mercoledì 31 ottobre 2012

ASSASSIN'S CREED III: RECENSIONE








Questa generazione videoludica è cominciata con Assassin's Creed.
Per ciò che ha simboleggiato storicamente, il primo episodio della serie Ubisoft resta un vero e proprio "manifesto" del videogioco contemporaneo. L'esaltazione smodata del colpo d'occhio, la meraviglia quasi poetica della tecnica e dello stile, e la gloria di un impatto visivo che superava di gran lunga la sostanza del prodotto, sono aspetti che non si faticano a riconoscere in moltissimi dei Blockbuster che si affollano sugli scaffali. C'era al contempo un rapporto tutto particolare fra narrazione e contesto: Assassin's Creed proponeva una storia appassionante, ben scritta, che mescolava antico e moderno moltiplicando i livelli di lettura; ma anche un mondo di gioco dai contorni ben noti al grande pubblico (crociate e templari, Damasco e Gerusalemme), che potesse però essere esplorato più in profondità dai curiosi. Insomma: Assassin's Creed è stato il primo titolo che ha fatto propri i valori del postmodernismo, fagocitando il futuribile e l'antico, e costruendo fascinazioni visive e narrative sulla base di un interminabile apparato di sottotesti (fonti storiche, trattati, studi architettonici).
Con il passare degli anni e dopo un esordio non troppo felice dal punto di vista della ricezione di critica e pubblico, la serie si è poi adagiata su una logica di genere un po' più stringente. Senza mai perdere, fortunatamente, questa sua capacità di essere una saga spiccatamente "popolare" ma di altissima qualità.
Adesso, dopo che la storia di Ezio è stata tirata un po' troppo per le lunghe, questa generazione è pronta a finire con Assassin's Creed 3.
Il nuovo capitolo del brand arriva con il suo passo tonante a sconvolgere le classifiche di vendita pre-natalizie, accompagnato dall'ammissione degli sviluppatori che questo titolo terminerà il ciclo narrativo avviato da Desmond e Altair. Un cerchio che si chiude, insomma, mentre il mercato si prepara ad altri terremoti e già le avanguardie del nuovo si affacciano dalle piattaforme del Digital Delivery.
Una visione un po' millenarista, direte voi. Ma giocando ad Assassin's Creed è proprio questa la sensazione che abbiamo avuto: di una saga che, giunta alla fine del suo primo ciclo vitale (siamo ovviamente sicuri che risorgerà), si presenta sulla scena con il suo abito migliore, decisa a portare avanti la sua visione, presentando qualche cambiamento ma senza sconfessare un'eredità ancora golosa per i videoplayer. Niente rivoluzioni, insomma, ma opportune "riforme", fra cui persino la riscoperta di una componente integralmente Free Roaming, legata ad un'esplorazione finalmente libera, senza le costrizioni di sub quest e compiti secondari.
Probabilmente in molti si sarebbero aspettati qualcosa di più: un taglio netto con la "trilogia interna" di Ezio, magari anche dal punto di vista delle dinamiche di combattimento. Dovranno "accontentarsi" invece di una potente riscrittura complessiva, che mescola elementi vecchi e nuovi, intrecciando coraggio e conservatorismo. Quello che ne esce -e non poteva essere altrimenti- è un prodotto di dimensioni ciclopiche, appassionante e avvolgente, che saluta alla sua maniera i fan storici.

La trama di Assassin's Creed 3 riparte con Desmond, nuovamente connesso all'Animus per rivivere le gesta dei suoi antenati, alla ricerca di una soluzione per salvare il mondo. La venetica radiazione solare pronta ad annichilire la vita sulla terra è stata già affrontata dai precursori, ed i loro artefatti, contesi nel corso dei secoli da Templari e Assassini, rappresentano l'unica speranza di affrontare l'olocausto. In questo capitolo al personaggio di Desmond ed alle sue gesta è dato finalmente molto più spazio, così nonostante il titolo segua per la maggior parte del tempo il già famoso Connor, l'utente è spinto a proseguire anche dalla curiosità di sapere cosa succede nel nostro tempo, grazie a sequenze giocate ben più originali e intriganti rispetto a quelle del secondo capitolo. Sarà proprio Desmond a chiudere il sipario su Assassin's Creed 3, con un finale forse un po' frettoloso ma coraggiosissimo, che scalpita addirittura per trasmettere un messaggio universale sull'indole dell'uomo.
