Narrativamente parlando quella di DmC: Devil May Cry è una vicenda senza troppe pretese. Nella realtà in cui vive il nuovo Dante i demoni controllano la società attraverso la tirannia incontrastata di Mundus (il fratello di Sparda), reincarnatosi nel multimiliardario Kyle Ryder. Il dev team ha fatto un discreto lavoro nell'attualizzare e contestualizzare il più possibile la vicenda: il magnate, infatti, gestisce la Raptor News Corp, controllando l'intera rete informativa e plagiando così le deboli menti umane, completamente sottomesse al suo volere. Detiene inoltre il controllo del debito mondiale, nonché il brevetto della bevanda più venduta - la Virility. Grazie a quest'intruglio, pubblicizzato come bevanda energetica in grado di favorire il dimagrimento ed aumentare le prestazioni sessuali, Mundus ha ancor più facile accesso alla psiche umana, indebolita da una particolare sostanza contenuta nella bevanda stessa. Un dominio totale, minacciato solamente da una figura: Dante. Essendo un Nephilim, incrocio tra un demone ed un angelo, il nostro "eroe" è l'unico, guarda caso, ad avere le capacità per sconfiggere Mundus, che dopo aver fatto uccidere la madre ed esiliare il padre è alla sua continua ricerca.
All'oscuro di tutto per un'amnesia indotta, un lascivo Dante sarà spronato alla vendetta da Vergil, suo fratello gemello, e Kat, una fanciulla con un passato di violenza. Entrambi sono membri dell'Ordine - un'organizzazione clandestina nata come ultimo baluardo nella resistenza contro i demoni. Dopo una partenza non molto convinta, ed una volta recuperati i suoi ricordi originali, il nostro deciderà di unirsi alla causa, dando così il via all'avventura vera e propria.
Pur concedendosi qualche esagerazione, per quanto ricco di cliché e sempre abbastanza scontato, il plot appare leggero e mediamente godibile dall'inizio alla fine, come si conviene ad una produzione affatto incentrata sull'aspetto narrativo. A non convincere appieno è invece il charachter design, sin troppo stereotipato anche per i canoni di un action game esclusivamente votato al massacro. La star principale ha perso la sua verve tenebrosa, mantenendo tutte le caratteristiche da sbruffone che lo hanno sempre caratterizzato ma declinandole in questo caso in "salsa moderna". Quello presentatoci da Ninja Theory è infatti poco più che un ragazzino dalla parolaccia facile che si atteggia da "duro": un mix a volte divertente e probabilmente adatto ad attirare il pubblico attuale. All'occhio del videoplayer più navigato, tuttavia, i continui improperi e le scontate battutine a sfondo sessuale risultano più che altro un fastidioso sintomo di uno studio poco approfondito della psicologia del personaggio: aspetto che si riflette anche sul cast d'accompagnamento. Poco più chemacchiette, gli altri componenti del cast non donano spessore alla vicenda, anche se, assieme all'eroe principale, dimostrano un buon piglio attoriale aiutato da un buonissimo doppiaggio in Italiano. Un peccato insomma non emergano le doti di Ninja Theory (ricordiamo Heavenly Sword) per caratterizzare almeno un nemico coi fiocchi, limitandosi al necessario per uno storytelling chiaramente collaterale ma che avrebbe sicuramente potuto fare di più.
Teniamo a ribadire, prima di proseguire, che quella di DmC è comunque una vicenda piacevole, soprattutto quando una volta finito il gioco ci accorgeremo di come il risultato s'incastri con quanto già sappiamo di Dante & Co., andando proprio per questo a caratterizzare una sorta di prequel.
Al di là di un aspetto narrativo claudicante, a questoDmC: Devil May Cry ben poco altro si può imputare, soprattutto analizzandone gameplay e struttura. Il gioco presenta un andamento piuttosto lineare, caratterizzato da una progressione lungo venti livelli (per poco più di dieci ore di gioco) sostanzialmente chiusi e non sempre perfettamente collegati tra loro. Nulla di diverso dai classici Devil May Cry, in ogni caso, dai quali DmC recupera anche l'ossatura di base del gameplay, fondata sull'abbattimento veloce e "stiloso" dei nemici. A farci compagnia il solito sistema di valutazione delle combinazioni, in grado di determinare un punteggio in seguito alle nostre performance in ogni area. Ed è proprio nel combat system e quanto ruota attorno ad esso che la produzione Ninja Theory mostra i muscoli, dando senza ombra di dubbio il meglio di sé.
