Metal Gear Survive, disponibile da oggi da HAPPY GAME! A sole 39,90!
Quando lo avevamo provato, Metal Gear Survive era riuscito in qualche maniera a stupirci, se non altro per un aspetto che non avevamo mai considerato prioritario nell'economia di questo discusso (e discutibile?) spin-off.
Al tempo eravamo rimasti abbastanza incuriositi dall'impegno profuso nella realizzazione della campagna Single Player, che aveva messo in mostra una struttura interessante, e persino qualche spunto narrativo tutt'altro che rinunciatario.
Poggiate finalmente le mani sull'edizione definitiva di Survive, dobbiamo confermare che il lavoro svolto nella realizzazione della campagna principale appare globalmente convincente, al netto di tutti i problemi concettuali che il titolo si porta dietro. Che Metal Gear Survive viva sulle spalle di The Phantom Pain, riciclandone in maniera molto vistosa buona parte degli asset, è chiaro fin da subito; così com'è evidente che il "fantasioso" setting approntato per questo capitolo non-canonico, ai puristi di Metal Gear difficilmente andrà a genio. Qualcuno arriva a definire Survive come un "mostro di Frankenstein in salsa videoludica", assemblato con parti dell'ultima avventura di Big Boss (o meglio, di Venom Snake), e incapace di celare punti di sutura e cicatrici. Non nascondiamo che, a differenza di altri spin-off della serie, l'operazione portata avanti da Konami con Survive è sicuramente meno virtuosa dal punto di vista creativo, eppure siamo convinti che, nell'ambito del genere a cui appartiene (ovvero quello dei Survival), anche questo capitolo apocrifo di Metal Gear abbia qualcosa da dire.
Una trama infernale
Metal Gear Survive si ambienta in una continuity alternativa rispetto a quella "tradizionale" della saga ideata da Hideo Kojima, e schiva così qualsiasi problema di coerenza narrativa. La storia è in pratica un enorme "What If": una linea temporale parallela che si distacca da quella canonica durante un evento particolare, ovvero l'attacco alla Mother Base con cui si è concluso Ground Zeroes.
La fase introduttiva di Survive comincia proprio da lì, mostrando poi l'apertura di un'enorme anomalia dimensionale che risucchia tutto: soldati, strutture, cadaveri. Questa singolarità conduce in verità in una dimensione parallela, in cui tutto il mondo è stato contaminato da un virus sconosciuto: gli esseri umani infettati da questo organismo si trasformano in Vaganti, creature deturpate dalla cui testa spunta un cristallo scarlatto, ma che in linea di massima possiamo considerare una variante dei classici (e abusatissimi) Zombie.
È proprio in questa dimensione che verrà spedito il nostro protagonista (creato attraverso un editor complesso e decisamente ben sviluppato), con l'obiettivo di studiare il parassita e recuperare i dati raccolti dai Corpi di Caronte, membri di un corpo speciale inviati in esplorazione qualche tempo prima, e ormai perduti nell'aldilà.
Il racconto procede attraverso scene d'intermezzo (il cui gusto registico si accorda in maniera esplicita a quello di Kojima), e comunicazioni via codec, prendendosi i suoi tempi e cercando di introdurre con calma (a volte persino troppa!) personaggi e situazioni. È molto piacevole ritrovare analogie fra gli elementi narrativi di Metal Gear Survive e la mitologia dell'inferno dantesco. La dimensione alternativa popolata dai Vaganti viene indicata come un luogo di eterna perdizione, e la zona in cui saremo chiamati a costruire il campo base è chiamata Dite, come la città bruciata che nella Divina Commedia troneggia nel sesto cerchio. Il già citato riferimento a Caronte e un'intelligenza artificiale che porta il nome di Virgilio chiudono il quadro su un immaginario costruito con attenzione.
C'è da dire che più avanti il plot si fa meno intrigante: durante le operazioni di costruzione della base e di recupero dei sopravvissuti siamo "costretti" ad assistere a dialoghi meno ispirati e un po' noiosi, e il ritmo della narrazione si allenta di molto. La sceneggiatura fa di tutto per mantenere un alone di mistero, mettendoci nel bel mezzo di giochi di potere dei nostri superiori e facendoci sospettare un tradimento da parte dell'organizzazione che ci ha spedito nella dimensione alternativa. Al di là dei buoni spunti a livello di caratterizzazione, tuttavia, ben presto il racconto diventa un po' più insipido, e torna a ricoprire un ruolo marginale nell'economia di gioco.
È anche vero che la vicenda non lesina qualche colpo di scena, ma il giocatore si trova ad apprenderlo quasi passivamente: resta la curiosità di scoprire la natura dei Vaganti e quali siano i doppi fini della Sezione Wardenclyffe, ma si capisce che la storia non può e non vuole essere il motore che traina le attenzioni del giocatore.
Imperativo: Sopravvivere
Metal Gear Survive mette le cose in chiaro fin da subito: non aspettatevi uno stealth game, né un action game classico, perché lo spin-off di Koname aderisce in maniera evidentissima ai canoni di un altro genere: il survival.
Le meccaniche di gioco ed il sistema di progressione sono insomma quelli tipici della categoria: si raccattano materie prime di ogni genere, si costruisce qualche arma rudimentale, si va a caccia di animali per mettere da parte una piccola scorta di cibo. Ci sono due indicatori sempre ben visibili sull'interfaccia di gioco legati al livello di fame e di sete del personaggio: questi valori finiscono anche per regolare l'energia vitale del protagonista e la sua resistenza, quindi tenerli sempre pieni diventa una necessità piuttosto pressante.