Ma ovviamente la trama di Assassin's Creed 3 segue principalmente le gesta e la vita di Connor, un meticcio con i tratti degli indiani e la pelle schiarita dai geni dei conquistatori, che si trova al centro della lotta fra Templari ed Assassini nel corso della guerra d'indipendenza Americana. L'attenzione per la trama appare fin da subito importante: il plot non lesina colpi di scena notevoli, e proprio la lunghissima sequenza introduttiva resterà impressa nel cuore dei giocatori per lungo tempo.


La storia segue il percorso di Connor fin dagli albori, raccontandoci dei suoi giochi di ragazzo e del tormento della sua gente, e poi dei lunghi anni d'addestramento che lo trasformano in un vero e proprio Assassino. Da qui la trama procede in maniera un po' più lineare, mentre bersaglio dopo bersaglio il compito di Connor è quello di eliminare i membri dell'Ordine dei Templari che cospirano per avere il controllo sulla nazione. Non mancano fortunatamente sequenze dal forte impatto emotivo, scene sinceramente memorabili, costruite ad arte anche grazie all'ottima caratterizzazione dei personaggi. Assassin's Creed 3 si prende insomma il tempo che gli serve per presentarci protagonisti dal carattere mutevole, che si intrecciano in una complessa rete di rapporti e vivono cercando di difendere il loro credo. Saranno proprio le personalità di questa lunga epopea a rendere il plot ben ritmato e sempre pronto a riservare qualche colpo al cuore. Il ritorno dei dialoghi surreali fra l'assassino e la sua preda morente, finalmente più vicini a quelli del primo capitolo che al fugace "Requiescat in Pace" di Ezio, permette di approfondire quelle che sono le ragioni dei Templari, indagando più a fondo il punto di vista dei seguaci dell'Ordine. L'inaspettata vicinanza fra gli intendi degli Assassini e quelli dei Templari sarà alla base di alcuni momenti amarissimi, che come un colpo di ghigliottina caleranno impietosi sulle buone intenzioni di Connor e del giocatore.
Ed è questo sicuramente il pregio migliore della trama di Assassin's Creed 3: il suo saper essere epica e cinica al contempo, evitando in fondo troppe semplificazioni retoriche. Ci sono alcune leggerezze, quando ad esempio il problema dello schiavismo viene affrontato con un buonismo sinceramente antistorico, ma alla fine Assassin's Creed 3 riesce a trasmettere la brutalità di una rivoluzione con pochi vincitori e troppi vinti, e ci lascia completamente insicuri su quale sia la categoria a cui appartiene Connor, trascinato dal suo credo in un finale di solitudine e silenzio.
Questo "Ending" non sarà potente come quello di Red Dead Redemption, ma certe sensazioni si avvicinano a quelle provate nei panni di Marston, a sottolineare che il capolavoro Rockstar è sicuramente una delle fonti di ispirazione del team (come vedremo attraversando la Frontiera).
Si provano sensazioni contrastanti, giocando ad Assassin's Creed 3. Da una parte la sottile meraviglia per un titolo che sa reinventarsi cambiando pochi tratti della sua personalità, dall'altra una leggera delusione per il fatto che non voglia farlo totalmente, restando ancorato agli schemi ed alle strutture di gioco definite dalla saga di Ezio.
Una larga fetta del Gameplay diAssassin's Creed 3 è sostanzialmente identica rispetto ai predecessori. Tutte le sequenze ambientante in città, fra le strade di Boston o quelle di una New York popolosa e indaffarata, ricordano molto (troppo) da vicino le scorribande di Roma, Firenze e Costantinopoli, limitando fortemente le soddisfazioni di chi cercava qualcosa di nuovo. Procedendo di missione in missione si scopre una struttura sostanzialmente identica al passato, che non brilla neppure per l'inventiva degli incarichi principali o secondari.
