martedì 23 agosto 2011

Deus EX: Human Revolution RECENSIONE SG: 9,0

Per quanto non si sia trattato di un enorme successo commerciale, per molti giocatori l’originale Deus Ex siede su una vetta mai più raggiunta: complice anche il recente decadimento della letteratura e del cinema cyberpunk in favore del fantasy - senza contare uno pseudo-sequel di cui non terremo nemmeno conto in questa trattazione - il capolavoro di Ion Storm non ha mai avuto un degno erede. Così, quando nel 2007 i ragazzi di Eidos Montreal annunciarono di essere al lavoro su un prequel, i fan si divisero tra la paura per il rischio di profanazione del “mostro sacro” e tenui speranze.
A quattro anni di distanza i titoli di coda di Deus Ex Human Revolution scorrono sui nostri schermi dopo circa venti ore di intenso gameplay, e possiamo con tutta franchezza affermare che l’eredità lasciata dal capostipite è stata trattata con la massima cura dallo studio di sviluppo canadese. Il nuovo action GDR fantascientifico riprende alla perfezione le atmosfere ed i capisaldi del gameplay dell’originale, offrendo al contempo qualcosa di nuovo, differente ed a lungo desiderato dai fan del genere.

The Conspiracy
2027, circa 25 anni prima degli eventi narrati nel capostipite. La nanotecnologia è ancora un lontano sogno sperimentale, ma gli innesti biomeccanici sono richiestissimi. Il protagonista Adam Jensen, ex SWAT, lavora come agente di sicurezza per le Sarif Industries, uno dei maggiori produttori di augmentation. La sua storia inizia con un sonoro fallimento: in una giornata già ricca di tensioni a causa di una eccezionale scoperta da parte della dottoressa Megan Reed, un gruppo di fondamentalisti contrari agli innesti assalta i laboratori di ricerca, rubando diversi prototipi, rapendo la scienziata e ferendo mortalmente Adam. Solo dopo una massiccia operazione chirurgica il protagonista si ritrova di nuovo sul campo, il corpo costellato di innesti ed una nuova missione da completare: scoprire chi e perché ha attaccato i laboratori, e ritrovare il prima possibile Megan.
Il complesso plot di Deus Ex: Human Revolution riprende con successo i temi del capostipite: l’umanità si trova sconvolta ed incapace di reagire alle conquiste tecnologiche, fonte di incredibili ricchezze e pesanti dubbi morali, sullo sfondo di un vero e proprio neo-Rinascimento. Cospirazioni e complotti porteranno il protagonista in giro per il mondo, una corsa contro il tempo per cercare di fermare una catena di eventi che potrebbero gettare nel caos più totale l’intera specie umana, ormai in balia degli innesti, e di chi progetta di farne utilizzi illeciti. Tra bugie, tradimenti ed aiuti inaspettati Adam si confronterà con le nuove superpotenze mondiali, con l’unico scopo di riportare alla luce la verità e ridare nuovamente il potere della scelta al popolo.
Per quanto, con l’unica eccezione del protagonista, la trama non presenti personaggi davvero memorabili, a farla da padrone sono invece i delicati temi trattati, tra cui il transumanismo e le sue conseguenze, i dilemmi legati alla tecnologia applicata alla vita ed i confini morali del progresso scientifico. La narrazione procede su molti binari paralleli, tra cut scene cinematografiche, sequenze “guidate” in prima persona, dialoghi e lettura a video del moltissimo materiale sparso per i livelli.

