Call of Duty: Advanced Warfare è un gioco indubbiamente migliore rispetto al meno convincente Ghosts. E non ci voleva poi molto, del resto, a superare i risultati dell'ultimo lavoro di Infinity Ward, che -insipido sul fronte del single player- non è riuscito a tenersi in piedi neppure grazie all'online, sulla lunga distanza rivelatosi non proprio bilanciatissimo.
Advanced Warfare arriva invece sul mercato ad inaugurare la “rotazione triennale” dei team di sviluppo di Activision, segnando l'esordio in solitaria di Sledgehammer, che porta con sé un nuovo motore, la presenza scenica di Kevin Spacey, e tutta quella carica di entusiasmo di una software house che vuole riuscire, innestando nella formula ormai classica del brand una dose consistente di novità.
Eppure, il problema di Call of Duty: Advanced Warfare è proprio quello di essere arrivato dopo il meno convincente Ghosts.
Dopo, cioè, il capitolo che più di ogni altro ha messo in evidenza i limiti concettuali e ludici di tutta la saga, confermando quello che già si sospettava: Call of Duty è un brand nato e cresciuto nella scorsa generazione, ad essa intimamente connesso, interprete delle sue esigenze e ormai troppo consueto per poter stupire davvero.
Figlio di un tempo in cui il multiplayer competitivo sembrava essere l'urgenza primaria di ogni software house, e così enorme da aver ucciso molte delle alternative, “COD” resta anche in questa sua incarnazione pienamente Next-Gen quello che era un tempo.
Mentre ad attirare chi cerca un buon single player sono soprattutto il volto e la voce di Kevin Spacey, la gioia degli agonisti è legata ad una parziale riscrittura dei ritmi del multi, affiancata da un bilanciamento più attento. Ne esce un prodotto ancora concentrato su quest'ultimo aspetto, e solido proprio in virtù del reparto online, che non è in grado però di togliersi di dosso il sapore di un'esperienza già vissuta.
L'interpretazione digitalizzata di Kevin Spacey non basta, da sola, a reggere la campagna single player di Call of Duty: Advanced Warface, che procede spedita per cinque ore di gioco riconfermandosi la componente più spettacolare e accessoria della produzione.
Che il focus del titolo sia il comparto multiplayer non è un mistero, e pure stavolta la “fragfest” che si consuma sui server di gioco rappresenta il fulcro dell'intera esperienza.
Breve ma intensa solo a tratti, sarebbe però ingiusto definire la campagna un semplice riempitivo: a conti fatti il team ci ha provato davvero a raccontare una storia accattivante, delineando una progressione che fosse, per quanto lineare ed inquadrata, quantomeno varia dal punto di vista delle situazioni.
Purtroppo anche Advanced Warfare resta schiacciato sotto il peso di un militarismo spicciolo (per quanto “futurista”), finendo per declinare davanti agli occhi del giocatore vicende che hanno pochi guizzi e quasi nessuna circostanza straordinaria. Il problema di Advanced Warfare è che la saga sembra ormai aver perso la sua capacità di creare momenti memorabili, scene in grado di penetrare nell'immaginario collettivo dei giocatori. Se pensiamo allo sgancio della bomba del primo Modern Warfare, al massacro terribile di “No Russian”, ma anche alla traversata del fiume sulle note di Sympathy for the Devil del più recente Black Ops, troviamo le soluzioni narrative di Advanced Warfare troppo distanti e meno incisive.
Il titolo racconta di un futuro in cui la Atlas, compagnia paramilitare privata, è pericolosamente vicina a contrastare le forze armate degli Stati Uniti in termini di coinvolgimento nei conflitti, presenza sul territorio internazionale e pura potenza di fuoco. Il protagonista Jack Mitchell, passato dalle fila dell'esercito a quelle della PMC e sostenuto dal fondatore Jonathan Irons, scoprirà una verità terribile che lo porterà a mettere in discussione tutto quello in cui ha creduto, con un ribaltamento di fronte tutto sommato prevedibile ma ben sceneggiato, retto da dialoghi convincenti e riusciti.
Il problema di Advanced Warfare, quindi, non sta nell'assenza di un vero e proprio colpo di scena, legata al fatto che il “plot twitst” fosse largamente anticipato persino dal trailer d'annuncio: anzi, il racconto riesce dove deve a mantenere una certa tensione, sul finale esibendo persino una critica lucida e spietata al modello imperialista dell'America che proprio non ci aspettavamo. In queste situazioni tutto è retto dalla recitazione digitale degli attori, e dalla presenza di uno Spacey come sempre smisurato: il lavoro di digitalizzazione, poi, non ha precedenti, alternandosi fra sequenze in-game espressive e ben realizzate e scene precalcolate in computer grafica che non hanno rivali in termini di realismo visivo.