Rivisitata l'interfaccia di gioco e semplificati i comandi, il team di Assassin's Creed 3 ha migliorato anche gli automatismi alla base delle scalate dinamiche, che adesso risultano abbastanza fluide e sempre spettacolari. Ma è un peccato che le caratteristiche architettoniche delle due colonie del New England non siano le più adatte a rendere giustizia alle doti atletiche di Connor. Abitazioni ed edifici abbastanza bassi, strade principali molto ampie, qualche campanile troppo facile da scalare, limitano fortemente le soddisfazioni provate nell'ambiente cittadino, che si risollevano solo nei momenti ci si trova ad esplorare spazi particolari: l'incrocio di vicoletti nei quartieri più affollati, che si apre di tanto in tanto su un orto di fortuna delimitato da qualche staccionata, oppure le zone di New York devastate dall'epidemia del Vaiolo e da un incendio purificatore: un inferno di cenere e macerie. O ancora le gallerie scavate sotto la città, illuminate solo da una lampada ad olio, che vanno attraversate per sbloccare le "stazioni" di un utile sistema di Fast Travel. E' in questi ambienti che la curiosità del giocatore si ravviva, frustrata però dalle solite caratteristiche non troppo felici di combattimenti e sistema di allerta. L'abbondante presenza di guardie in città costringe ad un'attenzione quasi smodata per le nostre gesta, mentre strappare cartelloni e corrompere banditori o tipografie diventa spesso un'esigenza opprimente, se non si vuole essere inseguiti anche solo per aver corso in strada. In questi casi, oltre la fuga, la soluzione è affrontare un numero impressionante di guardie, riscoprendo sostanzialmente immutato il solito sistema di parate, contrattacchi e istant kill. Il control scheme è stato semplificato, ma le sensazioni non cambiano poi molto. Anzi il ritmo degli scontri appare un po' più frammentato, mentre l'intelligenza artificiale non fa nulla per migliorare le situazioni già abbondantemente criticate dai detrattori della serie. Salvo rari casi, i nemici non attaccano contemporaneamente, e l'agilità con cui Connor ne falcia uno dopo l'altro resta molto innaturale. I combattimenti sono animati da un reparto animazioni più convincente, ma le uccisioni non sono sempre ben amalgamate con il flusso dell'azione, tanto che le spettacolariDouble Kill si avviano come fossero brevissime Cut Scene. C'è poi ancora l'assurdo alone bianco che ci mostra il nostro target, ed una telecamera non proprio amichevole, a "sporcare" ulteriormente questo aspetto. Il sistema, ovviamente, continuerà ad ammaliare chi si esalta per la brutale cattiveria con cui Connor si sbarazza delle guardie, ma Assassin's Creed 3 avrebbe avuto bisogno di novità integrali su questo fronte.


Una completa riscrittura dell'Intelligenza Artificiale sarebbe stata auspicabile anche per raffinare le fasi Stealth, che restano sempre troppo complesse da gestire. Purtroppo il sistema che regola l'allerta delle guardie è ancora impreciso, ed il giocatore ha solo raramente il controllo sulla situazione. Tanto che eseguire la Sincronia Totale in certe missioni resta un'impresa francamente noiosa, da compiere procedendo a tentoni.
Insomma, chi già aveva avvertito come difficile da sopportare il peso dell'ipersfruttamento della struttura forgiata da Assassin's Creed 2 avrà dei momenti di sincero abbattimento giocando al terzo capitolo, che prometteva grossi mutamenti ma ne porta in dote non troppi. Anche la selezione di missioni secondarie (assassini su commissione, lettere da consegnare e pagine dell'almanacco di Benjamin Franklin da recuperare) non fa troppo per cambiare le carte in tavola.
Ma per fortuna Assassin's Creed 3 non è tutto qui. Anzi, ci sono enormi novità che ravvivano l'impianto di gioco, rappresentando la parte meglio riuscita di un prodotto veramente immenso.
La Frontiera è un'enorme distesa di alberi e canyon che si estende per chilometri dalla riva del mare all'entroterra. Ed in Assassin's Creed 3 come nella letteratura americana rappresenta il mito di una natura sovrana, sublime, cruda e incontaminata, impietosa nel suo sottolineare la sproporzionata inadeguatezza dell'uomo. La Frontiera è questo: una sfida continua alle asperità di regioni raramente solcate dai passi della gente. E' proprio attraversando questa enorme zona che si riscopre un amore tutto viscerale per il Free Roaming, quello vero, in cui a guidarci sono solo i nostri capricci.
