione della modalità Orda portata in auge da Gears of War 2 nella quale, in compagnia di altri tre giocatori, ci siamo ritrovati alternativamente a resistere ad ondate di nemici e portare a termine semplici obiettivi, che sono andati dal disattivare ordigni ad orologeria (ovviamente digitale, siamo pur sempre nel futuro), o allo sconfiggere un determinato nemico, un po’ più coriaceo degli altri.
Tutto qui. Come se non bastasse allo showcase e' stata mostrata una versione molto arretrata del codice, incapace di portare a termine una sessione completa, senza andare incontro a crash e bug di varia natura. Anche senza questi elementi, che siamo sicuri con sufficiente tempo verranno coscienziosamente sistemati, quello che traspare e' una struttura piuttosto povera di idee e persino di piglio, per via della formula derivativa della struttura di gioco. Avrete comunque modo di modellare il vostro eroe a piacimento scegliendo una delle razze di questo affascinante universo e una tra le sei classi che abbiamo imparato a conoscere. Al fianco di due armi da fuoco avremo infatti a disposizione alcuni poteri supplementari in grado di dare maggiore varietà agli attacchi. Questi saranno poteri biotici, come la capacita' di sollevare gli avversari o di diventare una sorta di missile umano ed impattare contro un avversario, tecnologici, con la possibilità di bypassare gli scudi energetici avversari e surriscaldare le loro armi e poteri militari, come proiettili esplosivi o una sorta di granata. 
Di base quindi potrebbe sembrare una modalità sufficientemente strutturata e complessa per divertire e magari aiutare il proprio personaggio ad evolversi e costruirsi anche al di fuori della normale evoluzione possibile giocando la modalità storia. Una delle feature più interessanti è infatti la possibilità di condividere l'esperienza online ed offline, rendendo le due esperienze complementari anche se assolutamente autonome. Questo vuol dire che sarà possibile completare la campagna singolo giocatore senza nemmeno avviare per un secondo la cooperativa.

Sparatutto?
Il motivo principale per il quale il progetto potrebbe rischiare di poggiare su basi non solide è l'essere fondato sulla componente del titolo storicamente meno solida. Nato come gioco di ruolo dallo spiccato risvolto action e tramutato in qualcosa di più col secondo capitolo, la serie ha sempre mostrato l'abilità di Bioware nel raccontare storie e creare universi, senza però convincere sia nella restituzione delle meccaniche legate allo shooting, come feedback delle armi, precisione delle hitbox o elasticità del sistema di coperture, ma anche l'inesperienza del team canadese nello sviluppare missioni con un level design convincente, un'intelligenza artificiale aggressiva o un ritmo di gioco entusiasmante. In un contesto ruolistico tutti questi elementi passano inevitabilmente in secondo piano, ma in una modalità online strutturata, la godibilità delle sparatorie dovrà necessariamente essere elevata.

Conferme 
Ancora premature tutte le possibili valutazioni sul comparto tecnico di Mass Effect 3, principalmente considerando lo stato di avanzamento della build mostrata. A dispetto di un livello di dettaglio inferiore ed una cura dei contorni e delle texture ancora arretrata, il gioco mostrava già un discreto frame rate, oltre che una continuità stilistica con l'universo creato dai ragazzi canadesi.

Commento Finale

Mostrare solo il comparto cooperativo di Mass Effect 3 e' stata un'operazione sotto molti punti di vista controversa. Il codice mostrato era infatti piuttosto arretrato e con molta probabilità poco indicativo dell'esperienza globale che EA eBioware stanno approntando, strutturata come una sorta di campagna globale per la riconquista ed il controllo della Galassia. Inoltre a nostro modesto avviso, una simile operazione rischia di distogliere risorse alla componente singolo giocatore e dare il via ad operazioni non disprezzabili, ma controverse come accaduto con Dead Space 2 o Bioshock 2. L'unica cosa certa è che c'è ancora molto da lavorare: rimanete con noi per ogni futuro aggiornamento. 

martedì 25 ottobre 2011

UNCHARTED 3: RECENSIONE !!!!





Non è facile reggere il peso delle aspettative. E attorno ad Uncharted 3, di certo, se ne sono assiepate moltissime. L'esclusiva firmata Naughty Dog, del resto, ha rappresentato in questa generazione il vertice dell'eccellenza tecnica ed artistica su Playstation 3, sfruttando un gameplay funzionale e sempre vivace per interpretare alla perfezione la dimensione “avventurosa” del videogioco moderno.
Ma ben oltre il peso schiacciante dell'Hype, il ritorno di Nathan rappresenta davvero una pietra miliare di questa epoca videoludica. Perchè in fondo “L'Inganno di Drake” fa propri molti dei tratti distintivi che hanno monopolizzato gli sforzi creativi delle software house, segnando in maniera indelebile i giochi di questa generazione. Da una parte la spettacolarità ad ogni costo, il senso del ritmo, e la predominanza della recitazione digitale. Dall'altra l'interazione dinamica con l'ambiente, dalle coperture alle scalate, sempre collocata nel solco di una linearità controllata, scandita da una regia attentissima. Infine, l'abbondante spazio concesso al multiplayer.
Ovviamente, il fatto mirabile non è che l'esclusiva Playstation 3 abbracci tutti questi “valori”, ormai piuttosto comuni. Ciò che ammalia è invece un risultato che supera “la somma delle parti”, incanalando l'impegno produttivo di uno dei più talentosi team della storia recente per consegnare al popolo di giocatori un capolavoro sfaccettato, e, in buona sostanza, un action davvero superlativo.