Weapon of choice
La scelta è sempre stata l’arma più importante per ogni giocatore dell’originale Deus Ex. Ben consci di questo, i ragazzi di Eidos Montreal hanno costruito il gameplay della loro creatura lavorando attorno al libero arbitrio, proponendo sfide aperte ad un gran numero di soluzioni ed approcci. Per quanto la struttura sia essenzialmente lineare, fatta di missioni principali e secondarie come la tradizione GDR vuole, la libera esplorazione degli ambienti, l’adattabilità dell’intelligenza artificiale ed il grande numero di espedienti a disposizione del giocatore fanno sì che creatività ed improvvisazione si trasformino in due strumenti fondamentali per il successo. Un concetto da lungo tempo estraneo alla corrente generazione di videogiochi, ossessionata dall’accessibilità e dall’esaltazione della narrazione a scapito del puro gameplay: in questo senso, Human Revolution rema controcorrente, lasciando nelle mani dell'utente una libertà quasi spiazzante, soprattutto nelle prime ore di gioco.
L’azione si divide tra la libera esplorazione delle tre città (Detroit, Shanghai e Montreal) e le missioni vere e proprie: le prime fanno da hub (molto più ampi e ricchi di quelli del predecessore), permettendo di trovare autonomamente quest secondarie, fare acquisti e dialogare con i moltissimi comprimari, mentre le seconde si svolgono all’interno di aree delimitate della mappa, spesso installazioni mediche ed industriali molto ben difese. Il compito di Adam sarà sempre quello di recuperare un brandello d’informazione utile a scoprire un nuovo pezzo del puzzle, che si tratti di una persona da interrogare piuttosto che di un file ben nascosto in un computer. Un mix di combattimento, stealth, hacking di computer e sistemi di sicurezza, esplorazione in cerca di percorsi alternativi e dialettica costituisce la ricchissima base di partenza, da utilizzarsi a totale discrezione del giocatore.
Da questa formula scaturisce un gameplay in grado di adattarsi a continui aggiustamenti e modifiche: se una sessione di combattimento troppo prolungata dovesse annoiarvi, potreste semplicemente far perdere le vostre tracce e trovare un percorso alternativo, oppure cercare un computer e far rivoltare i sistemi di sicurezza contro le stesse guardie. Ci sono naturalmente delle regole e dei limiti, ma il pregio di Deus Ex: Human Revlution è quello di non “barare” mai: se un’azione è possibile e prevista, essa rimarrà tale per tutto il corso dell’avventura, a prescindere dalle circostanze.
In questo senso, il lavoro dei ragazzi di Eidos Montreal si rivela eccezionale: un sistema delicato e complesso si regge su un set di regole essenziale e comprensibile, lasciando che siano i giocatori a sperimentare, scoprire, provare. Un videogame che si fa “giocare” nel vero senso della parola, esaltando il pensiero laterale e l’improvvisazione.

Falle di sistema
Qualche crepa nel gioiello tuttavia c’è: la maggior parte delle situazioni potranno essere risolte più velocemente mettendo Adam in modalità “carro armato”, ovvero armi pesanti spianate e abilità da combattimento al massimo, semplicemente sterminando eserciti di guardie. Per quanto l’intelligenza artificiale faccia un discreto lavoro e poche raffiche bastino a mandare al tappeto il protagonista, la violenza si rivela spesso il modo più pratico per arrivare velocemente all’obbiettivo. Va anche detto che tutti gli approcci stealth e non letali premieranno sempre il giocatore con maggiori quantitativi di esperienza e più chance di rintracciare nuovo equipaggiamento sul territorio, testimoniando come gli sviluppatori abbiano cercato di mettere i player sulla giusta strada, spronandoli a rinfoderare l’arma ed a guardarsi intorno, cercando soluzioni non convenzionali.
Non va inoltre sottovalutato il deterrente costituito dalla natura stessa del titolo: per quanto Human Revolution si sia rivelato divertente e fruibile anche come puro sparatutto, trascorrere le molte ore di gioco solo con il fucile imbracciato significherebbe perdersi una grossa fetta dell’offerta ludica e delle moltissime possibilità, andando incontro alla ripetitività. Forse qualche ulteriore freno inibitorio all’approccio action avrebbe giovato, magari limitandone gli evidenti vantaggi in termini di praticità.
Un ulteriore critica può essere mossa alle scelte, in alcuni frangenti piuttosto limitate, spiccando in un contesto generalmente apertissimo, ed all’estensione alterna di alcune location delle missioni: talune saranno ampissime, costellate di percorsi secondari, stanze segrete e materiale informativo extra, altre invece meno complesse e curate. Non si tratta di un difetto ricorrente, ma talvolta è impossibile non notare la cura altalenante di questo importante aspetto.
Il neo più grosso della produzione rimangono comunque le boss fight, in tutto quattro: fuori contesto, regolate da meccaniche poco credibili e soprattutto inevitabili, questi scontri lasciano davvero il tempo che trovano.