Nella frontiera non si può far molto: cercare le piume nei nidi delle aquile, oppure cacciare alci e caprioli, o disseminare le trappole e le esche per conigli e orsetti lavatori. Ma una volta entrati nella Frontiera si finisce per essere avvolti da un senso di totale libertà, che ci spinge ad esplorarla con curiosità. Il merito è di un design attento e meticoloso, che si oppone fortemente al piattume delle cittadine. Ci sono muraglioni di roccia che sembrano impossibili da scalare, fiumi che corrono con le loro anse per tutto il territorio, promontori che si estendono fino al mare e atolli che spuntano a sporcare il golfo. Andare alla ricerca degli accampamenti di esploratori, con cui scambiare quattro chiacchiere per scoprire le leggende del posto e sbloccare missioni secondarie, è un piacere a cui è difficile sottrarsi. Anche perchè proprio quando ci si arrampica sulla fitta vegetazione si riscopre tutto il valore estetico e ludico delle scalate dinamiche che tanto avevano impressionato ai tempi del primo Assassin's Creed. Il team di sviluppo sembra aver disposto ogni albero con attenzione, tracciando un enorme intrico di rami che ci conduce verso i luoghi di rilievo di questa zona sconfinata. Mentre cambiano le stagioni, cambia anche la faccia della frontiera: le nebbie primaverili avvolgono il verde dei cespugli e le granaglie, che crescono spontanee laddove il tappeto di foglie non è troppo fitto; le alci si abbeverano alle sponde dei laghi ed il rigoglio dei colori ammalia. D'inverno una fitta coltre di neve si deposita sul terreno, e sugli alberi, piegando i rami e affaticando il passo degli animali e quello di Connor, mentre i sentieri che conducono ai ponti di passaggio restano battuti dallo scalpitare dei cavalli.
Insomma, è proprio grazie alla frontiera che Assassin's Creed 3 rivendica finalmente un suo ben preciso carattere, recuperando il rapporto tutto particolare che già Red Dead Redemption aveva instaurato fra giocatore e ambiente.
L'altra novità principale riguarda la presenza delle ormai note battaglie navali, in una serie di missioni secondarie che permettono di liberare le rotte commerciali o di assaltare i forti costieri dell'Ordine dei Templari. Sebbene poco integrate con il resto dell'avventura, queste fasi di gioco sono entusiasmanti come poche. Guidare il vascello all'assalto di fregate e galeoni è un'operazione galvanizzante, che trasmette tutta l'adrenalina e la foga tattica degli scontri navali. Solcare le acque del mare spiegando o ammainando le vele per sfruttare i venti a favore è un'operazione da compiere con cautela e attenzione, evitando gli scogli affioranti quando la corrente spinge sottocosta. Regolare la danza sinuosa della nave richiede una discreta esperienza: bisogna posizionarsi in modo da avere una traiettoria di tiro ottimale, calcolare i tempi di ricarica dei cannoni, sottrarsi quando si può alle bordate nemiche, e ordinare all'equipaggio di abbassare la testa per limitare i danni. Che siano battaglie rapide o eventi più strutturati, in cui esplorare le coste o inseguire vascelli in fuga, le missioni navali di Assassin's Creed 3 convincono, rappresentando un notevole plusvalore nell'economia di gioco.
Un altro grande stimolo a sondare meticolosamente l'ambiente di gioco viene dalla Tenuta Davenport, un grande spazio la cui funzione è simile a quella che fu di Monteriggioni. L'enorme appezzamento terriero posseduto dal mentore di Connor è ormai in disgrazia, ma nel corso degli anni sarà possibile non solo ristrutturare la casa, ma addirittura fondare una vera e propria cittadina, convincendo artigiani e popolani a trasferire nella tenuta le loro attività. Nonostante le missioni da compiere per migliorare produttività e attirare nuova gente siano in fondo molto classiche, il giocatore non può far altro che impegnarsi al massimo per sviluppare la piccola cittadina, sentendosi sempre più vicino ai coloni che si sono insediati: si tratta infatti di personaggi con una propria personalità, che impareremo a conoscere aiutandoli nelle loro faccende quotidiane o negli affari amorosi. Non viene mai a mancare il senso di lavorare per costruire qualcosa di importante (fosse anche solo un futuro migliore), e questo spinge addirittura a mettere da parte la missione principale per dedicarsi alle proprie faccende. E' un peccato però che il sistema di produzione e commercio dei beni di consumo, grazie al quale aumentare le proprie finanze, sia gestito attraverso menù un po' troppo complessi, e lasci in fondo il tempo che trova, proprio come le missioni di conquista dei seguaci assassini, da assegnare ai membri della setta tramite le classiche schermate di selezione: sono attività poco partecipative e quindi molto marginali.