Drake è di nuovo in pista. E stavolta c'è in ballo qualcosa di grosso. Ancora una volta i miraggi archeologici che Nathan insegue con risoluta convinzione sono gli stessi avvistati dal suo antenato, quel Sir Francis Drake che l'aveva già condotto ad El Dorado nel primo capitolo. Ma ne “L'Inganno di Drake” la posta sembra essere più alta: si parla della città di Ubar, inghiottita dalla sabbia, sepolta nel deserto per volontà divina. Cresciuta in ricchezze e in corruzione, e cancellata dalla faccia della terra da una tempesta ancestrale, questa “Atlantide delle Sabbie” è una vera e propria chimera dell'archeologia moderna, un abbaglio seducente per il quale molti hanno perso la vita. Eppure la traccia di Drake sembra essere solida, nitida, ben definita. Ma c'è qualcuno che è pronto a mettersi fra Nathan e la gloria: si tratta, stavolta, di un'insidia più subdola che in precedenza, una mano strisciante ed invisibile la cui ombra emerge dal passato. In Uncharted 3 il team riesce finalmente ad opporre al giocatore un nemico iconico e -a suo modo- terribile. Dopo i traviati archeologi desiderosi di potere e i mercenari senza scrupoli, arriva d'un tratto una donna risoluta, spietata, a capo di una società segreta che opera nell'oscurità da oltre quattro secoli, tirando i fili di una lunga cospirazione globale. Katherine Marlowe, lo scoprirà il giocatore già nelle prime fasi dell'avventura, è un avversario spietato e cinico. Manipolatrice di mestiere, sa leggere le persone, per sfruttare i loro desideri e le loro paure. Non mancano ovviamente uomini d'azione più adatti a contenere l'irruenza di Drake, mostrando una cieca dedizione alla causa ed una snervante compostezza, ma la “minaccia” di quest'avventura mostrerà più generalmente uno stampo del tutto particolare. E particolarissimo è anche lo svolgersi della trama, che segue in fondo un canovaccio ben definito, ma riesce a risultare vivacissima, corale, colma di colpi di scena e momenti sinceramente memorabili.
Sulle prime sembra di partecipare ad un lungo e movimentato viaggio, che di tappa in tappa ci conduce per il mondo ad inseguire indizi ed intuizioni. Ma poco a poco si capisce che nell'ostinazione di Drake c'è qualcosa in più: c'è sempre stato, forse, nella sua risolutezza, in quell'ansia per l'avventura e la scoperta, come il bisogno di riappropriasi del suo passato, inseguendo i sogni di un antenato che sente irrimediabilmente vicino. Come Indiana Jones ne “L'Ultima Crociata” (un film a cui Uncharted 3 deve moltissimo), è un piccolo libretto in cui Nathan raccoglie le annotazioni e gli indizi dell'esploratore che ci guida per l'Europa, a Londra e nelle Francia del sud, e poi in medio oriente, fra gli altipiani della Siria e dello Yemen.

Il gameplay di Uncharted resta quello di sempre, fatto di sparatorie e scazzottate, di esplorazione ed enigmi ambientali. Se non una maggiore vastità interpretativa, una libertà più accentuata sul fronte delle strade da percorrere, al titolo Naughty Dog non si può chiedere davvero altro, perchè la minuziosa alternanza delle situazioni cesella una progressione dai ritmi perfetti. Le due anime del prodotto, quella più Action e quella invece avventurosa, si sposano in maniera esemplare, per disintegrare la potenziale monotonia. Uncharted 3sarà pure, nei presupposti, un titolo lineare, ma è anche un prodotto trascinante, spettacolare, che sembra non lasciare respiro all'affannato videoplayer, salvo poi interrompere bruscamente la tensione per farsi ammirare in tutto il suo splendore tecnico e artistico.
La riproposizione di una formula ben rodata e collaudata, comunque, non ha impedito al team di sviluppo di operare limature e correzioni, miglioramenti che si respirano a pieni polmoni soprattutto nelle fasi di esplorazione. Il percorso da seguire, mentre ci arrampica sulle asperità rocciose di una parete o si dondola aggrappati ai grossi lampadari vittoriani, è sempre chiarissimo, e in fondo l'interazione del giocatore, in quei momenti, resta ridotta ad un semplice gioco di tempismo. Una sorta di Quick Time Event in movimento, mentre si salta verso una nuova sporgenza o ci si appende ai bordi delle architravi. Eppure il team di sviluppo ha infarcito le arrampicate di eventi inattesi, che di fatto servono a “condire” queste sessioni dandogli un sapore meno passivo. Un mattone che cede sotto il peso del nostro corpo, un tubo che si stacca all'improvviso precipitandoci in una zona che non avevamo considerato, e molto di più, in alcune sequenze davvero mozzafiato (è ben nota l'arrampicata sul carico penzolante di un aereo in fiamme). Si tratta, ovviamente, di mezzi che nascondono solo in parte la linearità, ma che svolgono più che efficacemente il loro lavoro. Certo, ad una futura iterazione del Franchise (sommessamente confermata dai portavoce del Team di sviluppo) si dovrà chiedere qualcosa in più su questo fronte. Ambienti magari più aperti, che propongano vie alternative amplificando l'idea di un'esplorazione basata soprattutto sul colpo d'occhio. Già il nuovo Tomb Raidersembra volersi muovere in questa direzione, e Uncharted dovrà tenere il passo. Per il momento, tuttavia, le soluzioni adottate bastano a non far sentire il peso delle costrizioni in fatto di Level Design. Anche perchè le scalate vengono sempre e comunque valorizzate da intensi giochi di camera, che si concentrano sulle prospettive spettacolari delle ambientazioni, o sulle animazioni del protagonista.
Discretamente migliorato anche il comparto enigmistico. I rompicapo ambientali, complice un rapido avvicendamento delle location, compaiono con una maggiore frequenza. In molti casi la soluzione è direttamente sotto gli occhi del protagonista, magari incisa sul suo prezioso taccuino, ma non mancano un paio di esempi in cui il cervello deve lavorare con più arguzia. Niente di complicato, in fondo, per un titolo che non vuole assolutamente tempi morti (se non, altrove, lunghi silenzi densi di significati). Eppure si tratta di un intermezzo apprezzabile che riempie il giocatore di soddisfazione. Marchingegni e trappole, serrature e porte antichissime, sono tutti elementi che si fondono in maniera perfetta con l'immaginario di Uncharted 3, in un'avventura in cui misticismo e realismo si incontrano e viaggiano a braccetto. Questa sorta di “storia fantastica”, questa compenetrazione fra leggenda e verità storiografica, viene sublimata dal lavoro di Naughty Dog, che riesce a mantenere un tono a metà fra una puntigliosa verosimiglianza ed un viaggio fantastico. La presenza di molte locazioni più vicine alla nostra cultura fa molto per aumentare l'immersività, regalando inaspettate soddisfazioni anche a livello coreografico. I livelli europei, che ospitano il protagonista in una “divisa” inusuale, servono allo scopo, e diversificano inoltre la gamma di ambientazioni attraversate dall'archeologo e dai suoi compagni. Analogamente a quanto accadeva nel secondo episodio, il cambio anche repentino di prospettive incanta il giocatore, che schizza dai vicoli strettissimi dello Yemen, invasi della luce calda di un sole ardente, fino alle prospettive notturne delle capitali nordiche, passando per templi antichi immersi nella vegetazione più fitta. Ognuno dei molti livelli di gioco, per altro, si sforza di presentarsi con un carattere tutto suo, proponendo un elemento distintivo. L'insidia del fuoco nello Chateau francese, l'acqua all'interno della nave che cola a picco, tempeste di sabbia nelle enormi distese del Rub' al-Khali: un'alternanza che efficacemente rende Uncharted 3 una delle avventure più dense e varie della recente storia videoludica.