Più che umano
Le augmentation a disposizione di Adam Jensen giocano un ruolo importantissimo all’interno della formula, amalgamandosi con le meccaniche tipiche del GDR (ovvero accumulo di punti da spendere nelle diverse abilità) e proponendo soluzioni non convenzionali. A fianco delle ovvie abilità dedicate al combattimento, alla pirateria informatica ed allo stealth, il menu dedicato propone infatti molte skill puramente informative, le quali permetteranno al giocatore di percepire la direzione dello sguardo dei nemici, segnata sulla minimappa, piuttosto che di vedere attraverso muri, o ancora porre un marker sulle guardie così da seguirne meglio i percorsi di pattuglia. Così facendo gli sviluppatori incoraggiano ulteriormente un approccio più tattico e ragionato alle diverse sfide, peraltro bilanciato dall’ampia disponibilità di abilità dedicate all’offesa, all’hacking ed al puro stealth.
Dato che il modo migliore di fruire di Human Revolution è cambiare continuamente approccio, la spesa dei punti abilità rappresenta un esercizio spesso difficile: potenziare tutti gli aspetti non sarà praticamente possibile, e talvolta sacrificare un aspetto in favore di un altro porterà a lunghe attese di fronte allo schermo, cercando di bilanciare al meglio le attitudini del proprio personaggio. Un buon segno, che testimonia l’ottima profondità raggiunta dagli sviluppatori anche nelle meccaniche più affini al GDR classico.

Sparatutto, ma non solo
Come già accennato in precedenza, Human Revolution si rivela divertente anche quando giocato come puro sparatutto, seppur a discapito della sua eccezionale profondità. A contribuire alla bontà dell’azione sono principalmente due fattori: la grande varietà offerta dall’arsenale, diviso tra armi letali e non, ed il buon funzionamento del sistema di coperture. Soprattutto quest’ultimo, che vede la telecamera passare dalla prima alla terza persona quando ci si pone al riparo, si è rivelato molto fluido ed efficace da utilizzare sul campo. I ferri del mestiere sono davvero molti, una varietà ulteriormente arricchita dalla possibilità di migliorarne diverse caratteristiche tramite appositi upgrade: silenziatori, mirini laser, sistemi di raffreddamento e caricatori aumentati potranno essere montati sulle armi, migliorandone le caratteristiche e cambiandone l’aspetto. Per quanto gli strumenti letali siano la maggioranza, le soluzioni più pacifiche si rivelano comunque divertenti da utilizzare, e si presentano anch’esse in una varietà sufficiente per far fronte alle diverse situazioni di gioco.
Agli strumenti di offesa tradizionale si affiancano delle finisher da distanza ravvicinata, anch’esse letali e non, da attivare alla semplice pressione di un tasto nei pressi di un nemico, conscio della nostra presenza o meno. Cruente e spettacolari, si configurano come un gustoso diversivo nei combattimenti più concitati oppure un ottimo strumento per procedere silenziosamente, confermando ancora una volta come la varietà di approcci sia un elemento fondamentale della formula.
Tornando al funzionale sistema di coperture, anch’esso si rivela molto versatile: oltre ad offrire un necessario riparo dal fuoco nemico, esso si trasforma ben presto in uno strumento fondamentale anche quando si decide di procedere in puro stealth. Grazie ai movimenti contestuali, passare silenziosamente da un riparo all’altro evitando i percorsi delle guardie sarà sempre un esercizio d’abilità molto accessibile e fluido.
Oltre a sfruttare i ripari offerti dagli sviluppatori, già in buon numero, il giocatore potrà spostare a piacimento molti elementi dello scenario (per i più pesanti occorrerà tuttavia la spesa di un punto abilità), da utilizzare come coperture improvvisate, basi per raggiungere luoghi elevati o addirittura oggetti da lancio.
Da sottolineare infine la presenza di una forma di “combattimento” non convenzionale, ricorrente in alcune delle missioni principali: la dialettica. Se infatti i dialoghi a scelta multipla costituiscono l’ossatura di ogni comunicazione con i personaggi non giocanti, vi saranno momenti in cui ci si troverà ad affrontare delle vere e proprie “battaglie verbali” con alcuni personaggi chiave: in questi casi il giocatore potrà di volta in volta scegliere uno tra tre comportamenti prefissati, andando quindi a miscelare diversi atteggiamenti nel tentativo di volgere a proprio favore le sorti dello scambio. La meccanica funziona in maniera fluida, e, per quanto non troppo complessa, riserva alcuni dei migliori momenti dedicati al dialogo.