E' indovinata invece la diversificazione fra le caratteristiche dei propri adepti, che adesso non si limitano solamente a fiondarsi sul campo per uccidere i bersagli designati: agli assassini classici si affiancano i cecchini implacabili o le guardie del corpo, e addirittura un drappello di uomini in uniforme inglese che fingeranno di scortarvi come prigioniero. Grazie a questi espedienti potrete entrare non visti all'interno dei forti da liberare, diversificando leggermente l'approccio alle missioni. Tantopiù che la curiosità di scoprire quali siano le specializzazioni dei seguaci vi spingerà a liberare tutti i distretti delle due città principali: l'unico sistema per reclutare uno dei sei compagni che vi aiuteranno nell'avventura.
Quella di Assassin's Creed 3 è insomma un'alchimia molto delicata. Da una parte ci sono sequenze di gioco un po' troppo classiche, alle volte un po' frustranti e noiose, soprattutto per i problemi dell'intelligenza artificiale che influenzano negativamente combattimenti e momenti stealth. Dall'altra invece troviamo sezioni che profumano finalmente di nuovo, separandosi nettamente dall'iconografica e dal gameplay classico della serie, siano esse completamente inedite o entusiasmanti ritorni alle origini della saga. Ma il punto fondamentale è che grazie ad un comparto narrativo ben costruito, alla sceneggiatura puntuale ed agli stimoli legati alla creazione di un piccolo villaggio di frontiera, Assassin's Creed 3 spinge il giocatore a sopportare di buon cuore anche gli aspetti meno riusciti, superando una lieve ripetitività concettuale degli incarichi secondari (e di alcuni fra i principali).


In conclusione, passate oltre 25 ore in compagnia del gioco, l'idea complessiva è che Assassin's Creed 3 sia un titolo bellissimo quando si sforza di non essere un Assassin's Creed. Ascoltate le critiche di molti utenti, il team di sviluppo ha inserito nella formula di gioco qualcosa di veramente nuovo. Purtroppo è forse mancato il coraggio di staccarsi totalmente da un'ossatura che, dati alla mano, funziona e cattura, moltiplicando longevità e impegni dei giocatori sempre attenti al rapporto fra prezzo del biglietto e durata dell'avventura.
Fosse stato un po' più determinata la cesura con il recente passato, ci saremmo trovati di fronte ad titolo potenzialmente perfetto.
IL LOOK DI CONNOR
Assassin's Creed 3 recupera l'engine dei suoi predecessori, apportando qualche miglioramento ma senza stravolgerne l'impatto globale. Gli sforzi del team di sviluppo si sono concentrati soprattutto sul reparto animazioni e sulla modellazione dei volti dei protagonisti, con risultati vistosi. Forse anche troppo, quando si considerano i massicci cambiamenti della fisionomia di Desmond e dei suoi compagni Assassini, che non sembrano trovar pace e cambiano look e modelli poligonali quasi ogni anno. Di certo la qualità della modellazione è superiore, mentre sul fronte dell'espressività faccialeci sarebbe ancora un po' da lavorare. Incredibile invece il lavoro sulle animazioni del protagonista. La corsa è molto realistica, mentre ad ogni cambio di direzione Connor sposta il peso sulla gamba d'appoggio e si da la spinta per ripartire. Anche le animazioni contestuali sono molte di più (scivolare sotto un pertugio, superare in salto un ostacolo), ed assieme a quelle legate alle scalate ed agli spostamenti sugli alberi riescono a trasmettere l'eccezionale fluidità nei movimenti attenti di Connor. Bellissime tutte le uccisioni istantanee, con la lama celata, il Tomahawk o le spade, e le animazioni legate alle uccisioni in corsa: peccato che molte non risultino integrate al meglio nel "flow" dello scontro, dando la sensazione di un lavoro eccezionale "appiccicato" sopra la struttura dei vecchi capitoli.