L'anima da Third Person Shooter di Uncharted 3 resta ben salda e predominante. Nei ventidue capitoli in cui è divisa la main quest, si sprecano i momenti in cui ripulire ampie zone zeppe di nemici ricorrendo al fascino indiscreto del piombo. Su questo fronte, gli aggiustamenti sono perlopiù marginali, e del resto ilgameplay fatto di coperture dinamiche e fuoco alla cieca funziona oggi come in passato. Proponendo ritmi addirittura più sostenuti rispetto a quelli di Gears of War, “L'Inganno di Drake” si presta benissimo a trasformarsi di tanto in tanto in uno shooter veloce e frenetico. Ancora incerta l'intelligenza artificiale dei nemici, insidiosa soltanto a livelli di difficoltà elevati ma mai brillante. Resta però vero che anche in questo settore Uncharted 3 riesce ad infondere un dinamismo sempre trotterellante, grazie a ottime soluzioni di level design. Sparatorie in corridoi stretti si alternano a scontri a fuoco in spazi più aperti, ed anche se l'arsenale resta quello di sempre, i molti intermezzi in real time non smettono mai di raccontare una storia anche nei momenti di tensione, scandendo con precisione ogni tappa del viaggio di Drake.
E se poi ci si stanca di sparare, si può sempre correre incontro al nemico e optare per una sonora scazzottata. Le dinamiche legate agli assalti corpo a corpo sono sempre funzionali, basate sul tempismo nell'attacco e sulla capacità di schivare i fendenti avversari. L'inserimento di una serie di animazioni contestuali infonde una vivace energia a queste fasi, aumentandone il fascino: sbattere gli avversari contro i muri o spingerli di sotto alle sporgenze, attaccarli con un oggetto di fortuna o usare il vantaggio di una posizione soprelevata per metterli fuori gioco con un balzo, sono possibilità che si affiancano ai cari vecchi montanti o agli intramontabili calci nei denti. Ovviamente il tutto funziona alla grande, con appena qualche incidente sul fronte delle collisioni. Interessante l'inserimento di alcuni soldati più coriacei di altri, dotati di pochissimo tatto nei confronti del protagonista. Per metterli al tappeto ci si dedica a scontri estenuanti, fatti di schivate all'ultimo e troppi pugni sulla faccia, di colpi bassi e tanta determinazione.
Il team di sviluppo, fedele al dictat della varietà, ha poi pensato di rendere più importanti le poche sequenze che si possono superare senza destare sospetti, assaltando le guardie alle spalle. In molte delle locazioni ci sono almeno un paio di soldati da cogliere alla sprovvista, e quando l'avanzamento silenzioso si rende possibile le routine comportamentali dei nemici sono un po' più naturali rispetto a quelle di Among Thieves.
Infine, non mancano ovviamente inseguimenti spettacolari, come da tradizione della serie. L'assalto ad un convoglio condotto tutto a cavallo, fra le distese aride del Medio Oriente, entra di diritto nel computo delle sequenze più memorabili, ma anche le corse fra i vicoli dello Yemen hanno un qualcosa di straniante e indimenticabile.
In conclusione, Uncharted 3 è senza ombra di dubbio uno dei titoli più vari e vivaci della moderna storia videoludica. E' un capolavoro in fatto di vastità, un titolo dalle facce molteplici, che sa fondere in un unico, esaltante impasto elementi molto eterogenei, componendo una mistura assolutamente deflagrante. Ilperfetto bilanciamento della progressione ci conduce in templi e metropoli, mentre la lunga parte finale si consuma all'interno di una mitica città uccisa dal deserto.
Per quel che riguarda la longevità, i giocatori più abili potranno portare a termine l'avventura in poco più di una decina di ore, ed è inutile ammettere che non avremmo desiderato qualcosa in più. E' difficile, al primo playthrough, superare di troppo questa soglia, anche fermandosi ad osservare minuziosamente le ambientazioni per cercare i numerosi tesori disseminati negli ambienti di gioco. Ma d'altro canto è anche difficile ammettere in totale onestà che il team di sviluppo avrebbe potuto estendere oltre l'avventura. Ogni ambientazione, di fatto, viene presentata e “consumata” nei tempi opportuni, e l'intreccio narrativo si dipana senza fretta, ma anche senza risultare diluito e prolisso. Far rimbalzare Nathan per il mondo per qualche ora in più, probabilmente, avrebbe da un lato reso poco verosimile il percorso compiuto sulle tracce di Sir Francis Drake, dall'altro avrebbe forse attenuato l'intensità della narrazione. Per chi poi vorrà completare il titolo scovando i 100 tesori (oltre alla reliquia insolita), il replay value è assicurato. Impossibile, dunque, sostenere che il team abbia tolto risorse allo sviluppo del Single Player per foraggiare quello del multigiocatore: l'avventura di Drake appare pienamente compiuta e autonoma, per un seguito intenso e migliore del predecessore sotto tutti i punti di vista.