Ad affiancare la Rebellion (la spada di Dante) ed Ebony&Ivory (le fidate pistole) ci saranno ben altre quattro armi per il combattimento ravvicinato e due bocche da fuoco. L'armamentario sarà suddiviso in due distinte tipologie: le armi angeliche, più rapide a scapito del danno e capaci di accumulare le anime dei nemici per potenziare momentaneamente i colpi, e le armi demoniache, dal ritmo d'attacco molto più blando ma dal potere devastante. Dapprima otterremo Arbiter -una possente ascia- ed Osiris, una longilinea falce; in seguito i robusti guantoni infuocati Eryx e le doppie lame circolari Aquila. Le combo di base per ogni arma si eseguono sempre con un singolo pulsante, che va premuto con il giusto tempismo, con pause cadenzate al giusto momento. Non manca poi l'attacco verticale, che permette di scagliare in aria i nemici, ed eventualmente seguirli per dedicarsi a qualche attacco aereo.
Ma il risultato migliore del sistema di combattimento è la fluidità con la quale tutti gli attacchi si combinano tra loro e la sua generale duttilità. Se la Rebellion resta l'arma principale, i tasti dorsali permettono di passare rispettivamente all'arma angelica o demoniaca, mentre un rapido tocco sul D-Pad è in grado addirittura di cambiare in corsa l'arma equipaggiata.
Un sistema del genere funziona a meraviglia, lasciando il giocatore libero di sperimentare le combinazioni più ardite. Ma Ninja Theory non si ferma qui, ed anzi aggiunge un ulteriore elemento distintivo: armi demoniache ed angeliche potranno essere istantaneamente tramutate in una sorta di arpione, in grado di attirare il nemico verso Dante o viceversa. Diventa così fondamentale gestire il posizionamento del protagonista rispetto ai nemici. Assalito da ogni parte, Dante schizza da un avversario all'altro, oppure allontana un nemico dal gruppo, muovendosi rapidamente senza interrompere il flusso di colpi.
Per avere un'idea dell'enorme grado di libertà concesso ai giocatori più spericolati, basta vedere le incredibili evoluzioni proposte nelle schermate di caricamento.
Ovviamente DmC non si nega la gioia di una progressione interna: la necessità di guadagnare punti esperienza eseguendo manovre sempre più ardue per sbloccarne altre, nonché l'ottenimento graduale della dotazione, sono il sale del circolo virtuoso messo in piedi da Ninja Theory.
Al tutto si aggiunge ovviamente il Devil Trigger, abilità speciale che, riempita l'apposita barra, scatenerà in Dante il vero potere del Nephilim, rallentando il tempo e potenziando pesantemente ogni attacco.
Alla profondità del combat system fa da controcanto un'ottima varietà di nemici, fra demoni da sconfiggere solo con armi angeliche, Arpie volanti o terribili Colossi: le caratteristiche di ogni avversario sono pensate per mettere alla prova il giocatore, spronandolo ad usare tutte le possibilità d'attacco e di difesa (persino delle counter da eseguire con perfetto tempismo). Dal punto di vista del gameplay, insomma, DmC soffre in ultima analisi di soli due difetti. Il primo consiste nell'assenza di un sistema di lock on, che in certi casi si fa sentire per via di un direzionamento degli attacchi non sempre facile da gestire, a cui si aggiunge la gestione della telecamera completamente in mano al videoplayer, non del tutto funzionale soprattutto nelle sessioni più concitate, dove non di rado capiterà di perdere di vista il nemico. Il secondo difetto è legato ai ritmi dell'avventura, che lascia in molti casi poco respiro all'azione. Come vedremo, l'alternanza costante fra fasi action e sequenze "esplorative" spezza un po' le gambe al combattimento, e almeno per i primi tre livelli di difficoltà sarà raro trovare sezioni estese, con molti nemici ad affrontare Dante: non semplice, quindi, esibirsi in combo molto lunghe e trarre ampia soddisfazione.
