“E' importante sottolineare che Bloodborne non è, da nessun punto di vista, il seguito di Demon's Souls". Così esordisce Hidetaka Miyazaki quando ci presenta ufficialmente il fu Project Beast, mostrando una lunga sequenza giocabile della nuova esclusiva Ps4 che From Software sta sviluppando in collaborazione con Japan Studio.
E in effetti non c'è alcun dubbio che il gioco si arrocchi attorno ad un'estetica tutta nuova, abbandonando in maniera sicuramente risoluta le fascinazioni dark fantasy della saga Souls. Il tono cupo e funereo che attraversa i tre splendidi titoli della serie si avverte anche qui: perentorio e cattivo. Eppure Bloodborne sembra sensibilmente più malato, atroce, ritorto: ad accompagnare la difficoltà come sempre sadica c'è in questo caso una turpe deviazione sanguigna. E poi l'architettura di chiaro stampo vittoriano, con un clima fosco che sembra uscito dalla Londra ottocentesca di Jack The Ripper: le luci delle lampade ad olio, le architetture gotiche che sembrano quelle di una cattedrale europea, l'urbanizzazione che smussa il senso di profonda solitudine, ribadiscono in maniera lampante che Bloodborne e vuole costruire un altro immaginario.
Nella sostanza, poi, il gioco resta un action Rpg calcolatissimo e spietato. Cattivo fino al midollo, non abbandona l'impostazione che ben conoscono quei coraggiosi che si sono spinti nelle lande di Dragleic o Lordran. Anche qui bisogna studiare con attenzione le routine d'attacco dei nemici, cercare di schivare i colpi con dei passi laterali che rendono gli scontri un po' più movimentati (ma mai frenetici), e poi rispondere coi fendenti della strana arma impugnata dal protagonista.
Non è dato sapere ancora quali saranno, nella versione finale del gioco, gli strumenti di morte in dote al giocatore, ma sembra che questi abbiano un ruolo molto più importante nella caratterizzazione del personaggio, legati persino allo sviluppo delle sue caratteristiche. L'arma che avrete sicuramente intravisto anche nel trailer è una tremenda mannaia “spinale”: la lama sempre grondante è appiccicata ad un manico che sembra fatto con vertebre umane. Una novità su cui Miyazaki-san si sofferma è la possibilità di usare l'arma in due forme diverse: una chiusa, per attacchi più rapidi ma anche più ravvicinati, e l'altra invece aperta, come se fosse una lunga falce, capace di raggiungere gli avversari anche dalla distanza.
C'è tanto da scoprire, ancora, sul sistema di combattimento: ma di sicuro i ritmi sembrano un po' più serrati e meno passivi. Al posto dello scudo, ad esempio, qui possiamo impugnare una sorta di archibugio a canne mozze, con cui sparare una rosa di pallini incandescenti direttamente in faccia agli avversari. Se si riesce a far fuoco proprio nel momento in cui questi stanno portando un fendente, li renderemo inoffensivi per qualche istante, avendo quindi la possibilità di eseguire un attacco speciale ravvicinato che devasterà la loro barra della salute. E questo che Miyazaki intende quando definisce il combat system “proattivo” (con una scelta lessicale forse non troppo felice): al posto dei backstab, che andavano effettuati abbracciando una strategia attendista, qui bisogna lavorare sui “contrattacchi”; ponendo come sempre massima attenzione anche ai più piccoli movimenti dei nemici, ma stavolta per sorprenderli.
Per una mezz'ora abbondante, il misterioso protagonista di Bloodborne si è aggirato davanti ai nostri occhi per le strade corrotte di Yharham. La città è ormai abitata da anime perdute, e la popolazione infetta da un morbo terribile che altera le percezioni di chi lo contrae. Torna insomma l'idea della malattia, della maledizione che pesa sulle misere esistenze di chi ancora sosta in una terra perduta. Come il titolo lascia intendere, però, in Bloodborne il contagio diffonde anche una truce ossessione sanguigna. I paesani si aggirano per le strade con i loro movimenti lenti, quasi zombeschi, e i lunghi arti sproporzionati che sembrano quelli di terrificanti spaventapasseri, e pretendono il loro tributo di sangue. Ad ogni colpo inferto o ricevuto il modello del protagonista si sporca, si macchia, si imbratta. Non è solo ritrovata passione per lo splatter, culto del gore più spinto: ci saranno conseguenze a livello di gameplay, e cambierà il mondo in cui gli NPC considereranno il protagonista. Purtroppo, Miyazaki non si sbottona oltre su questo argomento.
