Ben poche cose sono indispensabili nella vita. Qualche amico sincero su cui poter contare sempre, il tenero amore di un compagno o di una compagna, uno stipendio e un lavoro decoroso, un hobby da praticare spesso e capace di regalare divertimento e soddisfazione. Tutto il resto rappresenta un surplus, un extra, come quelli che abbondano spesso nei nostri amati videogiochi: alcuni piacevoli da ottenere, altri portatori di immensi sforzi e stress, tanto da farci dubitare se ne valga veramente la pena. Nell’immensità di questo “superficiale”, ci sono anche tante cose semplicemente inutili. Per quanto rappresenti una parte non secondaria del nostro lavoro, bisogna ammettere che anche una recensione, in certi casi, può essere inutile. A volte lo sono perché scritte male, altre perché non rispecchiano un preciso punto di vista e vengono rinnegate con veemenza, altre ancora, ed è questo il caso, perché non potranno mai, per quanto ben realizzate e pertinenti, accostarsi minimamente alle reali sensazioni che il prodotto di riferimento sa regalare all’utente.
Rayman Origins, già proposto su Xbox 360 e PS3 e premiato con un roboante 9.5, è uno dei tantissimi titoli disponibili al lancio della PS Vita. Dimenticando, ma solo per un po’, la sua natura di porting, in questa sede cercheremo di farvi comprendere perché si tratta, molto semplicemente, di uno dei migliori platform 2D mai creati e come si adatti perfettamente al contesto portatile nel quale è inserito.
Quasi tutti saprebbero indicare gli ingredienti principali per un buon film. Serve innanzitutto una buona sceneggiatura, capace di sviluppare un intreccio coerente e che presenti personaggi dotati di profonde psicologie. Ci vuole una regia competente, puntigliosa e originale al punto giusto. Non deve poi mancare un cast all’altezza e una fotografia ricercata. Ribaltando questo discorso nel mondo videoludico è facile dimenticarsi qualche elemento. Possiamo sottolineare l’importanza del gameplay, salvo poi ricordarci che anche il sistema di controllo deve essere preciso. Ribadire la necessità di un comparto grafico decoroso e carico di stile, senza soffermarci con la stessa enfasi sulla colonna sonora.
Al di là della sua funzione primaria, cioè divertire, a questo potrebbe servire Rayman Origins: da perfetto esempio di come la cura per ogni singolo aspetto, concorra alla creazione di un capolavoro videoludico.
Questo lungo preambolo serve unicamente per meglio introdurvi al vero cardine dell’esperienza: la perfetta armonia tra le varie parti costituenti, che pur si presentano all’utente in tutta la loro multilinearità. Per fare un paragone più comprensibile, si potrebbe parlare di un meraviglioso dipinto, ottenuto dalla sovrapposizione di numerosi altri sistemati in parallasse, ognuno comunque dotato di un senso estetico proprio. E’ difficile parlare di un singolo ambito senza tirarne in ballo un altro, segno dello straordinario lavoro artistico e di gameplay su cui si sviluppa il gioco.
E’ ora di rompere gli indugi tuttavia: da qualche parte dovremo pur iniziare.
A fronte di un trama praticamente inesistente e di per sé ignorabile, Ubisoft ci propone un platform 2D classico nell’impostazione e nel sistema di controllo. Dopo aver selezionato il livello dalla mappa principale, ci si ritrova a dover saltare di piattaforma in piattaforma, avendo cura di eliminare qualche malintenzionato lungo il percorso, al solo fine di trovare le gabbie che tengono prigionieri gli Electoons. Queste simpatiche e rosee creature sono le uniche che permettono all’impavido Rayman di raggiungere nuovi mondi: più se ne raccoglieranno, più stage sbloccherete. Una funzione simile la svolgono i Lum, sottospecie di lucciole paragonabili alle monete di Super Mario: alla fine di ciascun schema verrete diversamente premiati in base a quanti ne riuscirete a catturare.
