Con quasi un milione di pezzi venduti in nemmeno sei mesi, PSVR può dirsi per Sony un esperimento molto ben riuscito. Se anzi si considera che la periferica costa al momento più di una PS4 Slim e che HTC Vive e Oculus hanno venduto la metà dei suoi pezzi (al netto ovviamente del prezzo molto più alto e della necessità di avere un PC particolarmente potente a supporto) Sony può essere davvero molto soddisfatta. Proprio per questo, per non perdere cioè il terreno guadagnato e posizionarsi come l'alfiere della realtà virtuale abbordabile per tutti, la compagnia giapponese sta investendo molto nei giochi che popolano il suo visore, sia in termini di qualità che di quantità.
Dopo una prima ondata di titoli a volte anche molto buoni, ma inevitabilmente afflitti da tutti i problemi che colpiscono le prime generazioni di giochi, eccoci con un secondo giro che fa tesoro di quanto imparato e prova ad alzare l'asticella della qualità media, oltre che dell'ampiezza dell'offerta ludica.
Nei giorni scorsi abbiamo dedicato ampio spazio ai tre veri protagonisti dello showcase organizzato da Sony la scorsa settimana, e cioè Farpoint, Starblood Arena e Gran Turismo Sport, ma sarebbe un torto non menzionare alcuni degli altri titoli presenti che sicuramente meritano attenzione e suscitano interesse, anche perché alcuni sono così diversi tra di loro che hanno come effetto secondario quello di mostrare la versatilità del visore e delle esperienza non necessariamente ludiche che è in grado di proporre.
Ace Combat 7: Skies Unknown
Ad aprire questa carrellata c'è Ace Combat 7, bellissima sorpresa portata da Namco Bandai che pur se ancora lontana dall'essere la versione definitiva (di cui le missioni in VR sono solo una modalità aggiuntiva) già mostra incredibili potenzialità. Esattamente come per Gran Turismo Sport a colpire subito è la naturalezza con cui si affronta il volo a bordo del proprio caccia: il visore infatti riesce a rendere reale tutto quello che il televisore può solo approssimare, aggiungendo un livello di gameplay che senza la realtà virtuale semplicemente non si può avere.
Poter guardare compagni e avversari girando semplicemente la testa, e non dovendoli per forza tenere al centro dell'inquadratura cambia proprio il modo di giocare e di conseguenza di affrontare ogni singola missione. Il colpo d'occhio, pur limitato dalle specifiche del visore è comunque buono ed è destinato a migliorare visto che la versione per PS4 Pro verosimilmente potrà godere della maggiore potenza di calcolo della console. Menzione d'onore ai quei piccoli colpi di classe come la condensa sul vetro dell'abitacolo quando si passa all'interno di una nuvola. Lavoro invece già perfetto sul fronte motion sickness, totalmente assente nonostante le evoluzioni in aria e i continui e rapidi cambi di direzione.
The Persistance
Pur se spesso mossi da buone idee, i giochi che sfruttano un gameplay multipiattaforma non sempre hanno avuto successo o fortuna. The Persistance prova a percorre questa strada inserendo però nell'equazione PlayStation VR, utilizzato dal giocatore principale, e smartphone o tablet (previo download di una specifica app) da quelli secondari, che possono essere un massimo di tre per un totale di quattro giocatori. Il gioco di per se è abbastanza semplice e si configura come un FPS horror nel quale si perlustrano ambienti chiusi pieni di zombie (in realtà ex membri del vostro equipaggio mutati dopo aver raggiunto lo spazio profondo) che possono trovarsi dietro a ogni porta.
Se giocato in solitaria, quindi solo con il visore, The Persistance non è esattamente un'esperienza memorabile o particolarmente innovativa, ma se affrontato con un altro paio di persone, dotate di secondo display, allora le cose si fanno più interessanti. Gli altri giocatori infatti vedono la mappa del livello, che è generato proceduralmente, la posizione del giocatore con il visore e tutti gli elementi di interesse, come la posizione dei nemici, le trappole o le casse con armi e medicinali.
A questo punto starà agli altri giocatori decidere se aiutare o ostacolare l'esplorazione del giocatore uno, che in un caso potrebbe trovarsi la strada spianata dalle trappole e i nemici bloccati per un breve periodo, nell'altro invece pestare a sorpresa una trappola velenosa ed essere attaccato alle spalle da un nemico di cui non si aveva la minima idea. The Persistance ha insomma qualche idea originale dalla sua, ma va obbligatoriamente aspettata la versione finale del gioco per capire se queste idee possano sostenere il peso dell'intera produzione o se invece sarebbe servito altro.
Statik
Un po' Aperture Science e un po' Black Mirror, Statik si presenta innanzitutto come un gioco di atmosfera prima ancora che il puzzle game che effettivamente è. Chiusi all'interno di un laboratorio misterioso e guidati dal pixellato volto del Dr. Ingen siamo chiamati a risolvere una serie di enigmi (otto in tutto per un totale di un paio d'ore abbondanti di gioco) basati sull'interazione tra la scatola che teniamo in mano (o meglio, nella quale teniamo le mani) e gli elementi presenti nella stanza.
Gli enigmi hanno una loro logica e alcuni di essi sono anche abbastanza complessi, ma in ogni caso mai frustranti. Impersonando qualcuno che già di suo sta seduto e non compie mai movimenti improvvisi o cambi di direzione eccessivi, l'effetto motion sickness è di fatto nullo.
Quello per cui Statik si distingue è la voglia di provare a raccontare qualcosa di diverso e criptico, cercando di rendere l'ambientazione e la narrazione importanti tanto quanto gli enigmi e "l'effetto VR". Ci sono tante piccole cose che lasciano immaginare una scrittura di una certa importanza dietro, e il fatto che a lavorarci ci siano i Tarsier Studios di Little Nightmares qualche garanzia in questo senso dovrebbe darla. L'uscita prevista è fissata al prossimo ventiquattro aprile.
La line up di PSVR insomma si fa sempre più interessante mano a mano che passano i mesi sia dal punto di vista dei giochi sia da quello delle esperienze non prettamente ludiche. Vale la pena menzionare a questo proposito David Attenborough First Life, documentario virtuale nel quale il creatore di Planet Earth e Life descrive come fosse la vita negli oceani nel lontanissimo cambriano. Se anziché al passato vorreste buttare un occhio al futuro potreste provare The Martian, che vi mette nei panni di un Matt Damon impegnato a coltivare piante sul pianete rosso, ma se volete la mia non è nemmeno minimamente paragonabile a alla voce di Attenborough che con aplomb tutto britannico descrive minuziosamente degli scorpione di mare di tre metri che abitavano gli oceani quattrocento milioni di anni fa.
0 commenti:
Posta un commento
la tua opinione è importante, dicci cosa ne pensi