sabato 10 settembre 2011

The ICO & Shadow of the Colossus: recensione



Facilmente etichettabile come pura operazione commerciale, la riproposizione di titoli appartenenti alla generazione passata e rimasterizzati in alta definizione ha finora giocato sul sicuro, impacchettando due o tre esponenti delle serie con il più alto richiamo. Tomb RaiderSplinter CellPrince of Persia e soprattutto God of War sono tornati sugli scaffali, rispolverati ed ottimizzati per i nostri megaschermi HD. Fortunatamente tra tanti blockbuster, Sony ha scelto di scommettere per una volta sulla forza delle idee, confezionando una raccolta di due tra i massimi esponenti di una poetica videoludica troppo spesso lasciata da parte, in particolar modo da questa generazione testosteronica ed ipervitaminizzata. Grazie a Bluepoint Games (già responsabili del porting dei due primi God of War) abbiamo la possibilità di giocare a The ICO and Shadow of the Colossus Collection. Sul medesimo blu ray potrete così trovare due indimenticabili capolavori venduti a prezzo budget, restaurati graficamente e dotati del supporto al 3D stereoscopico. Un emozionante tuffo nel passato, non senza una punta di nostalgia. 

Lost in translation
Se siete videogiocatori un poco attempati è facile che già conosciate i due titoli sviluppati sotto la direzione di Fumito Ueda, lavori che potremmo forzatamente etichettare come action adventure. ICO vi metterà nei panni di un ragazzo, esiliato dal suo stesso popolo perché nato con le corna, che lo condanna alla prigionia in un castello, rinchiuso in un sarcofago. La sua (e la vostra) avventura comincerà quando una scossa fa rovinare al suolo la sua prigione, lasciandolo così libero. Esplorando i dintorni si imbatterà in una misteriosa ragazza, alta, magra e pallida, quasi eterea, rinchiusa in una gabbia. I due parlano lingue diverse, ma il ragazzo si sente in dovere di liberarla, richiamando però delle creature d’ombra intenzionate a rapirla. Strappata dalle grinfie di questi strani esseri, il mistero che circonda Yorda (questo il nome della giovane come apprenderete più avanti) diverrà più fitto quando questa manifesterà dei poteri, capaci di aprire delle porte magiche. I vari elementi prenderanno una forma più definita mentre il rapporto di fiducia tra i due protagonisti diverrà sempre più saldo nonostante, o forse grazie, lo stile minimalista che caratterizza il titolo (ed in generale i lavori del team). Dialoghi ridotti all’osso, quasi sempre proprio tra i due ragazzi, costretti a comunicare superando la barriera linguistica, il cui forte legame viene esplicitato ogni qualvolta prenderete per mano Yorda. Dall’inizio fino ai titoli di coda dovrete cercare di superare i diversi ostacoli risolvendo enigmi ambientali di difficoltà crescente, dal semplice trovare l’interruttore per aprire una porta all’arrampicarvi su strutture impervie alla ricerca di un passaggio. Il platforming appare ben più ostico rispetto a quanto i guidatissimi titoli di oggi ci propongono, basando molto del divertimento sulla ricerca della strada giusta. Il tutto senza dimenticarvi della vostra compagna di viaggio, in grado di seguirvi solo attraverso percorsi semplici, di fare piccoli salti e comunque quasi sempre unicamente grazie al vostro aiuto. Da bravi gentiluomini sarete infatti disposti in ogni momento a sollevarla, afferrarla al volo e trascinarvela dappertutto tenendola per mano. Non potrete abbandonarla mai per troppo tempo o le creature d’ombra si materializzeranno per tentare di portarla con sé, segnando così la fine della partita. Avrete a disposizione un bastone ed un elementare sistema di combattimento con il quale cercare di avere la meglio sui nemici, ma la strada migliore sarà quasi sempre la fuga o lo sfruttamento dei poteri magici di Yorda, arrivabili davanti alle porte magiche. Indispensabile poi la sua compagnia per aprirle e così proseguire, ma anche semplicemente per attivare i punti di salvataggio.