Uncharted 3 propone anche un comparto multiplayer online, notevolmente espanso rispetto a quello del secondo capitolo. L'introduzione di perks, kickback (una sorta di Killstreak) e nuove modalità rende molto più complessa la modalità competitiva, mentre le mappe Co-Op risultano abbastanza simili a quanto visto sui server di Among Thieves.
Dell'online di Uncharted si è discusso molto diffusamente ai tempi della beta, e le impressioni preventive non sono ovviamente cambiate. Come nostro solito, tuttavia, nei prossimi giorni vi proporremo uno speciale d'approfondimento che entri nel dettaglio, scavando a fondo nelle possibilità del comparto multigiocatore.
A chi rimpiange l'approccio un po' più disimpegnato che ha caratterizzato Uncharted 2, si può dire davvero poco: probabilmente l'introduzione di una sovrastruttura simile a quella del sempreverde Call of Duty, fatta di potenziamenti sbloccabili e avanzamenti di livello, non piacerà a tutti. Eppure non si deve credere che il titolo Naughty Dog abbia in qualche modo perso smalto e carattere, conformandosi alla massa. Anzi, a conti fatti Uncharted 3 rappresenta una buona alternativa alla stereotipia dei First Person Shooter, risultando -almeno su Playstation 3- l'unico sparatutto con visuale in terza persona dotato di meccaniche così funzionali.
Lo sblocco progressivo di Bonus e Power-Up (passivi o attivi) è legato all'accumulazione di denaro, che assieme all'avanzamento di livello risulta un serio incentivo a restare per molte ore incollati ai server di gioco. L'elenco di modalità disponibili è interessante, anche se le più funzionali risultano il Deathmatch e la modalità ad obiettivi (che vivacizza le partite cambiando, di tanto in tanto, i compiti assegnati alle squadre). Gli scontri sono vivacizzati sia dalle creative abilità dei personaggi (che possono attivare la velocità extra o esplodere come fossero una granata vivente), nonché dai Power Event, occasioni speciali in cui moltiplicare il punteggio, che si attivano per cercare di riequilibrare la situazione. Se nei primi momenti qualcuno potrebbe essere ostacolato dalla presenza di giocatori dotati di abilità superiori, con un po' di pratica l'influenza di Perks (alcuni addirittura “consumabili”, da acquistare all'inizio del match) e Kickback si affievolisce, e le partite risultano abbastanza equilibrate. Se ancora ci fossero degli scettici, comunque, l'opzione Hardcore riavvicina l'esperienza multiplayer a quella del vecchio capitolo, disabilitando tutti i power up.
Decisamente più “universale” è il multiplayer cooperativo, la cui progressione è scissa da quella della versione “agonistica”. La modalità Arena, anzitutto, ci mette di fronte ad una sorta di Horda, resa molto più interessante dall'apparizione ritmata di obiettivi speciali: postazioni da difendere per un certo periodo di tempo, tesori da recuperare e portare alla base, si alternano con efficacia alle sempre più determinate ondate di avversari che assaltano il gruppo da ogni parte. Buona coordinazione e senso di squadra sono requisiti necessari per uscire indenni dagli ultimi round.
Un po' meno riuscita è la modalità Hunters, che in due round consecutivi oppone due team formati da una coppia di giocatori, che si alternano al controllo di eroi e predoni. Questi ultimi sono ovviamente aiutati dall'intelligenza artificiale, ma in generale l'alto tasso di mortalità è pronto a rendere non troppo entusiasmanti le partite giocate “dalla parte dei cattivi”.
Infine, l'avventura in cooperativa rappresenta permette di attraversare in compagnia di tre amici alcune “variazioni su tema” dei momenti topici della campagna principale, immergendo il gruppo nelle fantastiche ambientazioni. Un peccato che sia davvero ridottissima la dotazione di mappe a disposizione per questa opzione (appena cinque, inclusa l'apparizione di qualche ambientazione ben nota ai fan della saga), lasciando all'Arena il compito di saziare le prolungate voglie dei giocatori.
Finalmente, inoltre, il Multiplayer di Uncharted è supportato da un'infrastruttura solida e curata. Uncharted TV manda in “heavy rotation” filmati promozionali, WebDoc e i momenti salienti delle partite disputate dagli utenti, ed è lodevole la possibilità di giocare in Split Screen dalla stessa console, accedendo con i rispettivi profili PSN.
Ma l'eccellenza del pacchetto sta senza ombra di dubbio nella qualità delle mappe. Il level design è eccellente, il colpo d'occhio strabiliante, e complessivamente la varietà non ha pari, riservando anche qualche sorpresa in fatto di originalità. L'assalto all'aereo che precede gli scontri di Airstrip, le sparatorie da un treno all'altro della metropolitana, o gli eventi che di tanto in tanto arriveranno a funestare i giocatori (tempeste di sabbia in Desert City, inondazioni periodiche in Dry Docs) mostrano una sincera voglia di innovare anche in questo settore, svecchiando in qualche (riuscita) maniera gli stilemi che da sempre hanno contraddistinto gli sparatutto competitivi.
Insomma, il multiplayer di Uncharted 3 è davvero gigantesco e inesauribile: il degno coronamento di un'avventura indimenticabile. Forse non tutti si dedicheranno con costanza al gioco online (concedetevi però la prova di una partita cooperativa in compagnia di un amico fidato), ma vista la cura nella realizzazione, la sostanziosa offerta iniziale (di mappe e modalità), ed un sapore leggermente diverso dal solito, Uncharted 3 potrebbe convincere molti giocatori.