Gli spettatori, comunque, restano ancora una volta affascinati dalla visione creativa del game designer. Anche in Bloodborne c'è una narrazione ambientale appena affiorante, nascosta negli angoli bui dell'ambientazione, frammentata nei mille tasselli che compongono un “lore” smisurato ma mai esibito. E anche qui c'è un level design attentissimo al backtracking, che ci è sembrato più simile per struttura a quello del recente Dark Souls II che al “mondo aperto” del suo predecessore. E anche qui c'è una passione dilagante per l'oscurità: certi ambienti sono divorati da buio, e qui possiamo solo inoltrarci grazie alla luce malsicura di una torcia, che stringiamo in una mano sacrificando una delle due armi a disposizione.
Nemici in agguato, un level design sempre cattivo, qualche spietata furberia pensata per metterci in difficoltà: tutto è al posto di sempre, e insomma almeno a livello strutturale si sente il tocco della mente che ha creato il primo Dark Souls.
Non abbiamo però tutti i pezzi del puzzle: non sappiamo ancora cosa succederà quando il nostro personaggio morirà, e se ci sarà un sistema simile a quello delle anime. Non sappiamo se ritorneranno gli equivalenti dei falò, anche se sembra che From Software voglia distanziarsi in maniera netta dall'iconografia classica della saga. C'è però da dire che, con un sistema di recupero della vita ancora legato agli oggetti consumabili come le gemme delle anime (almeno a giudicare da quello che si è visto), potrebbe risultare complesso ristrutturare completamente il concept di base. Sicuramente alla Gamescom scopriremo di più: per il momento il playtest si interrompe durante lo scontro con un boss, una creatura titanica che sembra un deforme incrocio tra un gigantesco lupo mannaro ed un demone silvano, ricoperto da radici nodose che si intrecciano con la carne. È, questo, il segno che Bloodborne pescherà a piene mani da un folklore vastissimo, cercando di costruire una nuova fantasia, ammassando una voracità curiosa e di stampo tipicamente nipponico elementi fortemente eterogenei.
A livello tecnico, il titolo risulta ben messo su certi fronti: l'illuminazione è gestita in maniera veramente incredibile, e l'atmosfera nebbiosa di Yharham già penetra nelle ossa del giocatore, avvolgendolo fra i suoi pallidi miasmi. La qualità delle texture e delle animazioni segna un notevole passo in avanti rispetto alla moderata “secchezza” del Dark Souls II in versione console, e insomma il supporto tecnico di Japan Studio ha dato una spinta notevole a From Software. Ad oggi però l'ottimizzazione del codice è tutta da rivedere, con una telecamera che si incastra spesso e volentieri (ma il sistema di lock-on sarà finalmente rivisto?) e un framerate che definire incostante è un delicato eufemismo: al netto di una draw distance migliorata, il gioco scatta vistosamente, e nel corso della boss fight scende molto sotto la soglia minima di sicurezza. Bisogna lavorarci su.
Anche solo per i nomi coinvolti nello sviluppo, per la caratura dell'art design e per questo suo tono turpe e viscerale, Bloodborne è una di quelle esclusive in grado di caratterizzare fortemente la Line-Up di PlayStation 4. Miyazaki abbandona il rassicurante contesto del fantasy di matrice oscura, per costruire un'iconografia tutta nuova: la sua visione mescola architetture vittoriane ed una passione morbosa per il sangue, un'epidemia terribile e la solita cattiveria che ha caratterizzato la serie Souls. Anche se il profilo del titolo non è delineato in maniera definitiva, sappiamo di trovarci di fronte ad un action-rpg spietato, con la solita poetica della morte e dell'eterno ritorno: qui il gameplay sembra più dinamico, ma sempre calcolato e preciso.
Ci aspettiamo grandi cose da Bloodborne, e siamo pronti a lasciarci contagiare poggiando i polpastrelli sul pad, alla Gamescom di Colonia.