Queste due diverse razze di collezionabili vi spingeranno a testare i limiti del level design e del sistema di controllo. Le gabbie degli Electoons, se si esclude quella facilmente reperibile che conclude il livello, vi spingeranno a esplorare ogni scenario con estrema attenzione, attenti a scovare qualche liana o respingente che vi faccia raggiungere zone ritenute inesistenti un attimo prima. Dal canto loro i Lum vi costringeranno a concitate, precise e gustose combinazioni di salti, scivolate e rimbalzi sui muri. La loro disposizione nei livelli non sarà mai casuale: sarete spinti a seguire una traiettoria ben definita, previa una breve fase di studio e progettazione. Questo sforzo, d’abilità e cognitivo, non sarà mai vano: ben al di là degli extra che sbloccherete livello dopo livello, si prova un piacere quasi sensuale nel vedere Rayman compiere acrobazie inimmaginabili, restituendovi un senso di leggerezza e fluidità impareggiabile.
Il merito va anche al sistema di controllo: preciso e a suo agio tra i pulsanti e croce direzionale, sebbene sia possibile utilizzare anche lo stick sinistro per muovere l’avatar, scelta comunque meno affidabile e consigliabile. La risposta ai comandi impartiti è ineccepibile, mentre il control scheme, viste le sue dimensioni contenute, si apprende nel giro di qualche secondo. Basta poco del resto: un pulsante per saltare, uno per l’attacco e il dorsale destro per correre più velocemente. Debolmente tirato in ballo anche il touch-screen, chiamato a infondere il minimo sindacale di novità in questo porting: alcuni collezionabili, come i Lum contenuti nelle bolle, andranno scovati e raccolti tramite un preciso tocco. Non è un tipo di interazione particolarmente efficace, né viene sfruttato intensivamente, ma non è affatto disprezzabile come tentativo di variare debolmente il gameplay.
Al di là della sua funzione primaria, cioè divertire, a questo potrebbe servire Rayman Origins: da perfetto esempio di come la cura per ogni singolo aspetto, concorra alla creazione di un capolavoro videoludico.
Questo lungo preambolo serve unicamente per meglio introdurvi al vero cardine dell’esperienza: la perfetta armonia tra le varie parti costituenti, che pur si presentano all’utente in tutta la loro multilinearità. Per fare un paragone più comprensibile, si potrebbe parlare di un meraviglioso dipinto, ottenuto dalla sovrapposizione di numerosi altri sistemati in parallasse, ognuno comunque dotato di un senso estetico proprio. E’ difficile parlare di un singolo ambito senza tirarne in ballo un altro, segno dello straordinario lavoro artistico e di gameplay su cui si sviluppa il gioco.
E’ ora di rompere gli indugi tuttavia: da qualche parte dovremo pur iniziare.
A fronte di un trama praticamente inesistente e di per sé ignorabile, Ubisoft ci propone un platform 2D classico nell’impostazione e nel sistema di controllo. Dopo aver selezionato il livello dalla mappa principale, ci si ritrova a dover saltare di piattaforma in piattaforma, avendo cura di eliminare qualche malintenzionato lungo il percorso, al solo fine di trovare le gabbie che tengono prigionieri gli Electoons. Queste simpatiche e rosee creature sono le uniche che permettono all’impavido Rayman di raggiungere nuovi mondi: più se ne raccoglieranno, più stage sbloccherete. Una funzione simile la svolgono i Lum, sottospecie di lucciole paragonabili alle monete di Super Mario: alla fine di ciascun schema verrete diversamente premiati in base a quanti ne riuscirete a catturare.
Queste due diverse razze di collezionabili vi spingeranno a testare i limiti del level design e del sistema di controllo. Le gabbie degli Electoons, se si esclude quella facilmente reperibile che conclude il livello, vi spingeranno a esplorare ogni scenario con estrema attenzione, attenti a scovare qualche liana o respingente che vi faccia raggiungere zone ritenute inesistenti un attimo prima. Dal canto loro i Lum vi costringeranno a concitate, precise e gustose combinazioni di salti, scivolate e rimbalzi sui muri. La loro disposizione nei livelli non sarà mai casuale: sarete spinti a seguire una traiettoria ben definita, previa una breve fase di studio e progettazione. Questo sforzo, d’abilità e cognitivo, non sarà mai vano: ben al di là degli extra che sbloccherete livello dopo livello, si prova un piacere quasi sensuale nel vedere Rayman compiere acrobazie inimmaginabili, restituendovi un senso di leggerezza e fluidità impareggiabile.