Uncharted 3 spinge al limite l'hardware di Playstation 3, sfruttato al massimo per gestire un engine sempre brillante. I miglioramenti rispetto al passato non sono moltissimi, ma evidenti: una drastica riduzione dell'aliasign, il framerate che regge praticamente in ogni situazione, texture leggermente più definite, e -di tanto in tanto- addobbate da mappe superficiali in grado di rendere più vivo il colpo d'occhio. In quanto a mole poligonale e profondità di campo i risultati raggiunti da Naughty Dog non compiono passi da gigante, ma la qualità complessiva era tanto eccellente ai tempi di Among Thieves, che ancora oggi Uncharted incanta ad ammalia. Non c'è niente, su console, che riesca a dar tanto, in termini di resa visiva e pulizia. Il merito, da una parte, è di un dettaglio poligonale francamente esorbitante, che si mette in gioco in maniera sempre diversa, assecondando la varietà delle situazioni: negli ambienti più stretti serve per impreziosire le architetture, le architravi, le statue, salvo poi aprirsi ad accogliere un numero di edifici o strutture vegetali francamente imbarazzante, nei molti campi lunghi che sottolineano una profondità di campo impressionante. Ottima anche l'interattività ambientale, a volte “sincera”, a volte più “scriptata”, ma sempre capace di non far apparire troppo statiche le location. Come si è già accennato, Naughty Dog ha voluto poi misurarsi con la riproduzione digitale di acqua, fuoco e sabbia, ed i risultati sono eccellenti in tutti i casi. Forse sono proprio questi momenti che fanno di Uncharted 3 un titolo determinato, con una forte personalità: le lingue di fuoco che si estendono dinamicamente sulle pareti, o gli sciami di insetti che si ritirano, infastiditi dalla luce flebile di una torcia, e poi ancora il polverone della sabbia sbattuta dal vento sul volto di Drake o i miraggi del deserto che si sciolgono al sole, stanno a testimoniare non solo la creativa vivacità del team, ma anche la malleabilità di un engine che mantiene il suo primato.
giochi di luce sono ben diretti, incontrando la spaventosa bellezza artistica di alcuni ambienti. Lame che feriscono il pulviscolo prolungano le ombre dei protagonisti sui pavimenti decorati di antichi santuari, mentre le asperità dei mattoni di tufo, assaltati dalla vegetazione irruente di una giungla umida, sembrano quasi trattenere la luce del sole, che filtra appena dal manto di verde.
Una delle cose che più colpisce di Uncharted 3 è la straordinaria ricerca artistica, se la quale la grande varietà di ambienti e locazioni non avrebbe probabilmente avuto peso. Dentro ad alcuni scorci di Uncharted 3 c'è il rispetto e l'esibizione di culture lontane, di paesaggi meravigliosi, ed a ben guardare la forza espressiva di certi ambienti supera i grandi meriti che nello stesso ambito vanno riconosciuti agli ultimi episodi della saga di Assassin's Creed.
Impossibile poi non lodare il lavoro svolto sul fronte dell'interpretazione attoriale. Così come per il secondo capitolo, Uncharted 3 è il videogioco che più si avvicina all'idea di un film digitale. Grazie al lavoro di “Performance Capture”, agli algoritmi di morphing facciale, le sequenze di intermezzo (realizzate con il motore di gioco, ma non in tempo reale) sono dei piccoli gioielli di recitazione e regia. I giochi di sguardi, le mani di Nathan ed Elena che si incontrano quasi per caso, le discussioni animate e le rughe nel volto contrito di Marlowe, sono dettagli che contribuiscono a rendere densa ogni scena. C'è qualche momento in cui l'ottimo doppiaggio italiano cede, ma anche sul fronte sonoro l'interpretazione degli attori “nostrani” è massima: nonostante alcune voci possano sembrare leggermente stereotipate, ormai sono entrate nel cuore dei fan. Neppure il commento musicale si smentisce, proponendo temi orchestrati di ampio respiro, perfetti per seguire i guizzi dell'azione e delle sparatorie, così come per esaltare le atmosfere misteriose di alcune camere segrete.



IN SINTESI
storia: 9,8
grafica: 9,5
presentazione: 9,8
gameplay: 9,1


globale: 9,5

lunedì 24 ottobre 2011

BATTLEFIELD 3: RECENSIONE !






Sin dal suo annuncio, Battlefield 3 si è configurato come un eccezionale fenomeno mediatico, attirando a sè le attenzioni dell'intera industria del gaming: non solo per il ritorno di un brand carissimo al pubblico PC, ma anche per la rivoluzione tecnologica promessa da DICE. Tutto questo, senza contare l'ostentata rivalità con il colosso Call of Duty, la quale verrà intenzionalmente lasciata da parte in questa trattazione. 
L’inarrestabile marketing messo in moto dal publisher Electronic Arts ha naturalmente creato aspettative altissime attorno al titolo, una cortina di hype con la quale fare i conti non sarà senza dubbio facile.
Prima di passare all'analisi, è bene precisare che la seguente recensione è dedicata espressamente alla sola versione PC del prodotto: date le marcate differenze che la separano dalle conversioni console, a queste ultime riserveremo un'approfondita analisi separata.