La solitudine dell’eroe
Il forte legame affettivo tra due personaggi caratterizzante l’intera avventura che potrete vivere in ICO è un tema che torna anche in Shadow of the Colossus, questa volta tra il protagonista, Wander, ed una giovane morta, Mono. Il prologo di questo secondo titolo vi mostrerà il vostro alter ego in viaggio a cavallo verso una misteriosa struttura che si erge in mezzo ad una terra desolata. Entrato in quello che appare come un santuario vigilato da sedici statue, egli appoggia delicatamente il corpo di un ragazza su un altare. Wander ha viaggiato fino a questo luogo per poter comunicare con una misteriosa entità, apparentemente capace di riportare in vita i morti. Il nostro eroe accetterà in cambio di distruggere le sedici statue, uccidendo i colossi da esse rappresentate. Grazie alla spada magica in suo possesso, Wander è in grado di localizzarli uno alla volta e di avventurarsi per le Terre Proibite nel disperato tentativo di eliminare questi enormi esseri. Fido compagno di viaggio sarà il suo cavallo Agro, non un semplice mezzo di trasporto, ma ancora una volta un vero e proprio personaggio con il quale creerete un legame. Esso è infatti un essere senziente che non potrete guidare come fosse una macchina, ma da governare tirando le redini e spronandolo colpendolo coi tacchi. A livello di gameplay, Shadow of the Colossus è di più ardua classificazione rispetto ad ICO, in quanto vi richiederà semplicemente di cavalcare alla ricerca dei colossi e di ucciderli. Questi sono delle creature immense sulle quali dovrete arrampicarvi tentando di scovare un punto debole luminoso dove affondare la vostra lama con forza. Ovviamente i colossi non avranno alcuna intenzione di lasciarvi in pace mentre vi aggrapperete su di loro, agitandosi e cercando di scrollarsi Wander di dosso, rendendovi l’impresa più difficile. La vostra resistenza sarà però limitata ed una volta esaurita, il protagonista mollerà la presa rovinando al suolo. Ogni essere sarà diverso dal precedente, costringendovi ad analizzare la situazione per identificare l’approccio corretto; col procedere dell’avventura questo sarà sempre più complesso, in un crescendo di battaglie uno contro uno incredibilmente epiche. Difficile spiegare a parole il senso di impotenza che si prova impugnando il pad di fronte a queste enormi entità apparentemente inarrestabili, oltre al disagio restituito dal procurare dolore ad un'altra creatura quando si affonda la lama nella sua carne e l’amara soddisfazione di aver sopraffatto un altro essere vivente per raggiungere un obiettivo personale.

I videogioci sono arte?
Quando uscirono diversi anni fa su Playstation 2, ICO e Shadow of the Colossus assottigliarono la linea di confine tra videogioco, inteso come intrattenimento, e la pura espressione artistica. Grazie al mix meravigliosamente bilanciato tra minimalismo narrativo, estetica stilisticamente ricercatissima ed una colonna sonora meravigliosa, i due titoli riuscivano a creare nel giocatore un’emozione profonda, indimenticata da chi ebbe l’opportunità di vivere queste due avventure. Dopo tanto tempo, nonostante siamo abituati a prodezze tecnologiche e a videogiochi incredibilmente rumorosi, i due titoli sembrano non essere invecchiati di un solo giorno. Graficamente il divario con la generazione attuale è tangibile, soprattutto nel caso di ICO, ma quell’indescrivibile fascino è rimasto lì dove lo avevamo lasciato, pronto a tornare a farci sognare. Per certi versi questa collezione riesce ad essere ancora più interessante oggi, gettata in un mercato infinitamente lontano dalla poetica videoludica di Ueda e del suo talentuoso team di sviluppatori, rendendo il silenzio del castello di ICO e delle desolate terre proibite di Shadow of the Colossus semplicemente assordante. Senza dimenticare poi l’originalità del gameplay di quest’ultimo, capace ancora oggi di dire la sua nonostante la semplicità della formula di base. 
L’adattamento riesce ad attualizzare egregiamente i due lavori, proponendoli in un pulitissimo Full HD e finalmente privi di qualsiasi calo di frame rate. Siamo rimasti molto colpiti anche dal supporto alla stereoscopia (che abbassa la risoluzione a 720p), capace di restituire un quadro molto definito e di avere una sua efficacia immergendo il giocatore nei vastissimi ambienti di gioco resi infinitamente più profondi grazie al 3D. Una volta tanto un valore aggiunto consistente e da tenere in considerazione se siete tra i fortunati possessori di un televisore 3D. Sony ha scelto la versione europea di ICO, contenente alcune migliorie ed extra, come la modalità a due giocatori, e saranno presenti nel package completo alcuni video di making of. Incluso anche il supporto ai trofei, separato per ogni titolo, tra i quali abbiamo scorto qualche idea simpatica anche se il loro numero piuttosto esiguo ci ha in parte deluso. Unica nota stonata dell'intero pacchetto è rappresentata dalla necessità di tornare al menu Playstation 3 per passare da un gioco all'altro.

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