Hacking
Vale la pena dedicare qualche parola all’hacking, un tema fondamentale in Human Revolution, che prende le forme di un vero e proprio “gioco nel gioco”. Accedere ai terminali protetti richiederà innanzitutto un certo numero di punti abilità spesi nelle apposite skill a seconda del livello di sicurezza. Una volta tentato l’accesso non autorizzato ci si troverà ad affrontare un percorso costellato di nodi di dati, tramite i quali giungere al controllo completo della macchina. Ogni nodo potrà essere conquistato, difeso, oppure sfruttato per impiantare un virus che renda irrintracciabili gli spostamenti del giocatore, o rallenti la ricerca dell’intrusione da parte del firewall. Oltre ad ottenere accesso a dati ed all’eventuale controllo di telecamere, robot e torrette di sicurezza, la meccanica potrà essere utilizzata anche per piccoli bonus di denaro e punti esperienza, nascosti tra i nodi. Per quanto il suo utilizzo frequente e le opzioni ad esso legate richiedano la spesa di un buon numero di punti abilità, soprattutto da metà gioco in avanti, l’hacking si configura come un’attività divertente da padroneggiare e remunerativa, ottima per spezzare il ritmo ed aggirare molti ostacoli posti dalle varie missioni.

Comparto tecnico
L’aspetto più interessante del comparto visivo di Deus Ex Human Revolution è il complesso design, tramite il quale gli sviluppatori hanno scelto di rispecchiare i temi trattati nella narrazione. Il neo-Rinascimento di Eidos Montreal si divide tra elaborati costumi e lussuose abitazioni dal sapore vittoriano per i transumanisti, mentre i puristi appaiono adottare uno stile più contemporaneo e sportivo. Grandissima cura è stata riposta nell’elaborazione delle due differenti correnti di pensiero, tra arredamento d’interni, abbigliamento e strutture architettoniche. Il notevole sforzo si traduce in un’ambientazione credibile e viva, ottima per ambientare una storia complessa, ricca di risvolti filosofici e d’attualità. La qualità del concept si riflette anche sui menu, tutti curatissimi quanto ad aspetto e funzionalità, tra cui citiamo l’anacronistico – ma gradito – inventario a griglia. Peccato che all’ottimo lavoro di concettualizzazione corrisponda un comparto tecnico buono ma non eccezionale: modellazione e texture riescono a non sfigurare, ma gli altissimi valori produttivi avrebbero meritato un motore più al passo con i tempi. Fortunatamente gli sviluppatori si sono concentrati sugli aspetti più congeniali al massiccio comparto narrativo, ponendo ad esempio particolare cura nelle animazioni facciali, sempre convincenti. Tra le note negative ci sono da segnalare i lunghi tempi di caricamento, nei quali purtroppo si incorre al passaggio tra aree aperte e chiuse, e di salvataggio, sui quali sarebbe stata gradita un’ottimizzazione, data anche la frequenza con la quale si presentano. Durante la nostra sessione abbiamo anche incontrato qualche bug grafico ed un dialogo senza linee audio, piccoli difetti che speriamo possano trovare soluzione già al lancio.
Eccezionale l’accompagnamento musicale, caratterizzato da tracce originali dal sapore orchestrare e drammatico, che sapranno sottolineare ogni momento dell’azione con grande enfasi.
A fronte di un buon doppiaggio in inglese, la versione italiana risulta purtroppo molto poco curata: il labiale si rivela spesso totalmente fuori sincrono e la scelta delle voci non è sempre azzeccata.

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