Il regno del terrore
La campagna singolo giocatore di Battlefield 3 si ispira chiaramente, per stile narrativo e contenuti, agli stilemi imposti dalla serie Modern Warfare: attraverso gli occhi di diversi militari in servizio in differenti angoli del globo, da Teheran, alle coste del Mar Caspio sino a Parigi, vivremo una crisi globale che vede un terrorista intenzionato a destabilizzare l'ordine mondiale in seguito alla sottrazione di testate nucleari dal suolo russo. Per quanto la maggior parte delle circa sei ore di gioco siano spese in compagnia del Sergente dei Marine Henry “Black” Blackburn e della squadra Misfit, brevi divagazioni interesseranno anche altri personaggi, come la pilota di caccia Jennifer Hawkins e il carrista Jonathan Miller. 
La frammentaria narrazione, fatta di brevi missioni legate da un fil rouge non sempre solido, non riesce a mantenere un ritmo adeguato per tutto l’arco della sua durata, alternando momenti di puro intrattenimento (notevolissimo, ad esempio, l’incipit) a interludi meno riusciti. 
Dal punto di vista del gameplay si nota l’intenzione di ibridare lo stile tipico della saga Call of Duty con il ritmo carattestico del brand DICE, più lento e ragionato: il risultato è una campagna senza dubbio migliore di quella proposta da Bad Company 2, grazie ad un elevato tasso di spettacolarità delle ambientazioni e a un level design perlopiù ispirato, eppure non priva di difetti. 
Il più evidente è senza dubbio un’intelligenza artificiale nemica priva di routine avanzate, poco incline agli accerchiamenti e agli spostamenti sul campo, più portata per una guerra “di posizione”. Non a caso, le unità avversarie sono state dotate di una mira quasi infallibile (già al livello di difficoltà Normale), così da non abbassare eccessivamente il livello di sfida dell’esperienza.
Non manca inoltre qualche momento di evidente inconsapevolezza dell’ambiente circostante da parte delle truppe amiche e nemiche: soprattutto negli spazi più aperti si notano situazioni a volte paradossali, come amici e nemici che tentano di affrontarsi, senza successo, pur trovandosi a pochissima distanza gli uni dagli altri.
L’altro limite è invece legato al design dei livelli e degli script, questi ultimi utilizzati in maniera massiccia e, in certi frangenti, sin troppo evidenti. Gli spawn point dei nemici sono infatti stati collocati troppo a ridosso dell’area entro la quale il giocatore può muoversi. Un difetto di per sé veniale, purtroppo amplificato da un’implementazione di sequenze pre-calcolate a volte davvero grezza: più volte durante l’incedere vi troverete costretti a vedervela con un infinito spawn di nemici, i quali andranno irrimediabilmente a rimpiazzare i commilitoni caduti fino a quando non troverete la chiave di volta, solitamente uno specifico avversario da eliminare o una certa posizione da raggiungere. Un limite senza dubbio diffuso nel genere degli sparatutto militari, di cui tuttavia Battlefield 3 soffre in maniera a tratti esagerata.
La linearità dell’incedere è inoltre assoluta: per quanto le dimensioni di alcuni livelli possano ingannare, il percorso da seguire è sempre uno soltanto. Proprio come ci ricorda uno dei “consigli” visibili durante le schermate di caricamento, il modo migliore di godere della campagna di Battlefield 3 è seguire da vicino la propria squadra, attenersi agli ordini, non uscire mai dal seminato. Senza dubbio una buona metafora della vita di un “vero” militare, ma a volte certi confini si fanno sentire come davvero troppo stretti. 
I difetti di cui sopra inficiano solo in parte l’intrattenimento globale, nel complesso positivo grazie alla rapida alternanza di ambientazioni e situazioni tattiche: i momenti migliori della campagna sono quelli in cui si lavora “di squadra” con i compagni, fornendo ad esempio supporto dall’alto ad un team operativo al suolo tramite fucili da cecchino, oppure accerchiando il nemico mentre il resto della squadra attacca frontalmente. E’ un peccato che questa visione credibile delle tattiche militari non sia stata distribuita meglio lungo l’arco della campagna, alternandola a lunghi scontri a fuoco non sempre soddisfacenti.
Ottima la varietà offerta dall’arsenale: grazie alla possibilità di raccogliere le armi nemiche e alla buona dotazione di base (sempre limitata all’arma principale e ad una secondaria) non avrete mai in mano lo stesso ferro per più di pochi minuti. Da segnalare tuttavia che, in seguito al raggiungimento di certicheckpoint, le armi equipaggiate potrebbero cambiare bruscamente, una svista non sempre gradevole.
L’elemento distruttibilità, vero marchio di fabbrica del brand, si fa naturalmente sentire, sia alzando il tasso di spettacolarità di alcuni frangenti, sia rendendo precaria qualunque copertura, anche la più solida.
Ad aggiungere varietà alla formula di gameplay ci pensa l’occasionale utilizzo dei veicoli, nel complesso decisamente marginale ma utile a mantenere alta l’attenzione del giocatore: nello specifico, vi troverete a fare da copilota su un caccia (peccato però non poterlo manovrare direttamente) e alla guida di un carro armato (questa volta con il completo controllo del mezzo).
Dal punto di vista strettamente narrativo, si segnala l’implementazione di brevissime sequenze di lotta corpo a corpo tramite quick time event, efficaci solo all’inizio della campagna, troppo prevedibili invece nella seconda metà. La sceneggiatura, che si dipana attraverso lunghi flashback originati dal racconto del Sergente Blackburn, non presenta particolari sorprese, riuscendo tuttavia a non annoiare.
Pur mostrando il fianco a diversi momenti poco ritmati e ai limiti di gameplay di cui sopra, le sei ore circa scorrono via tutto sommato veloci, lasciando impressi nella memoria soprattutto gli eccezionali scorci di level design e qualche momento particolarmente riuscito. Va da sé che la campagna singolo giocatore di Battlefield 3 non propone nulla di davvero innovativo per il genere, limitandosi a ricalcare uno stile narrativo ormai “alla moda”, ibridandolo con i punti di forza del gameplay tipico di DICE.
La vera forza di Battlefield 3 è infatti da ricercarsi altrove, in quei campi di battaglia massivi cui il titolo, non a caso, si rifà.