Il merito va anche al sistema di controllo: preciso e a suo agio tra i pulsanti e croce direzionale, sebbene sia possibile utilizzare anche lo stick sinistro per muovere l’avatar, scelta comunque meno affidabile e consigliabile. La risposta ai comandi impartiti è ineccepibile, mentre il control scheme, viste le sue dimensioni contenute, si apprende nel giro di qualche secondo. Basta poco del resto: un pulsante per saltare, uno per l’attacco e il dorsale destro per correre più velocemente. Debolmente tirato in ballo anche il touch-screen, chiamato a infondere il minimo sindacale di novità in questo porting: alcuni collezionabili, come i Lum contenuti nelle bolle, andranno scovati e raccolti tramite un preciso tocco. Non è un tipo di interazione particolarmente efficace, né viene sfruttato intensivamente, ma non è affatto disprezzabile come tentativo di variare debolmente il gameplay.
IL PLATFORM DELLA VITA
Come largamente anticipato tuttavia, Rayman Orgins lascia scorgere il meglio di sé quando si allarga il campo d’indagine e lo si analizza nella globalità delle sue parti costituenti. Si fatica a parlare di level design senza commentare contemporaneamente lo splendido comparto grafico e, soprattutto, quello sonoro. La simbiosi, la fusione raggiunta è semplicemente perfetta e il piacere estetizzante, di tipo ludico e sensitivo, è tale che potrebbe perfino spingervi a una sincera e inspiegabile commozione.
Il piccolo schermo OLED della PS Vita e un buon paio di cuffie diventano gli strumenti ideali per lasciarsi andare a un vortice di emozioni che non ha bisogno di lunghe sceneggiature, né di inappuntabili doppiaggi per esplodere nel cuore e nella psiche dell’utente.
Mentre le dita si muovono con una sicurezza sempre maggiore, Rayman esplora ambientazioni vive, pulsanti, vibranti. I colori, accesi e luminosi, rendono il display della PS Vita uno spettacolo difficilmente descrivibile. Al puro splendore artistico, ben supportato da un impianto tecnologico che non lascia nulla al caso tra animazioni perfette e una fluidità incapace di conoscere rallentamenti, fa eco una varietà assolutamente soddisfacente. Si alternano con perfetta armonia giungle generose di corsi d’acqua e cieli azzurri, infernali e avventurose cucine, fucine naturali di nemici e trappole, e desertiche lande aborigene ricche di sabbia e spartiti musicali. E’ una continua sorpresa, un continuo e interrotto spettacolo estetizzante, supportato da altrettanta ricchezza musicale. Si va dal country, ai ritmi tribali, passando per improbabili e festosi cori subacquei. La quantità di strumenti tirati in ballo è esorbitante: fiati, percussioni e archi concorrono a un (ri)arrangiamento dinamico e interattivo. Corredo su un tamburo, si arricchisce momentaneamente la colonna sonora. Un ignaro nemico irradia l’ambientazione di una breve e piacevole sviolinata. Atterrando su una collinetta, uno stormo di farfalle si libra in aria lasciando dietro di sé un debole suono di flauto. Non esistono effetti sonori in Rayman Origins: tutto è fonte di suoni che si fondono indissolubilmente alla colonna sonora per uno spettacolo globale che poco ha da invidiare a componimenti ben più blasonati.