Eppure, alla fine di tutto non restano che questi lampi nel buio, scene di intermezzo in una campagna noiosa da giocare e troppo pilotata. Per quanto il team si sforzi di inserire variazioni su tema, fra livelli stealth e lunghe scalate con un rampino automatico, non c'è mai un momento in cui le meccaniche da sparatutto vengano in qualche modo esaltate. I gingilli futuristici in dotazione al protagonista, che spaziano da guanti magnetici a granate intelligenti capaci di seguire il bersaglio, non riescono a vivacizzare l'avanzamento, che resta purtroppo ancorato allo stile ormai superato di COD. In tutta la campagna ci si scopre costretti a seguire un compagno che ci fa strada, ascoltando attentamente le sue istruzioni, o a precipitarsi verso l'obiettivo chiaramente indicato sulla mappa.
Riconfermando la nostra cieca obbedienza al dogmatismo degli script, esaltati solo da qualche distruttiva sequenza a bordo dei vicoli, ci si scopre a sparare meccanicamente ad avversari che quasi mai interpretano lo scontro, finendo per svolgere la stessa funzione delle sagome che prontamente fuciliamo nell'immancabile poligono di tiro in cui veniamo spediti all'inizio dell'avventura.
Conclusa l'avventura dopo appena cinque ore, ci si rende conto che il single player di Advanced Warfare non è divertente né impegnativo, ma solo meccanico: anche a livelli di difficoltà più alti quello che si deve fare per avanzare è “restare nei ranghi”, coprire le linee di tiro, avanzare con circospezione, senza colpi di testa.
Per quanto sia facile esaltarsi di fronte alla riproduzione di tecnologie belliche futuribili, e per quanto apprezzabile sia la varietà delle ambientazioni che le 15 missioni principali ci propongono, il single player di Advanced Warfare resta troppo condensato, schematico, rigido, distante anni luce dalla pura esaltazione di quello sparatutto che ha recentemente riscritto le logiche degli FPS Single Player: Wolfenstein The New Order.
Abbracciando una retorica che troppo spesso arride al fanatismo militare e rifiutandosi di cambiare una formula che avrebbe bisogno di revisioni più sostanziali, Advanced Warfare ci consegna insomma una campagna con pochi spunti, e quasi tutti relativi al coinvolgimento di un grande di Hollywood. Non è proprio quello che abbiamo in mente per la nuova generazione del gaming.
Advanced Warfare propone anche una modalità cooperativa, strutturata in buona sostanza come quella dell'ultimo Modern Warfare. Un gruppo di quattro giocatori si asserraglia in una delle mappe del multiplayer, scegliendo uno fra tre loadout disponibili e poi potenziando gradualmente abilità, statistiche e scorestreak.
Si tratta di una modalità sicuramente divertente, ma non ai livelli delle altre che la saga ha proposto. Sia Zombie che Extinction mostravano doti migliori ed una struttura molto più accattivante.
Il piatto forte di ogni Call of Duty è sempre stato il multiplayer competitivo, e Advanced Warfare non sconfessa questa verità. Anzi, Sledgehammer investe la maggior parte delle sue energie creative nel tentativo, fortunatamente non vano, di rivedere in parte i ritmi di gioco, consegnando ai fan un titolo sempre rapido e veloce, ma non schizofrenico come il recente Ghosts.
Per uscire dalla stagnazione e dalla palude degli “one shot”, il team ridefinisce tutti i settori: lavora anzitutto sulla dotazione bellica, offrendo agli utenti bocche da fuoco ben diversificate nei comportamenti e nelle funzioni, e poi appronta il sistema Pick 13, evoluzione del Pick 10 di Black Ops 2, che sembra funzionare piuttosto bene.
Il merito di un comparto multigiocatore complessivamente più gradevole è però legato al massiccio sfoltimento operato sul fronte dei perks e delle scorestreak: invece che aggiungere abilità passive e aiuti di ogni risma, Sledgehammer ha preferito ridurre notevolmente la libertà di scelta dei giocatori, evitando però sbilanciamenti evidenti. Sparita la nefasta differenziazione delle streak in assalto, supporto e specialista, qui è possibile invece personalizzare i bonus ottenuti all'attivazione, aggiungendo funzionalità speciali che hanno ovviamente un costo non indifferente.