The real Battlefield
Il comparto multigiocatore di Battlefield 3 mischia la tradizione DICE alle nuove possibilità offerte dalla potenza degli odierni PC e dalle straordinarie capacità del motore proprietario Frostbite 2.
Le modalità principali sono Conquista e Corsa (la prima presente sin dal capostipite Battlefield 1942, la seconda ereditata dallo spin off Bad Company), cui si affiancano il Deathmatch a Squadre e Corsa a Squadre (una modalità ridotta rispetto all’originale, per soli 8 giocatori).
Le regole delle singole stipulazioni non sono cambiate, se non per qualche piccolo dettaglio: la prima vedrà due squadre impegnate a mantenere il controllo di un certo numero di punti di spawn, la seconda ne metterà una in attacco nel tentativo di armare due cariche esplosive, l’altra invece in difesa, in diversistep consecutivi, i quali andranno ad aprire nuove parti della mappa.
A rendere davvero eccezionale il gameplay è il notevole lavoro svolto dal punto di vista del design delle mappe: perlopiù ispirate alla campagna singolo giocatore e di dimensioni molto variabili (a seconda anche della capienza, da 24 a 64 giocatori), tutte ing rado di ospitare le quattro modalità principali. Interessante come ogni ambientazione sia in grado di fornire contesti molto differenti tra loro, come nel caso di grandi spazi aperti alternati ad aree più anguste, variando molto l’incedere anche nel corso della stessa partita. Tra alti e pochissimi bassi, le nove mappe offrono un design ai massimi livelli e si adattano perfettamente alle modalità, promettendo un’ottima longevità di partenza per il comparto competitivo.
La modalità più evocativa, e in grado di esprimere il pieno potenziale del titolo, è senza dubbio Conquista a 64 giocatori: a testimoniare il notevole lavoro di bilanciamento e level design svolto, basti dire che nonostante il caos di veicoli (disponibili infatti carri armati, jeep di varia foggia, blindati e jet), anche in assenza di comunicazione diretta la cooperazione con i membri della propria squadra è sempre possibile, grazie alla chiara indicazione degli obbiettivi a schermo. Proprio il lavoro di squadra, perlomeno nelle due modalità classiche, rappresenta il fulcro del gameplay di Battlefield 3, enfatizzato dalla divisione dei ruoli grazie alle quattro classi disponibili, e dalla buona capienza dei veicoli, che, con l’eccezione del caccia monoposto, possono sempre ospitare più di un giocatore.
Torna la possibilità di organizzarsi velocemente in Squadre da quattro giocatori, usufruendo così delrespawn vicino al caposquadra, possibile tuttavia solo a patto che quest’ultimo sia vivo. Questa meccanica, differente rispetto a quella più libera vista in Bad Company 2, si rivela ben bilanciata, limitando lo spawning selvaggio. Da notare come lo squad hopping (meccanica tipica sin da Battlefield 2, corretta in quest’ultimo ma purtroppo tornata in Bad Company 2, che vedeva i giocatori cambiare squadra prima del respawn per assicurarsi posizioni migliori in campo) non sia possibile, ad ulteriore conferma del buon lavoro di bilanciamento svolto.
L’incedere in battaglia è quello classico della serie, più ragionato e lento rispetto alla media e graziato dall’ottimo feedback delle armi da fuoco. Molto interessante l’introduzione del concetto di soppressione: qualora infatti ci si trovi sotto intenso fuoco nemico, la visuale si coprirà di un evidente blur, così da simulare credibilmente l’effetto del fuoco di copertura, rendendolo tatticamente molto utile e rilevante.
Da notare l’introduzione della posizione prona, ereditata da Battlefield 2, con in aggiunta la possibilità di utilizzare i cavalletti montati come accessori su alcune armi: questi ultimi eliminano quasi completamente il rinculo, ricompensando un buon piazzamento con una capacità di tiro molto più agevole.
L’elemento distruttibilità, già rilevante durante la campagna singolo giocatore, diventa in multiplayerdavvero fondamentale per supportare lo stile di gioco massivo: qualsiasi edificio potrà essere letteralmente sventrato e fatto crollare (a volte solo in parte), esponendo chiunque si trovi all’interno. Lo stesso vale naturalmente per le coperture più esili, passibili di penetrazione dei proiettili. Ciò lascia naturalmente ampie libertà d’improvvisazione al giocatore, soprattutto in caso di utilizzo intensivo dei veicoli.
La divisione in classi rimane sostanzialmente invariata, con l’eccezione del Medico di Bad Company 2, integrato con l’Assalto. Sbloccando i pezzi di equipaggiamento aggiuntivi, le diverse classi potranno essere configurate in maniera differente: l’Assalto ad esempio potrà decidere se portare con sé il classico kit di rianimazione immediata, oppure montare un lanciagranate sul fucile d’assalto, per approcci più offensivi. Il Supporto è dedicato alle armi pesanti (ma può anche decidere di portarne di più leggere, in combinazione con il C4) e al rifornimento di munizioni, l’Ingegnere è il peggior amico/nemico dei carri armati, potendo riparare quelli del proprio team con il kit oppure fare a pezzi quelli avversari con lanciarazzi e mine, mentre il Recon non si limita al solo fucile da cecchino, disponendo di un segnalatore in grado di garantire il respawn dei compagni in un punto predefinito, e di un sensore di movimento da piazzare a piacimento.
Il bilanciamento delle diverse competenze rispetto a Bad Company 2 è tangibile: meno orientati ad un solo compito, i ruoli si rivelano personalizzabili e versatili, ognuno in grado di adattarsi a diversi stili digameplay, ognuno fondamentale sul campo di battaglia.
La crescita del personaggio è naturalmente molto profonda: oltre allo sblocco delle armi e relativi gadget con cui migliorarle (tra cui canne pesanti, soppressori di fiamma e impugnature modificate) va citato anche un limitato comparto perk: solo uno sarà quello equipaggiabile, ma la guida delle singole tipologie di veicoli godrà di bonus dedicati, come fumogeni per il carro armato o mitragliatrici più efficaci. 
Il sistema è come di consueto fatto in modo che l’utilizzo ripetuto di un certo tipo di classe ed equipaggiamento dia la possibilità al giocatore di sbloccare miglioramenti ad esso relativi, permettendo una crescita molto mirata.
L’assegnazione dei punti esperienza avviene naturalmente sulla base delle kill, ma soprattutto per il completamento degli obbiettivi, favorendo ancora una volta il gioco di squadra e il contributo alla battaglia. Accumulando punti esperienza e Nastri (riconoscimenti assegnati durante la partita per specifici conseguimenti) si salirà di rank: la crescita appare inizialmente piuttosto veloce, ma l’aggiunta delle Stelle garantirà ulteriore possibilità di mostrare le proprie abilità. Queste ultime, basate sull’ottenimento di un certo numero di Nastri, rappresenteranno una sfida tutt’altro che facile da completare, essendo circa 100.
La dimensione delle mappe, le possibilità tattiche offerte dalla distruzione e dall’utilizzo massivo dei veicoli, il ribilanciamento delle classi e delle squadre fanno del comparto multigiocatore di Battlefield 3un’esperienza eccezionalmente profonda ed appagante, destinata a impegnare i giocatori per moltissime ore di intrattenimento solido e personalizzabile. Non presenterà la certosina cura al dettaglio del recente Red Orchestra, ma quanto a bilanciamento e solidità dell’offerta ludica, il titolo DICE non ha rivali.
Il prezzo da pagare, per così dire, di tutta questa profondità è una fruibilità legata a un buona disponibilità di tempo: a differenza di molti concorrenti del suo genere, Battlefield 3 non è fatto per la toccata e fuga, inscenando spesso battaglie la cui durata si avvicina all’ora piena. 