Restare ammaliati, attoniti e increduli di fronte a un simile scenario è un attimo. Eppure è impossibile fermarsi a guardare, continuamente incalzati da un level design che, incoraggiato da una tale ricchezza artistica, è tra i più vari mai visti. Se abbiamo già avuto modo di analizzare come Electoons e Lum concorrono a declinare la conformazione di ogni livello, allargando ancora una volta il campo d’indagine, si notano perenni variazioni sul tema che ubriacano l’utente in una marea di varietà ludica. Non ci riferiamo tanto all’introduzione di semplici elementi di contorno come respingenti, bocche d’aria e nemici capaci di fungere da liet-motiv per un paio di ambientazioni. Innanzi tutto Rayman nel corso dell’avventura conquisterà progressivamente nuovi poteri. Ad esempio nel secondo mondo otterrete la capacità di sorvolare, caratteristica che condiziona il level design dei successivi stage e costringe l’utente a riconsiderare e esplorare nuovamente quelli già affrontati. Secondariamente va commentata la presenza di due tipi di livelli che seguono logiche diverse da quelle solite. I primi vi vedranno impegnati a inseguire un forziere che, munito di gambe, farà di tutto per sfuggirvi. Dovrete così contare su riflessi prontissimi e capacità cognitive sopra la media per sfruttare a vostro vantaggio ogni elemento dello scenario che vi permetta di sfuggire alle trappole e avvicinarvi al fuggitivo. Il secondo tipo riguarda invece parte dei boss fight presenti. Lontani dalle meccaniche platform, a bordo di rachitiche zanzare vi ritroverete ad affrontare sezioni di sparatutto bidimensionali a scorrimento. Il level design in quest’ambito mostra il fianco a qualche debole critica, ma vista la ventata di varietà di cui sono portatori e la relativa brevità non è un difetto che si fa sentire più di tanto.
Tirando le somme, Rayman Origins è uno spettacolo da vedere, sentire e giocare. I picchi qualitativi raggiunti sono tali da ricordare i fasti di Yoshi’s Island, mentre si è costretti a rivedere in ribasso le quotazioni dei pur splendidi e più contemporanei Super Mario Bros. Wii e Donkey Kong Country Returns.
Considerando il titolo come un porting, va denunciata l’assenza del multiplayer rispetto all’originale. Croce e delizia della versione per home console, è stata rimpiazzata da una modalità ghost: né più né meno un time attack dove potrete sfidare i fantasmi inseriti dagli sviluppatori o scaricati tramite la funzione Near. Altra caratteristica che merita di essere commentata in questo senso è la portabilità del prodotto. A fronte dell’esistenza della versione casalinga, chi non ha ancora avuto il piacere avrà almeno un buon motivo per optare per l’acquisto di questa versione: nonostante rimanga vero che Rayman Origins su un schermo HD è uno spettacolo incredibile, i ristretti tempi di caricamento e i molteplici checkpoint presenti in ogni livello, rendono il titolo ideale per essere fruito in un contesto portatile.
Prima di concludere una piccola nota sulla longevità. I livelli presenti sono circa una sessantina e tentare di sbloccare tutti i personaggi e gli extra presenti vi richiederà molto tempo e dedizione. E’ vero che la mancanza del multiplayer accorcerà di un poco la permanenza della scheda del gioco all’interno della console, ma è un fattore comunque incapace di metterne in dubbio l’acquisto o meno.
Il piccolo schermo OLED della PS Vita e un buon paio di cuffie diventano gli strumenti ideali per lasciarsi andare a un vortice di emozioni che non ha bisogno di lunghe sceneggiature, né di inappuntabili doppiaggi per esplodere nel cuore e nella psiche dell’utente.
Mentre le dita si muovono con una sicurezza sempre maggiore, Rayman esplora ambientazioni vive, pulsanti, vibranti. I colori, accesi e luminosi, rendono il display della PS Vita uno spettacolo difficilmente descrivibile. Al puro splendore artistico, ben supportato da un impianto tecnologico che non lascia nulla al caso tra animazioni perfette e una fluidità incapace di conoscere rallentamenti, fa eco una varietà assolutamente soddisfacente. Si alternano con perfetta armonia giungle generose di corsi d’acqua e cieli azzurri, infernali e avventurose cucine, fucine naturali di nemici e trappole, e desertiche lande aborigene ricche di sabbia e spartiti musicali. E’ una continua sorpresa, un continuo e interrotto spettacolo estetizzante, supportato da altrettanta ricchezza musicale. Si va dal country, ai ritmi tribali, passando per improbabili e festosi cori subacquei. La quantità di strumenti tirati in ballo è esorbitante: fiati, percussioni e archi concorrono a un (ri)arrangiamento dinamico e interattivo. Corredo su un tamburo, si arricchisce momentaneamente la colonna sonora. Un ignaro nemico irradia l’ambientazione di una breve e piacevole sviolinata. Atterrando su una collinetta, uno stormo di farfalle si libra in aria lasciando dietro di sé un debole suono di flauto. Non esistono effetti sonori in Rayman Origins: tutto è fonte di suoni che si fondono indissolubilmente alla colonna sonora per uno spettacolo globale che poco ha da invidiare a componimenti ben più blasonati.