Il colpo d'occhio complessivo, in ogni caso, risulta molto evocativo e sempre d'atmosfera, com'è stato per i vecchi capitoli. Non si notano particolari miglioramenti sul fronte della qualità delle texture, comunque allineate ai risultati di Revelations e quindi di alta qualità: ottimamente definite per il costume del protagonista e per gli altri personaggi principali, più che buone nella quasi totalità dei casi, ma ovviamente soggette a qualche inciampo quando si parla degli ambienti naturali più aperti. Il punto di forza di Assassin's Creed sul fronte grafico è comunque l'eccelsa qualità delcomparto artistico, attentissimo nel riprodurre scorci e prospettive di un'intera epoca storica, raccontando attraverso panorami e città la storia di una nuova nazione operosa ed indaffarata.
Boston, così come la vediamo appena sbarcati, è una distesa immensa di banchine e pontili. I galeoni e gli immensi tri-alberi, le navi con le stive straripanti di provviste, si muovo lente verso il porto, deve le attendono intrecci di cime e nodi e marinai dalla pelle ruvida. Il mercato invaso dai banchi della carne e del pesce, le tipografie e gli empori da cui partono carovane di provviste, e i tetti spioventi di chiese e campanili compongono un impasto letteralmente magnetico, su cui lo sguardo del giocatore non si posa mai distrattamente. E' un peccato che New York, visitata più avanti nell'avventura, non abbia una sua connotazione così forte, lasciando solo alla zona devastata dall'incendio ed ai campi coltivati al margine dell'insediamento il compito di differenziarla dall'altra colonia del New England. Anche in questo caso è comunque la frontiera che rappresenta il vertice stilistico: in questo spazio sconfinato il senso di smarrimento e impotenza è immediato. A perdita d'occhio, ettari di foresta vergine, ingorghi di alberi, laghi e fiumi e tronchi caduti che spezzano la desolante monotonia della neve. I nostri passi stentati, che si trascinano stanchi nella coltre bianca alta mezzo metro, ci conducono negli accampamenti di caccia, mentre i sentieri si perdono facilmente e i declivi sono tutt'altro che morbidi.
Insomma come sempre una larga parte dell'eccezionalità di Assassin's Creed 3 dipende dalla sua atmosfera e dalla perizia con cui esplora un'epoca storia poco comune per il nostro media.
Restano alcuni dei difetti storici del free roaming, quali un po' di pop up e tempi di caricamento non sempre rapidissimi, mentre il framerate è più che buono. L'antialiasing fa il suo dovere e non siamo incappati in evidenti episodi di Tearing.
Ci sono però un po' di bug che costellano l'esperienza di gioco, senza mai rovinarla. La Patch del Day One elimina i più vistosi, ma non ripulisce completamente il codice. I problemi restano comunque molto contenuti, e al massimo vi toccherà ricaricare un checkpoint.
La componente sonora di Assassin's Creed 3 è insuperbita da un'ampia selezione di nuovi brani, che si fanno sentire in tutta la loro potenza soprattutto nel corso delle cut-scene che sottolineano i momenti storici più importanti. I brani orchestrati caratterizzano in maniera eccellente sia le scene più patriottiche, incalzando assieme agli aneliti rivoluzionari dei coloni, sia le escursioni "piratesche" di Connor. Peccato che altre tracce ed effetti sonori siano invece blandi arrangiamenti di motivi presenti nei vecchi episodi, tornando ad amplificare la sensazione di una certa vicinanza con Brotherhood e Revelation nelle fasi cittadine e nei combattimenti.
Il doppiaggio italiano è più che discreto: quasi perfetto per quel che riguarda i protagonisti della vicenda, tende a farsi molto caricaturale in certo casi. L'intento del team di sviluppo era quello di riprodurre in Assassin's Creed 3 il pastiche linguistico di una colonia attorno a cui gravitavano francesi, inglesi, olandesi e nativi americani, ed è un peccato che le inflessioni sembrino in qualche caso "da burla". Si nota inoltre lo sfruttamento intensivo di qualche doppiatore, che presta la sua voce a troppi popolani. Nonostante questi problemi il piglio recitativo è sempre ottimo, e le battute sono recitate con attenzione e cognizione di causa. Quando in campo ci sono solo gli attori principali, addirittura, si raggiungono ottimi livelli di pathos, con scene finanche commoventi e molto sentite.

0 commenti:

Posta un commento

la tua opinione è importante, dicci cosa ne pensi