Battlelog
Quello che inizialmente doveva essere un semplice sito di tracciamento delle statistiche in tempo reale, è diventato per Battlefield 3 un tassello molto più importante. Il Battlelog va infatti a sostituire completamente i menu di avvio delle partite: direttamente dalla pagina web si deciderà se lanciare la campagna, la cooperativa o il multigiocatore, con tutte le opzioni di filtraggio dei vari server per quest'ultimo, oltre all'immancabile quick match.
Il Battlelog servirà inoltre per tenere traccia dei progressi dei propri amici: oltre ad aggiungerli direttamente dalla friend list di Origin, tramite una bacheca molto simile a quella di Facebook potrete vedere le loro ultime conquiste quanto a sbloccabili e tank, lasciare il classico "mi piace" oppure commentare.
L'integrazione con il browser non ci è dispiaciuta, occorre senza dubbio qualche minuto per abituarvisi, ma nel complesso funziona. Peccato solo che, in caso di mancata connessione ad una partita, la chiusura della finestra di gioco vada forzata, un problema che probabilmente sarà prontamente risolto aggiungendo un time out.
Ottimo il tracciamento delle statistiche in tempo reale, che permette di studiare nel dettaglio le proprie prestazioni e possibili percorsi di crescita.

Gioco a due
Il comparto cooperativo di Battlefield 3 si presenta del tutto slegato dalla campagna singolo giocatore e dal multiplayer competitivo: un apposito menu del Battlelog permette infatti di accedere a sei missioni disegnate specificamente per essere affrontate online insieme a un amico, completando brevi obbiettivi, tra cui la scorta ad un convoglio, il recupero e l’estrazione di un VIP dietro le linee nemiche. Nonostante la breve durata, dai 15 ai 20 minuti ciascuna, le missioni si sono rivelate impegnative già a livello Normale, richiedendo diversi reload prima di afferrare correttamente tutti i passaggi. 
Da notare come una missione si svolga interamente a bordo di un elicottero, mettendo i giocatori rispettivamente nel ruolo di pilota e copilota, con il compito di dare copertura area a un convoglio amico durante l’attraversamento di un campo di battaglia. Completando le singole missioni si otterrà un punteggio finale basato sul tempo e sull’efficienza (uguale per i due giocatori, così da evitare la ricerca del killing a scapito della cooperazione) che potrà dare accesso ad armi da utilizzare nel multigiocatore competitivo.
Senza la dispersività della campagna singolo e graziate dalla possibilità di mettere in pratica buone tattiche di coppia, queste missioni si sono rivelate ottime per trascorrere piacevolmente in tutto 3-4 ore, facendo quasi rimpiangere che il comparto non sia stato ulteriormente ampliato, data la sua validità.

Comparto Tecnico
Il Frostbite 2, sviluppato appositamente per sfruttare il meglio dall’hardware PC di ultima generazione, restituisce un impianto visivo notevolissimo. Senza rinunciare ad una scalabilità più che discreta, il motore garantisce il top dell’effettistica e una modellazione poligonale di ottima qualità. Eccezionale il comparto luci, in grado di fare davvero storia a sé, regalando chiaroscuri memorabili. Tutto questo unito ad una simulazione della fisica in game in grado di supportare appieno la distruttibilità della maggior parte delle strutture, il tutto senza cali di frame rate. Si nota un leggero downgrade in multiplayer, ma l’impatto visivo rimane di primissimo piano.
Notevole il comparto animazioni, in grado di donare alle squadre di marines movenze credibili come mai prima d’ora.
Qualche piccola sbavatura c’è, tra cui una realizzazione dell’acqua non sempre sorprendente e sporadici dettagli poco curati (qualche texture, compenetrazioni poligonali), ma nel complesso il lavoro svolto è ottimo.
Il comparto audio è eccezionale soprattutto per quanto riguarda l’effettistica: DICE si conferma maestra in questo settore, proponendo campionamenti eccezionali per armi e veicoli, mixati con un sistema di simulazione della propagazione delle onde sonore a seconda dello spazio, in grado di restituire un’esperienza sonora assolutamente fedele e realistica.
Meno incisiva invece la tracklist: a parte il tema principale già a apprezzato nei trailer e un Johnny Cash a fare da cameo, c’è davvero poco altro.
La nostra configurazione di prova (Intel i5 2500, NVIDIA GTX 560 ti, 8 GB RAM) non ha avuto problemi a mantenere il frame rate fisso a 60 FPS senza incertezze con tutti i dettagli al massimo (anche acquisendo il giocato in tempo reale). Ottimi risultati anche con una configurazione un po’ più datata (AMD Phenom X3, ATI Radeon HD 5770, 4 GB RAM), la quale ha anch'essa gestito i dettagli a Ultra restando sempre sopra i 30 FPS toccando tranquillamente anche i 60 in diversi frangenti, abbassando solo di una tacca il filtro antialiasing.



VOTO 9,3