Restare ammaliati, attoniti e increduli di fronte a un simile scenario è un attimo. Eppure è impossibile fermarsi a guardare, continuamente incalzati da un level design che, incoraggiato da una tale ricchezza artistica, è tra i più vari mai visti. Se abbiamo già avuto modo di analizzare come Electoons e Lum concorrono a declinare la conformazione di ogni livello, allargando ancora una volta il campo d’indagine, si notano perenni variazioni sul tema che ubriacano l’utente in una marea di varietà ludica. Non ci riferiamo tanto all’introduzione di semplici elementi di contorno come respingenti, bocche d’aria e nemici capaci di fungere da liet-motiv per un paio di ambientazioni. Innanzi tutto Rayman nel corso dell’avventura conquisterà progressivamente nuovi poteri. Ad esempio nel secondo mondo otterrete la capacità di sorvolare, caratteristica che condiziona il level design dei successivi stage e costringe l’utente a riconsiderare e esplorare nuovamente quelli già affrontati. Secondariamente va commentata la presenza di due tipi di livelli che seguono logiche diverse da quelle solite. I primi vi vedranno impegnati a inseguire un forziere che, munito di gambe, farà di tutto per sfuggirvi. Dovrete così contare su riflessi prontissimi e capacità cognitive sopra la media per sfruttare a vostro vantaggio ogni elemento dello scenario che vi permetta di sfuggire alle trappole e avvicinarvi al fuggitivo. Il secondo tipo riguarda invece parte dei boss fight presenti. Lontani dalle meccaniche platform, a bordo di rachitiche zanzare vi ritroverete ad affrontare sezioni di sparatutto bidimensionali a scorrimento. Il level design in quest’ambito mostra il fianco a qualche debole critica, ma vista la ventata di varietà di cui sono portatori e la relativa brevità non è un difetto che si fa sentire più di tanto.
Tirando le somme, Rayman Origins è uno spettacolo da vedere, sentire e giocare. I picchi qualitativi raggiunti sono tali da ricordare i fasti di Yoshi’s Island, mentre si è costretti a rivedere in ribasso le quotazioni dei pur splendidi e più contemporanei Super Mario Bros. Wii e Donkey Kong Country Returns.
Considerando il titolo come un porting, va denunciata l’assenza del multiplayer rispetto all’originale. Croce e delizia della versione per home console, è stata rimpiazzata da una modalità ghost: né più né meno un time attack dove potrete sfidare i fantasmi inseriti dagli sviluppatori o scaricati tramite la funzione Near. Altra caratteristica che merita di essere commentata in questo senso è la portabilità del prodotto. A fronte dell’esistenza della versione casalinga, chi non ha ancora avuto il piacere avrà almeno un buon motivo per optare per l’acquisto di questa versione: nonostante rimanga vero che Rayman Origins su un schermo HD è uno spettacolo incredibile, i ristretti tempi di caricamento e i molteplici checkpoint presenti in ogni livello, rendono il titolo ideale per essere fruito in un contesto portatile.
Prima di concludere una piccola nota sulla longevità. I livelli presenti sono circa una sessantina e tentare di sbloccare tutti i personaggi e gli extra presenti vi richiederà molto tempo e dedizione. E’ vero che la mancanza del multiplayer accorcerà di un poco la permanenza della scheda del gioco all’interno della console, ma è un fattore comunque incapace di metterne in dubbio l’acquisto o meno.
grafica: 8,0
giocabilità: 8,3
presentazione: 8,5
VOTO GLOBALE: 8,2
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