Raccattare Gerbilli da grigliare sul fuoco, scuoiare capre e montoni, purificare l'acqua piovana (e usarla magari per preparare una gustosa zuppa) sono insomma attività a cui dovrete dedicarvi spesso e volentieri.
Le varie risorse, che potrete accumulare raccogliendo gli oggetti sparsi per la mappa, servono per costruire armi, gadget, oggetti curativi e -soprattutto- nuove strutture. Il cadente campo base che avete a disposizione all'inizio dell'avventura diventerà ben presto un efficace installazione autosufficiente, grazie a strutture di purificazione dell'acqua piovana, allevamenti di ovini (da recuperare utilizzando, ovviamente, il pallone Fulton) e piantagioni.
Per raggiungere questo traguardo dovrete ovviamente impegnarvi molto, andando in giro per la mappa a recuperare schemi di creazione e sopravvissuti. Questi ultimi, oltre ad avere delle specifiche esigenze (dovranno dormire nelle tende che gli fornirete, e consumeranno parte delle risorse prodotte), potranno essere assegnati alle varie divisioni.
A seconda delle loro propensioni, ovviamente, sarà meglio infilarli nelle squadre che più gli si addicono: un'ex-infermiera potrebbe ricoprire un posto nel team medico, mentre un soldato sarà perfetto per le squadre di ricerca, che potrete spedire in giro per la mappa a recuperare risorse di vario genere.
L'anima "gestionale" di Metal Gear Survivesi manifesta dopo tre o quattro ore di gioco, risultando un elemento davvero importante. Pur senza raggiungere i livelli di complessità dell'ottimo State of Decay, l'impostazione complessiva dell'esperienza Single Player segue la stessa filosofia: completare le missioni principali e secondarie permette di tornare al campo base con qualche vantaggio in più: una miglioria alle strutture di creazione degli oggetti, un nuovo ortaggio per avviare una coltivazione, un aiuto per la squadra di sviluppo e distribuzione viveri.
Questo sistema di sviluppo va di pari passo con quello del personaggio e dell'equipaggiamento. Da una parte possiamo infatti investire l'energia Kuban, estratta dai nemici che uccidiamo, per migliorare le statistiche del protagonista o sbloccare nuove abilità. Dall'altra possiamo invece costruire nuovi oggetti e nuove armi, e migliorarne le statistiche, impiegando progressivamente risorse di rarità sempre maggiore.
Tutto questo meccanismo funziona alla grande, e rappresenta un ottimo incentivo a completare gli incarichi. Nel corso delle prime sette ore di gioco, tuttavia, l'ottima struttura survival/gestionale non è purtroppo valorizzata da un'opportuna varietà di situazioni. Il problema principale di Metal Gear Survive, almeno inizialmente, sembra essere una generale monotonia dell'impianto ludico.
Il fatto che ci siano poche armi da distanza e che la creazione di proiettili e dardi sia molto dispendiosa in termini di risorse, spinge l'utente ad utilizzare soltanto mazze e lance, riducendo di molto la varietà di approcci agli scontri.
Questi ultimi, poi, seguono sempre lo stesso canovaccio. Arrivati in prossimità delle stazioni di teletrasporto da attivare, si piazzano le difese strutturali alla maniera di un blando tower defense e si aspettano, arroccati nel proprio "fortino", le orde di Vaganti. Di tanto in tanto si incontrano altre tipologie di nemici, ma al momento niente di particolarmente ispirato.
Le missioni che più ci sono piaciute sono quelle ambientate nelle "rovine", cadenti strutture da esplorare da esplorare con attenzione, ma in questa prima fase della campagne le abbiamo incontrate pochissime volte.
C'è da dire, d'altro canto, che il grado di sfida tende a rimanere comunque avvertibile, e se si parte per una missione con la dotazione sbagliata o senza risorse, è facile incappare in poco gloriosi Game Over. Ecco quindi che la soglia di attenzione richiesta, unitamente al meccanismo di crescita della base e del personaggio, bastano a "rapire" il giocatore, coinvolgendolo ben più di quanto ci aspettassimo. Dopo sette ore di gioco, inaspettatamente, non sentiamo assolutamente il bisogno di affacciarci alle missioni co-op, ed anzi abbiamo l'idea che l'avventura si appena entrata nel vivo.
Proprio quando la scampagnata nella città di Dite sembrava finita, infatti, abbiamo scoperto che quella che credevamo essere una via d'uscita era in realtà una porta verso "il prossimo cerchio". Improvvisamente ci siamo trovati in un'altra mappa, con un altro campo base e banchi di lavoro più avanzati.
Il Single Player di Metal Gear Survive (che, fate attenzione, si gioca comunque connessi alla rete) sembra avere ancora molto da dire. Potrebbero infatti spuntare nuove sottoclassi per il personaggio, armi progressivamente più complesse, e pure diverse aree di gioco in cui costruire i propri accampamenti.
Un giorno dopo aver iniziato la nostra avventura con Survive, insomma, siamo molto curiosi di proseguire, sospinti dall'ottimo sistema di sviluppo più che dalle nebulose rivelazioni della sceneggiatura. Resta vero che il titolo deve ingranare anche dal punto di vista della varietà, proponendoci incarichi più ispirati, nuovi nemici, e soprattutto una maggiore differenziazione dell'equipaggiamento. Il rischio, altrimenti, è che la monotonia prenda il sopravvento, rovinando in parte o del tutto i meccanismi di gioco.
Per scoprire come procederanno le cose, e quanti altri contenuti troveremo in un titolo che si prefigura già come molto denso e stratificato, restate su queste pagine.
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