Gli spettatori, comunque, restano ancora una volta affascinati dalla visione creativa del game designer. Anche in Bloodborne c'è una narrazione ambientale appena affiorante, nascosta negli angoli bui dell'ambientazione, frammentata nei mille tasselli che compongono un “lore” smisurato ma mai esibito. E anche qui c'è un level design attentissimo al backtracking, che ci è sembrato più simile per struttura a quello del recente Dark Souls II che al “mondo aperto” del suo predecessore. E anche qui c'è una passione dilagante per l'oscurità: certi ambienti sono divorati da buio, e qui possiamo solo inoltrarci grazie alla luce malsicura di una torcia, che stringiamo in una mano sacrificando una delle due armi a disposizione.
Nemici in agguato, un level design sempre cattivo, qualche spietata furberia pensata per metterci in difficoltà: tutto è al posto di sempre, e insomma almeno a livello strutturale si sente il tocco della mente che ha creato il primo Dark Souls.
Non abbiamo però tutti i pezzi del puzzle: non sappiamo ancora cosa succederà quando il nostro personaggio morirà, e se ci sarà un sistema simile a quello delle anime. Non sappiamo se ritorneranno gli equivalenti dei falò, anche se sembra che From Software voglia distanziarsi in maniera netta dall'iconografia classica della saga. C'è però da dire che, con un sistema di recupero della vita ancora legato agli oggetti consumabili come le gemme delle anime (almeno a giudicare da quello che si è visto), potrebbe risultare complesso ristrutturare completamente il concept di base. Sicuramente alla Gamescom scopriremo di più: per il momento il playtest si interrompe durante lo scontro con un boss, una creatura titanica che sembra un deforme incrocio tra un gigantesco lupo mannaro ed un demone silvano, ricoperto da radici nodose che si intrecciano con la carne. È, questo, il segno che Bloodborne pescherà a piene mani da un folklore vastissimo, cercando di costruire una nuova fantasia, ammassando una voracità curiosa e di stampo tipicamente nipponico elementi fortemente eterogenei.
A livello tecnico, il titolo risulta ben messo su certi fronti: l'illuminazione è gestita in maniera veramente incredibile, e l'atmosfera nebbiosa di Yharham già penetra nelle ossa del giocatore, avvolgendolo fra i suoi pallidi miasmi. La qualità delle texture e delle animazioni segna un notevole passo in avanti rispetto alla moderata “secchezza” del Dark Souls II in versione console, e insomma il supporto tecnico di Japan Studio ha dato una spinta notevole a From Software. Ad oggi però l'ottimizzazione del codice è tutta da rivedere, con una telecamera che si incastra spesso e volentieri (ma il sistema di lock-on sarà finalmente rivisto?) e un framerate che definire incostante è un delicato eufemismo: al netto di una draw distance migliorata, il gioco scatta vistosamente, e nel corso della boss fight scende molto sotto la soglia minima di sicurezza. Bisogna lavorarci su.
Anche solo per i nomi coinvolti nello sviluppo, per la caratura dell'art design e per questo suo tono turpe e viscerale, Bloodborne è una di quelle esclusive in grado di caratterizzare fortemente la Line-Up di PlayStation 4. Miyazaki abbandona il rassicurante contesto del fantasy di matrice oscura, per costruire un'iconografia tutta nuova: la sua visione mescola architetture vittoriane ed una passione morbosa per il sangue, un'epidemia terribile e la solita cattiveria che ha caratterizzato la serie Souls. Anche se il profilo del titolo non è delineato in maniera definitiva, sappiamo di trovarci di fronte ad un action-rpg spietato, con la solita poetica della morte e dell'eterno ritorno: qui il gameplay sembra più dinamico, ma sempre calcolato e preciso.
Ci aspettiamo grandi cose da Bloodborne, e siamo pronti a lasciarci contagiare poggiando i polpastrelli sul pad, alla Gamescom di Colonia.
Naturalmente HAPPY GAME sarà pronto come sempre a documentare ogni novità di questa promettentissima esclusiva ps4 !!
0 commenti:
Posta un commento
la tua opinione è importante, dicci cosa ne pensi