Questo aspetto è fortunatamente contrastato dalle Missioni Speciali, particolari prove d'abilità da scovare nei livelli, che ci metteranno da subito di fronte a sfide ben più toste. In questi frangenti dovremo dimostrare davvero tutte le nostre abilità, e come sanno i fan fan di vecchia data superare queste prove rappresenta davvero una sfida ardua e impegnativa.
In secondo luogo vanno citati i cambiamenti che sperimenteremo una volta sbloccato il primo livello di difficoltà "speciale". Come si conviene a giochi di questo tipo, e a Devil May Cry in particolare, il completamento di una singola "rush" sarà solo l'inizio della sfida: il riscaldamento. Già dal secondo playtrough, magari a livello di difficoltà Figlio di Sparda, noteremo la presenza sin dai primi livelli delle creature più potenti viste solo in seguito; i normali nemici, così come i boss (purtroppo solo quattro) otterranno anche nuovi pattern d'attacco e molto più vigore. Insomma DmC diventa ben più appagante quando lo si gioca per la seconda volta e anche oltre. Particolarmente efficace nel caso delle Boss Fight, il meccanismo vedrà trasformate quelle che prima potevano essere delle battaglie abbastanza facili e spesso anche scontate in veri e propri incubi dai quali non vedremo l'ora di fuggire. E se in questo caso diventerà indispensabile un oculato sfruttamento degli oggetti curativi acquistabili al negozio tramite classiche orb rosse, non vogliamo nemmeno immaginare quale possa essere il livello di sfida di "Inferno ed Inferno", modalità nella quale Dante morirà con un solo colpo mentre i nemici presenteranno la normale quantità di salute. Una follia sbloccabile al quinto playtrough, che farà felici i fan più sfegatati, soprattutto se consideriamo che morti ed oggetti andranno a penalizzare pesantemente il punteggio di ciascuna missione. Alla luce di quanto detto, dunque, non si preoccupino affatto i titubanti: i combattimenti, in DmC: Devil May Cry, sono un vero e proprio spettacolo, con una carica in un certo senso innovativa ed una profondità che non si vedevano da diverso tempo.
Il titolo Ninja Theory non si basa solo sul combattimento, per quanto questo sia indubbiamente la sua caratteristica principale e più riuscita. A spezzare l'azione movimentate fasi platform che sfruttano in maniera piuttosto efficace il dualismo di armi angeliche e demoniache. L'arpione blu consentirà al nostro eroe di utilizzare gli appigli a mezz'aria per superare ampi burroni o scalare pareti impossibili. Quello rosso convoglierà la sua forza non comune, permettendogli di scardinare passaggi, o attirare letteralmente a se piattaforme mobili. Un sistema sulle prime molto coreografico e spettacolare, che si rivelerà però lievemente ripetitivo poco dopo averne interiorizzato i meccanismi. Le fasi platform, azzoppate da un comparto animazioni molto complesso e per questo spesso privo della precisione necessaria al balzo millimetrico, si riveleranno ben presto poco più che un riempitivo: noiosette sul lungo periodo e non troppo stimolanti (se non a livello puramente scenico) a breve termine. Una fase della quale avremo insomma potuto fare a meno, estremizzando un po', magari per far spazio ad una più accurata caratterizzazione a livello narrativo.
