martedì 14 gennaio 2014

Febbraio: il mese della paura su PlayStation Plus

Febbraio sarà il mese della paura, per chi possiede
 PlayStation 4 e ha sottoscritto un abbonamento al
 servizio online di casa Sony: dimenticatevi quindi la
 tranquillità, ma nemmeno poi troppa, di Don't Starve,
 questa volta si scende nelle profondità di Outlast, 
armati solo di una videocamera e una manciata di
 flebili batterie.

L'annuncio arriva dalla pagina Facebook di Red Barrels, 
sviluppatore dello spaventoso survival-horror, limitato 
quanto volete dal punto di vista ludico, eppure capace 
di scatenare nell'utente un genuino senso d'inquietudine.
 A voi il piacere di scoprire cosa si nasconde fra i corridoi 
di un'ospedale psichiatrico tetro, marcio e visceralmente
 disgustoso.

La prima volta che ho sentito parlare di Outlast era il
 novembre dello scorso anno e subito mi ha intrigato.
 Non poteva essere altrimenti vista la gente coinvolta 
(ex sviluppatori di Ubisoft e Naughty Dog), ma anche
 l'idea di aggirarsi in completa solitudine per i corridoi
 di un manicomio-mattatotio solleticava i miei istinti 
da giocatore masochistico, ben avvezzo al survival horror 
in prima persona fin dai tempi di Penumbra: Overture.
 E poi, nonostante si possa considerare un gioco "indie" 
disponibile solo in versione digitale, Outlast prometteva 
bene anche nel comparto tecnico, con l'Unreal Engine 3
 utilizzato in modo ottimale, un sonoro da urlo e 
un'ambientazione davvero spaventosa.

Ora che ho terminato Outlast dopo alcune ore di gioco,
 posso dire di averci visto giusto dieci mesi fa. Il tentativo
 di Red Barrels di dare nuova linfa all'horror in soggettiva
 è infatti andato in porto con risultati più che positivi,
 anche se non sono mancati spunti meno felici che hanno
 pesato su una valutazione finale comunque di buon livello.
 Il bello di un survival come Outlast è che in fondo è un
 vero...survival. Già, perchè il giornalista che controlliamo
 in questo manicomio da incubo ha avuto la bella idea di 
non portarsi dietro nessuna arma. Ciò significa che in 
Outlast, un po' come in Silent Hill: Shattered Memories, 
non esiste un sistema di combattimento e non esistono
 armi per fronteggiare i pazzi scatenati e sanguinari che
 si nascondono tra i corridoi dell'ospedale psichiatrico.


Il termine "sopravvivenza" non potrebbe essere più adatto
 per descrivere il gameplay di Outlast. Quando avvistiamo
 un paziente più o meno mostruoso che vuole farci la pelle
 nei modi più atroci possibili e immaginabili, abbiamo due 
possibilità. O ci nascondiamo (sotto un letto, dentro un
 armadio, dietro a un tavolo), o iniziamo a correre come 
disperati superando eventuali ostacoli e, volendo, girando
 lo sguardo per vedere l'inseguitore e aumentare in modo
 esponenziale il tasso di adrenalina (consigliato solo ai
 masochisti come il sottoscritto).


Ecco, ci mancavano pure le fogne del manicomio...

Già a novembre dello scorso anno si parlava di un incrocio
 tra Amnesia e Mirror's Edge e in effetti, con una componente 
in prima persona così votata alla corsa e con simili meccaniche
 da horror in soggettiva, non si tratta di paragoni buttati lì a 
caso. Outlast fa effettivamente paura e instaura fin dai primi
 minuti di gioco una forte sensazione di disagio e di pericolo
 imminente, grazie un'atmosfera forse risaputa e poco 
originale
ma tale da garantire improvvisi spaventi ad hoc, corse a
perdifiato e quella sensazione di continua tensione sottolineata
 anche dal respiro affannoso e disperato del nostro povero 
alter ego. Su questo versante Red Barrels ha fatto un lavoro 
certosino, anche perchè spesso il senso di disagio si ha 
anche verso i pazienti non pericolosi che si rivelano 
comunque dei pazzi scatenati. E che dire della visione
 notturna? L'unica "arma" del nostro giornalista è infatti 
una telecamera compatta che diventa presto indispensabile
 per illuminare le location buie. I rumori della telecamera 
e dello zoom aumentano la tensione strisciante e l'effetto 
visivo tipico nella night vision rende i nemici molto più 
spaventosi di quanto non lo siano di solito. Tra l'altro la 
telecamera si porta dietro l'unico vero "scopo" del gioco
 oltre a quello di uscire vivi dal manicomio, ovvero trovare
 le batterie sparse per le stanze e i corridoi che per fortuna 
abbondano e non rappresentano mai un vero problema.


Forse sarebbe il caso di alzare i tacchi e di non farsi 
toccare da costui.

Se a quanto scritto fino si aggiunge un comparto grafico 
diligente e all'altezza delle aspettative per un titolo di 
questo tenore produttivo (per non parlare dello splendido
 comparto audio), Outlast merita la massima attenzione 
da chi è un minimo appassionato di horror e di emozioni 
forti di fronte al monitor del proprio PC. Eppure Red Barrels
 non è immune da qualche critica. L'accumulo iniziale di 
immagini forti e scioccanti (corpi smembrati, cadaveri 
mutilati ecc.) tende a diluire nel corso del gioco il senso 
di orrore del manicomio, ma anche l'attesa mentre si è 
nascosti e si deve aspettare che il nemico torni alla
 posizione di origine si fa spesso un po' troppo lunga, 
soprattutto dopo la decima volta che compiamo la stessa
 azione.


Non tutti i pazienti vogliono scannarci, ma il tasso di
 pericolo è decisamente elevato.

Perchè in fondo il limite maggiore di Outlast sta nella sua 
formula vincente ma anche un po' ripetitiva e limitata, 
sebbene la longevità medio-bassa (6-7 ore) non rischi 
mai di annoiare veramente. Chissà infatti cosa poteva 
uscirne se Red Barrels avesse optato per almeno qualche
 arma difensiva trovata nel manicomio, o se, a parte le
 batterie della telecamera, ci fossero stati altri oggetti 
altrettanto importanti da cercare e trovare. Senza questi 
spunti Outlast rischia per alcuni di trasformarsi più in un 
"escape horror" che non in un survival horror; funziona 
comunque alla grande se si cercano brividi e salti sulla
 sedia, ma resta un po' di amaro in bocca per le potenzialità
 altissime non sfruttate al cento per cento.
COMMENTO
Outlast è un horror game che ha il grande merito di far
 paura e di terrorizzare con armi semplici ma efficacissime
come il buio, i rumori, la fuga disperata da un pericolo, il 
vedo e non vedo, l'orrore di una location perfetta per lo 
scopo. A Red Barrels non si può rimproverare nulla su
 questo versante e anche la realizzazione tecnica convince,
 ma dopo circa sette ore si giunge alla fine di tutto con la 
convinzione che il team canadese avrebbe potuto osare di 
più in termini di gameplay e varietà di situazioni. Outlast 
rimane comunque un signor survival horror o, come forse 
sarebbe più giusto definirlo, un "escape horror".

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