Complessivamente il nuovo “Create a Class” appare meno caotico ma comunque bello ricco per chi vuole personalizzare ogni dettaglio: il sistema si interfaccia perfettamente con l'inedita presenza del “loot”, che può manifestarsi sotto forma di armi speciali con statistiche modificate o elementi estetici per personalizzare il proprio soldato. Questa novità riesce ad aggiungere un po' di pepe all'esperienza di gioco mentre si insegue il prestigio, di fatto replicando gli entusiasmi che si provano quando si recupera un nuovo pezzo di equipaggiamento in Diablo o quando di “sbusta” un nuovo pacchetto in FUT: per fortuna anche la presenza di armi “rare” non sembra influire troppo sul bilanciamento complessivo dei match, per merito di un gameplay che torna a porre l'attenzione su prontezza e abilità del giocatore, invece che solo ed esclusivamente sulla sua dotazione.
L'introduzione più massiccia di Advanced Warfare, del resto, è proprio quella degli esoscheletri, che cambiano in maniera consistente la mobilità dei giocatori. Anzitutto, grazie alle ExoSuit, è possibile spiccare un doppio salto: i paragoni con Titanfall, per chiunque abbia avuto modo di provare lo sparatutto Respawn Entertainment, sono ovvi, ma Advanced Warfighter rilegge la mossa caratteristica in una maniera interessante, grazie all'aggiunta dello strafe laterale. Una volta a mezz'aria sarà possibile correggere la propria direzione in maniera brusca con una torsione dell'analogico sinistro, spostandosi rapidamente di lato, oppure tornando velocemente al livello del suolo. Il doppio salto si trasforma insomma in uno strumento d'evasione e d'attacco al tempo stesso.
Presa confidenza con il sistema di controllo, è possibile esibirsi in prodezze esagerate, kill spettacolari e duelli tenutissimi che non mancheranno di galvanizzare i giocatori più abili.
Ben presto il doppio salto e gli sprint a mezz'aria diventano necessari anche per spostarsi nella mappa, cercando di minimizzare i tempi di percorrenza per raggiungere le bandiere o le zone di dominazione.
Il tutto, anche grazie alla ritrovata “compostezza” di cui sopra si diceva, funziona benone, evidenziando un ottimo equilibrio tra innovazione e tradizione. Il comportamento delle armi da fuoco e la generale fluidità degli scontri non si discosta dalla tradizione della saga, con i veterani che ritroveranno lo stile di sempre sostanzialmente intatto. Ma la mobilità di cui sono ora dotati i giocatori consegna nelle loro mani uno strumento eccezionale per scardinare i classici equilibri, costringendo ad uno studio delle mappe che diventa necessario anche dal punto di vista della verticalizzazione, e aumentando il numero di variabili quando ci si trova faccia a faccia con un avversario. L'unico elemento che resta meno convincente è l'uso delle abilità Exo, forse non così incisive sull'andamento del match e tutto sommato rinunciabili.
In termini di modalità, Advanced Warfare propone un pacchetto sicuramente completo, affiancando ai game mode ormai classici qualche gradito ritorno ed un paio di new entry. Si ritrova con grande entusiasmo l'eccezionale Kill Confirmed, forse una delle più riuscite invenzioni della saga Activision, mentre la discreta Blitz dello scorso anno si evolve qui in Uplink, in cui bisogna raccogliere un satellite sferico e portarlo alla meta, eventualmente lanciandolo per passarlo ad un compagno.
Ci sono anche Hardpoint e Momentum (quest'ultima è una revisione della modalità “War” dell'ultimo Call of Duty storico), ed insomma la selezione di modalità è buona e interessante, ben pensata soprattutto per i fan di lungo corso.
Qualche incertezza in più si delinea invece sul fronte delle mappe di gioco: non tutte sono ispiratissime e ben riuscite, e già nel corso delle prime ore di gioco è facile che le preferenze degli utenti si orientino per quelle dalla struttura un po' più complessa: quando gli spazi si restringono, all'azione manca un po' di respiro.
In generale, insomma, il multiplayer di Advanced Warfare convince, fermo restando che è impossibile soppesare prima dell'uscita il comportamento della community, la tenuta di queste meccaniche una volta che si affacceranno sul settore e-sport, ed il bilanciamento di un loot system che non ci ha ancora messo di fronte a tutte le varianti delle armi di base. Resta però apprezzabile la voglia di fare pulizia, eliminare il superfluo, e soprattutto cambiare le carte in tavola mutando completamente la mobilità dei giocatori. Una scelta coraggiosa, che sembra aver pagato.
Dal punto di vista tecnico, Advanced Warfare non deve farvi sperare in un miracolo next-gen. Che ci fosse bisogno di un motore più performante era ormai chiaro, dopo i risultati tutt'altro che eccezionali del vecchio capitolo. E quello messo in piedi da Sledgehammer è sicuramente un engine più solido del precedente, fermo restando che assomiglia più ad un'evoluzione del motore di Ghosts che ad una sua integrale riscrittura.