Diverso il discorso sul backtracking. Recuperando nuove armi nel corso dell'avventura, potremo ritornare sui nostri passi (rigorosamente tramite i menù di fine livello) ed aprire l'accesso ad aree prima proibite, caratterizzate spesso da porte del colore dell'arma necessaria ad aprirle. Tra rampicanti da sfoltire ed assi di legno da distruggere ci troveremo in men che non si dica a raccogliere Anime Perdute e Chiavi di Rame, d'Argento ed Oro. Queste ultime, in particolare, saranno necessarie all'apertura di particolari e ben nascoste porte, situate pressoché in ogni livello (per un totale di 25): al loro interno le già citate Missioni Speciali, incarichi particolari in grado di mettere in difficoltà anche il giocatore più navigato. Ci troveremo ad esempio a dover resistere per qualche minuto tra ondate di nemici, consci del costante calo della barra della salute, rimpinguabile solo a forza di uccisioni. Oppure a dover distruggere una serie di nemici in un certo intervallo di tempo, con la possibilità di danneggiarli solo in aree predefinite dell'arena. O ancora ad affrontare una sessione platform particolarmente intricata in un determinato intervallo di tempo. Sfide estreme, dalla difficoltà rapportata al valore del metallo e, naturalmente, alla ricompensa. Superarle darà accesso ai frammenti necessari per aumentare permanentemente la barra della salute o delDevil Trigger, o ad oggetti particolarmente utili per sopravvivere. Imperdibili per gli appassionati.
Dal punto di vista visivo DmC: Devil May Cry è uno tra i videogame più spettacolari ci sia capitato di osservare negli ultimi mesi. Lo stile tipico di Ninja Theory, esagerato ed ossuto, si fa vedere in colori particolarmente sgargianti e nella quantità impressionante di elementi in movimento. Particolarmente ben riuscita la realizzazione del Limbo, mondo parallelo al nostro in cui vivono le creature demoniache che Dante si troverà ad affrontare. Spettacolari trasformazioni ed un visual design molto creativo caratterizzeranno questa realtà malata, dipinta con una palette cromatica ancora più spinta e rivoluzionata nel level design delle aree. Rimanendo in tema, tuttavia, dobbiamo sottolineare come, sebbene dal punto di vista visivo questo design appaia di ottimo livello, osservandolo in termini funzionali appaia un po' troppo lineare. Per il resto le idee del dev team risultano vincenti, soprattutto grazie alle trasformazioni in movimento, quasi come lo scenario tentasse di inghiottire o semplicemente ostacolare Dante, ed allo stile generalmente molto ricercato di ogni più piccolo aspetto, come ad esempio le minacce al protagonista "stampate" direttamente sullo scenario. Buonissimo anche il comparto d'effettistica, capace di sottolineare efficacemente le fasi più concitate o d'esaltare l'attivazione del Devil Trigger.
A conti fatti, però, si tratta pur sempre del sovrasfruttato Unreal Engine 3, ottimizzato in qualche caso non alla perfezione (si vedano delle modellazioni facciali abbastanza semplicistiche). A pagarne in particolare le conseguenze un frame rate ancorato ai 30fps (contro i 60 di un Ninja Gaiden 2) ed uno spaventoso crollo del dettaglio in alcuni frangenti. Caricamenti delle texture e bug visivi piuttosto imbarazzanti durante le cut scene sono l'evidente scotto da pagare quando, nel corso delle missioni e dei combattimenti, il dettaglio grafico appare generalmente molto alto. Ad ovviare a queste mancanze la già citata componente artistica, curata (a tratti) in maniera a dir poco maniacale. A livello stilistico, lo vogliamo ribadire, DmC: Devil May Cry non ha assolutamente nulla da temere; anzi, può solo insegnare alla concorrenza.
A livello sonoro si registrano soprattutto tracce acid rock ed heavy metal piuttosto spinte, che incontreranno probabilmente i gusti dei giocatori più inclini ad uno stile esagerato e aggressivo. Da non sottovalutare infine un doppiaggio italiano ben caratterizzato, con attori presi di peso dal recente Far Cry 3 che ben si sono adattati anche a questo ruolo. Un lip-sync tutt'altro che perfetto e la superiore qualità del doppiaggio originale, in ogni caso, non fanno gridare al miracolo per un'operazione che oramai dovrebbe essere lo standard.
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Storia: 8,0
Grafica: 8,3
Giocabilità: 8,8
Presentazione: 8,8
VOTO GLOBALE: 8,5
Storia: 8,0
Grafica: 8,3
Giocabilità: 8,8
Presentazione: 8,8
VOTO GLOBALE: 8,5
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