Non bisogna lasciarsi ingannare dalle scene di intermezzo pre-renderizzate che compaiono di tanto in tanto fra una missione e l'altra, così belle e realistiche da lasciare a bocca aperta: una volta scesi in campo, infatti, si nota una costruzione poligonale molto meno complessa e strutturata. Il colpo d'occhio complessivo è pulito, nitido, la scena sempre ordinata e fluidissima. I 60 fps sono ormai marchio di fabbrica della saga, ma qui c'è anche un ottimo utilizzo dei filtri di post-processing, per ridurre al minimo l'alising.
Le texture sono in certi casi molto buone e ad una discreta risoluzione, ed anche in termini di dettagli le “scenografie” di Advanced Warfare si difendono bene. All'ambiente di gioco manca un'interattività veramente partecipe: alle volte tutto crolla e si distrugge, ma solo quando questo è previsto dagli script. Nella maggior parte dei casi, invece, la costruzione scenica resta molto statica, riempiendosi soprattutto di effetti di buon livello ma senza che si raggiungano i picchi visti qualche anno fa su PC (Bioshock Infinite e Borderlands 2, in versione Personal Computer, ancora superano l'effettistica di questo COD).
Il motore di Advanced Warfare, insomma, è sicuramente più consapevole delle potenzialità tecniche delle nuove console, ma torna ancora una volta -per necessità- a sacrificare mole poligonale ed effetti speciali sull'altare della fluidità ad ogni costo. Una scelta che ci sentiamo comunque di condividere, sia per il multi (dove i 60fps sono un obbligo morale per lo sparatutto Activision) che per il single player.
Dal punto di vista del comparto acustico, bisogna invece ammettere che né le musiche di accompagnamento né l'effettistica ci hanno lasciati troppo impressionati: alcuni effetti sembrano riciclati da quelli di Black Ops 2, mentre le tracce di sottofondo difficilmente riescono ad essere memorabili. Eccellente è invece il doppiaggio inglese (l'unico che abbiamo avuto modo di ascoltare), sinceramente consigliato a tutti quanti, e soprattutto a chi si vede House of Cards in lingua originale.
Se pensavate che Advanced Warfare sarebbe stato il capitolo che avrebbe “sanato” l'enorme spaccatura creata in seno alla saga Activision, mettendo d'accordo sia gli estimatori di un single player ben costruito che i fanatici del frag, dovrete rivedere le vostre stime.
Dal punto di vista della campagna, Call of Duty continua ad arrancare: fa scendere in campo Kevin Spacey, scrive una sceneggiatura con qualche momento di sincera ispirazione, ma poi ricade nei soliti “cliché” videoludici. E' sintomatico il fatto che le sequenze più riuscite della narrazione siano quelle in cui tutto il modello dell'imperialismo militare americano viene messo in crisi, se non addirittura sbeffeggiato: peccato poi che tutte le scene giocate siano pensate per esaltare la figura del supersoldato, la potenza delle armi, la gloria intramontabile degli pseudo-marine futuristici. Oltre a tornare sempre su questa retorica stantia, fatta di frasi già sentite e compagni che in ogni situazione ti prendono per mano e ti aiutano rialzarti, il peccato mortale di COD è l'aderenza al canone da cui la saga non riesce a scostarsi: quella “spettacolare linearità” che sembra davvero aver detto tutto quello che aveva da dire.
Ecco quindi che nuovamente, Advanced Warfare si profila come un titolo dedicato soprattutto al Multiplayer. E qui Sledeghammer dà il meglio di sé: assembla un comparto multigiocatore sempre rapido e ritmato, ma dal sapore nuovo. Eliminando il superfluo, caratterizzando al meglio il comportamento delle armi, riuscendo nell'impresa non facile di bilanciare il sistema di creazione delle classi, ma soprattutto aggiungendo la iper-mobilità degli esoscheletri, il team cancella “l'onta” di Ghosts e proietta il multigiocatore di Call of Duty verso nuove altezze.
Advanced Warfare potrebbe essere il capitolo più riuscito, da questo punto di vista, dai tempi di Black Ops 2, e forse quello più innovativo, in termini di meccaniche di gioco, dalle origini della saga “moderna” di Infinity Ward.
Se siete fra quei giocatori che spendono centinaia di ore sui server online, e se la scialba progressione del PvP di Destiny non vi ha trasmesso un brivido, Advanced Warfare è tutto quello di cui avete bisogno.
VOTO GLOBALE 8,5
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